Bianco e nero e noir

falcon

È l’identikit del mio genere cinematografico preferito. Vecchio e nero come la pece. Perché gli attori sono strabilianti, come Humphrey Bogart, hanno visi rarissimi e particolari, come Peter Lorre e Edward G. Robinson, perché le atmosfere di ombre, le inquadrature sbilenche o dal basso con quell’alto che incombe minaccioso e opprimente sulle figure sono l’eredità ammaliante dell’espressionismo tedesco. Perché la tensione è alta, un’ansia che corre per tutta la pellicola senza espedienti pacchiani e ridondanti come fiumi di sangue e scene raccapriccianti, bisogna essere bravi per riuscirci. L’insieme è l’essenza, la funzione stessa del cinema: vieni via con me. Lascia lì da quella parte il tuo miserabile corpo fatto di bisogni e noia e tu vieni di qua.

Il mistero del falco (The Maltese Falcon, 1941, di John Huston, dal romanzo di Dashiell Hammett) inizia con la voce narrante che legge la didascalia di introduzione in inglese:

«Nel 1539 l’Ordine dei Cavalieri Templari Di Malta pagò un tributo di riconoscenza all’imperatore Carlo V di Spagna inviandogli in dono un falcone d’oro il cui becco e i cui artigli erano rivestiti di rare pietre preziose…».

Per tutto il film il falco è rincorso, bramato e in suo nome si commette qualunque cosa, ovviamente anche l’omicidio. Il falco è prezioso, il falco vale una fortuna, migliaia, forse addirittura un milione di dollari. La battuta di chiusura sta a Humphrey Bogart che risponde alla domanda: «È pesante, di che materiale è?»: «Be’, è la materia di cui sono fatti i sogni».

La frase non mi è nuova ma sono troppo presa e penso: i soldi. Il senso del film (solo del film?) è che, alla fine, i sogni si costruiscono con un’unica materia: i soldi. O è il falco stesso ad essere solo un’impalpabile leggenda, oppure non esiste più, perso nel passaggio dei secoli e dei luoghi. Deve passare qualche secondo, arrivare ai titoli di coda, e poi, ma quello è Shakespeare: Siamo della stessa materia di cui sono fatti i sogni. Ma io per 96 minuti sono stata altrove.

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