Moderni ruderi

Passavo via così, un po’ veloce un po’ rabbuiata, perché il sacchettino di pile l’avevo ancora lì, perché dare alla gente la possibilità di buttare pile e lampadine nello stesso posto sembra un meccanismo che richiede troppa intelligenza. L’impulso di buttarle in qualche cestino c’è stato ma non l’ho ascoltato. L’ho colta quasi con la coda dell’occhio, soffocata tra le macchine parcheggiate e alberi maltenuti. Ho continuato a camminare ma i pensieri si sono messi in allerta, però più lenti dei miei passi. Volevo tornare indietro e immortalare l’immagine ma ormai metà della strada l’avevo già fatta. Però ci sono tornata, allunghi un po’ di qui, svicoli un po’ di là, e da A a B ci arrivi lo stesso anche senza la retta.
Sembrano un simbolo dei giorni nostri, questi due ruderi così appaiati. La cabina telefonica morta ormai da anni, che tanto anche nell’epoca del suo massimo splendore funzionava di rado. Uccisa dai cellulari. Una delle migliori invenzioni in assoluto. Ma quel che seguì uccise i giornali e quindi l’edicola e quindi chi lavorava nell’edicola. E anche una gran quantità di cervelli.
Caserme dismesse paiono aver segnato il destino di questa via, come se chi abita lì, girato l’angolo, si meritasse di essere dismesso anche lui, costretto a sopportare senza un senso una cabina telefonica dai vetri fracassati e i resti sporchi di un’edicola.
Magari tra qualche centinaia di anni arriverà un Indiana Jones, ritroverà queste cose e ci studierà sopra per gli anni a venire, come si fa adesso con le piramidi. L’evoluzione dell’umanità. Ecco perché le lasciamo lì, disse il Consiglio comunale. Ah, ecco.

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