Bagliori natalizi e qualche lampo di mestizia

Stillante di nebbia e stanchezza da rush finale lavorativo prima di un po’ di quiete di giorni festivi, mi lascio trasportare da un bus che tra frenate e accelerate si districa tra il caos isterico di chi pensa che il Natale imminente sia una sorta di terza guerra mondiale. Guardo fuori dal finestrino, un lavavetri vestito da Babbo Natale attende che la fila si fermi nuovamente. Mi chiedo se esiste Babbo Natale nel luogo da cui proviene, se ha imparato che in questi giorni ci si veste così nel corso di lunghi anni passati sotto i semafori o se invece l’ha appreso da poco, se qualcuno glielo ha detto, se si domanda chi sia Babbo Natale e se ha voglia di tornare nel suo paese senza pancioni vestiti di rosso. Con qualche altro sconquassamento il bus riesce ad attraversare l’incrocio, un’altra coda e un altro questuante, questa volta un giocoliere che impavido si esibisce davanti a una fila di macchine, schierate così mi paiono una spaventevole pole position. Non faccio in tempo a dimenticare questi strani connubi che la sera vedo qualcosa di ben più triste. Venditori di souvenir con cappello rosso davanti alla basilica di Betlemme.

È sconcertante ricevere degli auguri così brutti, se poi comprensivi di errore proprio in quello che ti augurano potresti anche metterti a piangere.

Se invece intendevi augurarmi di trovare un Goya in solaio, allora grazie grazie mille volte grazie.

Per fortuna la luce arriva, anche il cibo porta luce, che diamine, se poi ha il nome pseudoesotico di lifferia è ancora più intensa. Cito dal sito di Pizzikotto: Liffo dal dialetto reggiano è tutto ciò che è Goloso e Gustoso. Ok, benvenuti a Milano.

Ah Milano, la fortuna di trovarla vuota e di riconciliarsi con essa. E chi c’è in giro la sera della vigilia? Quelli senza famiglia, dice. Seee, Oliver Twist, rispondo. E giù a ridere, che in questa deliziosa assenza di rumore sembra quasi faccia eco. Ci piantiamo nel mezzo della via Marghera e ci prendiamo tutto il tempo per l’inquadratura di qua, la prova luce di là… e quando mai ti ricapita?

Euforia da vuoto e da foto ci trascina in centro. E la macchina dove la metti? Qui, e ci metto sopra il biglietto Guasta. Ma scherzi? No, non vorrai che ci perdiamo questo spettacolo? Certo che no. Via Dante,

via dei Mercanti,

piazza del Duomo, e quella coda è per la messa? Naturalmente, chi vuoi che stia in coda con sto freddo alle 11 di sera? E poi non sono giapponesi. Corso Vittorio Emanuele che deve sempre strafare, anche in pacchianeria talvolta.

San Babila, lì con lo smartphone puntato ad aspettare che l’albero ridiventi azzurro.

E sotto la Galleria. Una famiglia c’è e il maschio si rifiuta di fare la foto alle vetrine di Prada. La spunta la madre Alfa, spalleggiata dal resto della famiglia. Usciamo in piazza della Scala e un orrore si erge davanti ai nostri occhi. Un paio di monoliti neri con delle luci rosse piantati davanti a Palazzo Marino. Madonna quanto è brutto diciamo all’unisono, pure la famiglia che si è accodata. Eh, ma è proprio vero che se cambi prospettiva cambi anche idea.

A Natale ti fermi, tranne le mandibole si intende. Niente stupidaggini, niente pensieri, niente meditazioni. Ogni energia dedicata al rifornimento e allo smaltimento. Ah, ma a Santo Stefano torni libero. E Bohemian Rhapsody fu. Il film parte come un’autobiografia un poco piatta. Inizi a notare la lotta dell’attore con i denti finti che devono riprodurre i quattro incisivi di Freddie Mercury. Dopo un po’ questo dissidio dà anche fastidio a dire la verità, ma mai quanto i miei vicini anzianotti ma stupidotti come degli adolescenti. I gatti sono gli animali preferiti dai gay e dalle donne single, hai mai visto una donna single col cane? dice lui. L’uomo single ha il cane, la donna no. Mi verrebbe voglia di girarmi e dirgli: non la puoi vedere perché il cane va portato fuori e se sei da solo e lavori non puoi avere un cane, testa di uovo che non sei altro, e adesso chiudi quella ciabatta e guarda il film. Macchè, bisogna anche fare l’urletto perché Freddie Mercury bacia un uomo (era gay, vedi tu, chiudi la ciabatta), il commento perché l’attore non è alto come Freddie Mercury (vedi in giro tanti uomini col fisico di Freddie Mercury? Chiudi la ciabatta). Ma poi il film esplode, o meglio, è la musica a farlo esplodere, fino alla fine, e con tutte le balordaggini che ho dovuto sentire mi merito di mettermi a cantare inside my heart is breaking, my make-up may be flaking, but my smile still stays on-ooohhh-on… e se do fastidio a qualcuno spostatevi più in là.

Il tram 16 è pieno di allegre famiglie che vanno allo stadio, bambini che non stanno più nella pelle. San Siro scoppia di urla, gli scatto un paio di foto, pur così avvolto nella nebbia, per mandarle a Sabi. Dida: Visto che non sei qua… E forza Napoli! Sono interista per tradizione, ma per rompere l’ormai decennale trio di vincitrici Inter-Milan-Juventus tifo per qualunque altra squadra, figurati per quella di un amico. Sabi ha la coperta, un bicchiere di vino e la torta di Silvana, io rido sotto la mia di coperta, sto cercando di togliermi dalle ossa il gelo dell’attesa che qualcosa passasse per San Siro e, milanese, tifo per il Napoli. Ma questi siamo noi, che non c’entriamo con la furia insensata che si è scatenata in questa partita. Avrebbero dovuto riempire le birrerie di Milano, ne hanno riempito gli ospedali.

Il Natale fa anche rimbalzare le persone come palline in un flipper. Perugia- Savigliano-Torino Milano-Torino, Game over in piazza San Carlo il 28 dicembre.

Questa è la quarta o quinta volta che vengo a Torino, stavolta però il castello finto lo voglio vedere. È lui che l’ha chiamato castello finto, perché c’è andato in gita alle elementari e quindi è rimasto a quell’idea lì. Si arriva camminando lungo il Po del Parco del Valentino, appena velato da un’affascinante nebbiolina,

e tra un guizzare veloce di scoiattoli grigi che si concedono solo a chi ha qualcosa da dar loro in cambio.

Che il castello sia finto lo si vede a colpo d’occhio, tranne un muro che sembrerebbe avere un suo passato.

Ad ogni modo non è un castello e basta, è un borgo, e non si chiama castello finto bensì Borgo medievale. E anche se non così antica, ha comunque una sua storia da vantare: https://www.guidatorino.com/borgo-medievale-torino/

Nessuno può battere i torinesi sul cioccolato. Che siano tavolette, cioccolatini e che altre forme solide o che sia cioccolata in forma liquida. Un livello di densità perfetto, perfetto il grado di zuccherosità, solo quel tanto che basta a mitigare l’amaro del cacao, e il gusto, il retrogusto, gli annessi e connessi. Ma-gi-strale.
Bella gente, begli scoiattoli, belle vie. Bella zio, città in cui tornare.

Bella invidiosa, esibizione del 29 dicembre

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