Novara, di arte in arte

Appena uscita dalla stazione, vedo una gran quantità di lumache giganti. Poiché è la prima volta che vado a Novara, mi chiedo divertita se è la città delle lumache.

Si capisce che è un’installazione ma non trovo un cartello con una spiegazione esauriente, solo che è un’opera di riciclo. Scopro in seguito che di sera si illuminano, peccato non esserci perché devono essere proprio belle.

Queste mie gite fuori porta non sono mai improntate all’organizzazione; se mai dovessi sparire, non cercatemi in capo al mondo ma a 40 minuti da Milano. Ho già intuito qual è la strada che porta in centro ma almeno questa volta mi viene in aiuto un cartello. È dal cartello che scopro che la mia meta, il Castello, è Sforzesco-Visconteo.

Finito il viale più grande che dalla stazione porta a una grossa rotonda, prendo un corso pedonale che è già addobbato a festa. È grande e pieno di negozi, le vie ai lati sono invece piccole, spesso acciottolate, case basse che ricordano un po’ quelle di montagna. Entro in uno di questi vicoli attratta da un campanile.

È prodigioso come in qualunque posto il campanile sembri lì a due passi e invece man mano che ti avvicini sparisce, o si sposta, e inizi a girare in tondo per trovare quello che è attaccato sotto. Alla fine ci arrivo, alla basilica di San Gaudenzio, la cui cupola è stata progettata da Alessandro Antonelli, lo stesso della Mole Antonelliana di Torino.

All’interno della chiesa,

questa imponente statua del Salvatore che inalbera lo stendardo della vittoria, con una sua curiosa storia.

Torno sui miei passi per non perdere la meta e mi ritrovo in quello che deve essere il centro del centro di Novara. Questi “cuori pulsanti” ormai li riconosco ancor prima di vedere il Duomo, arrivano dove i negozi caratteristici finiscono per lasciare spazio a quelli in franchising e dunque uguali in qualunque città, piccola o grande che sia.

La cattedrale, dedicata a Santa Maria Assunta, è un affascinante insieme di stili che spuntano solo dopo aver varcato un colonnato.

Bello, nella sua semplicità, il battistero di fronte.

E così, eccomi in dirittura castello. Quando lo vedo, a chiudere una piazza di portici e di eleganti edifici, resto immobile qualche secondo. Purtroppo non stupefatta di bellezza. Il restauro è uno di quei casi in cui ti verrebbe voglia di prendere a sassate l’architetto usando gli stessi mattoni con cui lui ha eretto quell’orribile torre color edificio-Esselunga che tenta invano di amalgamarsi con le antiche mura.

Abbasso la testa per non vedere lo scempio ed entro nel castello. In questi giorni così difficili e brutti la placida e nitida bellezza di certi artisti assume un valore che va oltre l’arte. È per la mostra Boldini, De Nittis et les italiens de Paris che sono qui.

Un’ora, due, non lo so quanto sono stata via, tra Parigi, Londra e altri posti, come al solito con questo stile quasi appiccicata a guardare dove il colore si accumula a creare un dettaglio e dove invece si alleggerisce in lunghe pennellate, dove i visi spesso netti si sciolgono in un resto sfumato, dove il netto e lo sfumato variano a seconda della distanza da cui ti poni. E poi l’eleganza dei vestiti, il divertimento, i luoghi di incontro, quelli che si ripropongono, come il Moulin de la Galette.

Francesco Paolo Michetti, Mattinata, 1878, particolare.

 

Giuseppe De Nittis, La lezione di pattinaggio, 1875 ca.


Antonio Mancini, I giocattoli della bambina (il pittore dipingeva “alla prima”, cioè direttamente su tela senza disegno)


Federico Zandomeneghi, Le Moulin de la Galette, 1878 ca.

Vittorio Matteo Corcos, La farfalla, 1881.


Vittorio Matteo Corcos, Le istitutrici ai Campi Elisi, 1892, particolare.


Giovanni Boldini, Ritratto di Josefina Alvear, 1913 ca.


Giovanni Boldini, La contessa Speranza, 1899.


Vittorio Matteo Corcos, Ritratto di Lina Cavalieri, 1902 ca.

Nonostante le loro vite spesso tormentate, forse sono gli impressionisti gli ultimi artisti che hanno lasciato fuori dall’arte il dolore della storia, le angosce dell’animo.

Al di là dal castello c’è un parco e i colori dell’autunno avrebbero parlato à les italiens. Certamente parlano a me, se non fosse che la tramontana non si è ancora decisa a spostarsi più in là. Il sole non riesce ad attenuare il gelo di quelle folate che vanno e vengono e quindi, pur a malincuore, me ne vado io.

Un ultimo pezzo d’arte, con ombra, e infatti si intitola La grande ombra (di Costantino Peroni, 2003).

 

 

Post su Milano

Ho dato il seguente prompt (ChatGPT talkai.info) = Scrivi un post di 1.000 battute su Milano.
In circa 1 o 2 secondi ha sfornato 2.525 battute, non 1.000 come avevo chiesto, si evince che non comprende i numeri in un contesto che non sia quello matematico o non è addestrata per capire il significato di battute. Però conosce le basi di formattazione del testo a paragrafi: non ha reso un testo tutto di seguito ma suddiviso in blocchi brevi e distanziati.

Poiché l’intelligenza artificiale si nutre di quanto già pubblicato, probabilmente questo post avrebbe un buon posizionamento nei motori di ricerca. È la descrizione classica di Milano, senza punte di novità e senza citare qualcosa che appartenga a una Milano un po’ meno conosciuta. È però sicuramente carente su due aspetti: 1) più che cotolette e risotto, mangi sushi et similia, nel senso che ciò che realmente non manca a Milano è il cibo internazionale, è una notizia che potrebbe interessare molto ai turisti; 2) la qualità di vita a Milano non è alta, considerando che a marzo 2023 si è “guadagnata” il terzo posto tra le città più inquinate e gli spazi verdi mancano totalmente in molte zone. Quello che c’è di alto a Milano, e che infatti è attualmente un problema discusso a vari livelli, è il costo per viverci. Poiché il post accenna all’eventualità di abitarci e non solo di visitarla, bisognerebbe controbilanciare questo eccessivo entusiasmo con dati reali.
E per finire, ciò che a mio parere manca in questo post è il livello personale, il racconto delle sensazioni che un luogo ci restituisce, magari anche negative ma comunque vissute in prima persona.

A “discolpa” dell’IA, il mio prompt è stato estremamente sintetico e privo di qualsiasi informazione che potesse meglio indirizzarla.

Milano, la città che non smette mai di sorprendere. Una metropoli dove modernità e tradizione si fondono in un connubio perfetto, rendendo questa città unica nel suo genere. Camminando per le sue strade si è immersi in un’atmosfera cosmopolita, dove il passato si combina con il presente in un modo unico.

I monumenti storici che punteggiano la città raccontano la sua ricca storia. Dal Duomo, maestoso e imponente, simbolo indiscusso di Milano, al Castello Sforzesco, antica residenza dei duchi di Milano, fino alla Galleria Vittorio Emanuele II, una delle gallerie commerciali più antiche e prestigiose al mondo. Ogni angolo di Milano è immerso in storia e arte, offrendo ai visitatori un vero e proprio viaggio nel tempo.

Ma Milano non è solo storia e arte, è anche un importante centro economico e finanziario. La città è sede di numerose aziende multinazionali e ospita uno dei quartieri degli affari più importanti d’Europa, il quartiere di Porta Nuova. Questo sviluppo economico e finanziario ha reso Milano un vero e proprio hub internazionale, attirando professionisti e artisti da tutto il mondo.

Non si può parlare di Milano senza menzionare la moda e il design. La città è famosa per essere la patria di grandi stilisti come Giorgio Armani, Dolce & Gabbana e Versace, solo per citarne alcuni. Ogni anno, durante le settimane della moda, Milano si trasforma in una passerella a cielo aperto, attirando la crème de la crème del mondo della moda.

E non dimentichiamo il cibo! Milano vanta una tradizione culinaria straordinaria, con una vasta gamma di ristoranti e trattorie che offrono piatti succulenti. Dalla celebre cotoletta alla milanese ai gustosi risotti, c’è qualcosa per tutti i palati. E, ovviamente, non si può lasciare Milano senza aver assaggiato il celebre panettone, dolce natalizio milanese conosciuto in tutto il mondo.

Ma Milano non è solo una città per i turisti, è anche un luogo dove vivere. La qualità della vita a Milano è alta, con una vasta gamma di servizi, dai trasporti pubblici efficienti alla presenza di parchi, spazi verdi e strutture ricreative. Inoltre, la città offre una vita notturna vivace, con numerosi locali, bar e discoteche dove divertirsi fino a notte fonda.

In conclusione, Milano è una città unica che offre una combinazione perfetta di tradizione, modernità, storia, design e cultura. È una città che ti cattura, che ti coinvolge e che ti fa rimanere incantato. Milano è una città da vivere e da amare, e chi ha avuto la fortuna di visitarla, sa perfettamente di cosa parlo.

Introduzione alla nuova categoria Intelligenza artificiale

Come si sarà capito dai miei precedenti post su Virginia Woolf e Stephen King, sto sondando l’Intelligenza artificiale. Non l’avevo mai considerata perché la ritenevo una materia esclusivamente per menti matematiche. Certo, aggrottavo le sopracciglia davanti alle notizie degli scioperi degli sceneggiatori di Hollywood, nel tentativo di capire come potesse mai l’I.A. rappresentare un pericolo nel settore che più di ogni altro è esclusivamente umano: la creatività.

Poi, due episodi – un articolo e una conversazione tra colleghi – mi hanno convinta ad addentrarmi in questo mondo che è arrivato ben prima che lo scoprissi io. L’articolo descriveva la differenza tra addestrarla e utilizzarla. Per la prima cosa devi essere un matematico, tecnico, informatico eccetera, ma per la seconda devi avere una buona conoscenza della lingua per poter trovare le parole giuste per farti capire. E qui mi sono sentita a casa. La conversazione con i grafici della casa editrice per cui lavoro è stata invece più inquietante, per brevità riporterò solo la chiusura: «Speriamo di andare in pensione prima che lei (lei l’intelligenza artificiale, ha già un che di umano) ci porti via il lavoro. Quelli della Sergio Bonelli si sentono già finiti».

Per moltissimi altri settori sarà lo stesso, ma io posso parlare solo per l’editoria: o la cavalchi tu o sarà lei a disarcionare te. Però è un discorso molto complesso e per una volta lascio da parte le riflessioni personali o i tentativi di trarre delle conclusioni su un argomento talmente aperto che conclusioni non ce ne possono essere.

Per capire di più ho comprato Universo AI di Ethan Parker. Il libro dà un’ampia panoramica sulle applicazioni e sui rischi connessi (sempre e tanti) e, ciò che più mi interessava, descrive, forse un po’ troppo a grandi linee, come interagire con l’I.A., come fare in modo che essa capisca cosa vogliamo che lei faccia. In gergo si chiamano prompt, cioè i comandi che le trasferisci per ottenere quello che vuoi.

Ho quindi creato sul blog la nuova categoria Intelligenza artificiale dove pubblicherò i miei tentativi di colloquiare con essa (con essa, non con lei). Mi sono ripromessa di “galleggiarci” sopra, di non dare giudizi né in un senso né in un altro, solo constatazioni. Parto solo da ciò che conosco perché solo così posso cercare di capire i punti di forza o di demerito.

Se il viaggio sarà lungo o breve non posso saperlo, è appena iniziato.

A volte se ne vanno

Il libro di cui sotto l’ho dovuto momentaneamente lasciare causa crisi di nervi. Lo riprenderò perché dopo tanta fatica voglio vedere dove andrà a parare. Sono andata sull’“usato sicuro”: Stephen King, Holly. Lo stile è sempre bello ma si capisce subito che non è uno dei suoi libri migliori. Non c’è lo spavento che “diverte”, quella cosa tipo che quando spegni la luce ti sembra di sentire un dito che gratta sulla ceramica del lavandino, o quelle frasi memorabili che ti scrivi da qualche parte. Il clou di King sono i fantasmi, gli alieni, gli oggetti che prendono vita, è insomma l’irrealtà che ti riporta a quando, da piccolo, scendevi dal trenino del tunnel dell’orrore con un misto di paura, eccitazione e felicità. Probabilmente hai bisogno di riprovare queste sensazioni finché non sei quasi con un piede nella fossa, lo stesso che per tutta la vita hai badato bene a non lasciare fuori dal letto.
Il raccapriccio invece è la realtà, e in Holly, al di là della trama, irrompe immediatamente con il Covid e Trump. Certo si capisce che sono due esperienze che devono aver profondamente segnato l’autore perché non ricordo altri suoi libri in cui l’attualità fosse così strettamente legata al racconto.

Provo di nuovo, a distanza di pochi mesi, un senso di perdita, di cose nuove che arrivano inaspettate a rompere quelle solite, che duravano da anni e che erano belle.
Nella vita reale tutto finisce prima o poi e forse è per questo che abbiamo bisogno di punti fermi al di fuori di essa: lo scrittore, l’attore, il regista, il musicista… un artista insomma che è il tuo rifugio, il tuo altrove.

Potrebbe sembrare strano non riuscire ad addormentarsi dopo aver visto un film di Aldo, Giovanni e Giacomo, eppure è successo. Mi ha tenuto sveglia un senso di abbandono, quasi di tradimento da parte loro per aver infranto la leggerezza, l’altrove di risate. Perché in Odio l’estate per la prima volta entra il lato peggiore della realtà. Edulcorato da una battuta, non mostrato fino in fondo ma presente e dunque tragicamente reale. Ho sempre amato queste tre persone, mi ispirano simpatia persino quando non dicono niente. Paiono racchiudere le cose migliori: il divertimento, l’amicizia, i racconti degli inizi incerti e hanno una comicità surreale che mi ha sempre fatto tanto ridere.

E così, se i nostri creatori di altrove ci lasciano proviamo un senso di perdita, perché l’altrove in ogni caso fa parte del qui. Possiamo solo sperare che non sia per sempre, o farcene una ragione: per quanto bravi a creare, sono comunque umani.

Il disegno in apertura è stato creato dal generatore di immagini del sito talkai.info
Prompt: Disegna Stephen King

 

Virginia Woolf scrive da schifo

Linguaggio per me insolito, sgarbato e sgarbiano, ma poche cose innervosiscono quanto uno scrittore che rovina il piacere della lettura, a maggior ragione se è entrato nelle antologie scolastiche. Vero è che ogni autore ha alti e bassi ma trovando questa mia prima lettura di Virginia Woolf estremamente bassa, tornerà nel limbo in cui è stata finora.

Un susseguirsi di elenchi lunghissimi di cose varie, sensazioni, così lunghi che persino lei si perde. Tentativi di ironia mal riusciti che non fanno ridere ma nemmeno sorridere. Di quando in quando si rivolge direttamente al lettore, probabilmente conscia che quello ormai è un Ötzi rinsecchito di noia.

Il protagonista, Orlando, da cui il titolo del libro, dovrebbe essere un turbinio di sentimenti, passioni, di ricerca spasmodica di conoscenza e fama letteraria ma in realtà sembra più una macchietta, spesso proprio uno scemo.

Un’unica cosa è rimarchevole di questo libro. Ci puoi trovare un anticipo del tema che oggi è dominante: il transgender, l’identità fluida eccetera.

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Il disegno in apertura è stato creato dal generatore di immagini del sito talkai.info
Il prompt è: Disegna una donna furiosa. L’ho scelto perché mi sembrava l’immagine migliore tra le seguenti.

Prompt: Disegna una donna arrabbiata. Usa lo stile di Giacomo Balla.

Prompt: Disegna una donna molto arrabbiata in stile futurista.