“Io non voglio rubare”

Il biglietto è timbrato, ho sentito il bip-bip di senso positivo, altrimenti fa buup, ma lei non se ne accorge perché l’inchiostro è così poco che il documento di viaggio bisogna appiccicarselo al naso per vedere l’obliterazione. E così lo rinfila, e quello si lamenta.
Io questa signora la adoro perché nonostante i tanti anni, i tanti acciacchi e la stampella sorride sempre, come nemmeno tutti “noi” messi insieme riusciamo a fare, con le nostre 50 sfumature di ira / noia / indifferenza stampate in faccia dalla mattina alla sera. Per non parlare dei prego e dei grazie elargiti senza remore.
Mi ricordo ancora le risate che ci siamo fatti la volta che ha redarguito suo marito perché mi ha parlato in milanese.
– Non c’è problema, lo capisco.
– Ah, meno male. Lui ha ’sto vizio di parlare a tutti in milanese ma ce ne sono tanti che non lo capiscono.
– E se uno non capisce il milanese a Milano, son fatti suoi, risposi. E questo mi valse l’Oscar dell’approvazione.
Così glielo dico che ha già timbrato e le spiego pure dell’inchiostro fantasma e della luce verde che vuol dire che l’operazione è andata a buon fine.
– Davvero? E chissà quanti ne ho buttati via allora di biglietti. Devo fare solo una fermata ma io non voglio rubare.
Sto per aprir bocca e dirle che se si fa una fermata a scrocco si riprende solo un miliardesimo di quello gli altri hanno tolto a lei ma nemmeno arrivo ad aprirla di tanto così, colta da un senso di stima quasi reverenziale.
Se ne stampella giù a fatica alla fermata in una nuvola di grazie.
Io non voglio rubare. I pensieri si accendono intorno a questa frase. Inutile riportarli.

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