Personale classifica di nazionali meschinità

sordi-nerone

Delle tante linee di Trenord mi giungono spesso voci di malcontento ma della linea Milano-Cremona-Mantova posso darne testimonianza diretta: per quanto ne so è la peggiore in assoluto. È persino uno di quei casi in cui il luogo comune “si stava meglio quando si stava peggio” trova una sua verità: è peggiorata via via col passare degli anni. Mai una volta che abbia rispettato gli orari. I motivi raramente si sanno, che tanto Trenord non ti tiene informato del perché sei fermo in mezzo ai campi o perché sei lì in Centrale, pronto per partire ma non parti. Si possono immaginare: furto di rame, guasti, precedenze ai Frecciarossa. Ma certo non avrei mai potuto pensare che uno dei motivi fosse un “vizio di forma” dei macchinisti. Anche perché sono così stupida che io certe furbate proprio non riuscirei ad architettarle. Pare che qualche ritardo (quanti non si sa) sia dovuto ai macchinisti, che deliberatamente aumentano i tempi della corsa per guadagnare straordinari. Indagini in corso. Gli utenti di questa linea sono pendolari e studenti, con la triste aggiunta di qualche viaggiatore della sanità, poiché i centri specializzati nelle peggiori rogne stanno a Milano. Insomma, i macchinisti hanno messo in moto la locomotiva di Guccini al contrario: anziché prendersela coi ricchi se la prendono coi normali, senza naturalmente chiedersi i danni che arrecano. A occhio e croce direi per un bottino massimo di 200 euro al mese su uno stipendio che dovrebbe comunque avere una sua dignità. Van bene per pagare la rata di uno smartphone da 800 euro, perché credo che gente così non miri più che a questo. Vincitori di meschinità, guadagnano il primo posto in classifica.

Mi suona un’armonica
Io non ce l’ho veramente con Gino Paoli, perché mi è sempre stato simpatico, e poi come si fa ad avercela con uno che ha scritto Il cielo in una stanza? Bah, certo, come si fa a non scrivere bene se uno vede il mare tutti i giorni? Bah, sì, un po’ ce l’ho, anzi, ce l’ho tanto, una sbavante invidia perché ha vissuto a Boccadasse e adesso a Nervi, che pare sia anche meglio, per loro, i genovesi, ché io sono più accomodante e non punterei i piedi per stare nell’una o l’altra zona.
Però mi son detta: e non ti bastava fare il mestiere più bello del mondo, avere un mucchio di soldi, vedere il mare tutti i giorni? Dovevi per forza portare i soldi in Svizzera? Ecchediamine, più uno ne ha e più ne vuole.
Poi però ti capita uno di quei giorni in cui ti prende… l’ira funesta. Non perché la nevrotica con cellulare alla cassa lancia la sua roba sulla tua o perché il tuo vicino di autobus si mette le dita nel naso, tanto quello capita sempre. Ma perchè quello che ti va storto sai che potrebbe andare dritto se solo qualcuno lassù non fosse un liberato dalla legge Basaglia. Poi arriva anche il commercialista con un modulo che non assomiglia alla solita decina che sei tenuto a conoscere e non capisci che cosa vuole da te, così stai lì, ti impegni, e sommi tempo a tempo e ti chiedi: ma chi mai me lo ripagherà questo tempo perso per la vostra cecità nell’amministrare la burocrazia?
Così l’armonica suona. Forse non lo fanno con animo truffaldino, perché quelli come Gino Paoli non sono delinquenti nati, forse lo farei anch’io se avessi i soldi, perché non è che si può stare proprio tranquilli in questo Paese qua, che loro dicono che non siamo come la Grecia, ma neanche siamo troppi lontani, stessa faccia stessa razza stesse pezze ai gomiti, solo un po’ meno lise. Così, mah, portare fuori qualche soldo al sicuro non è una pessima idea. O forse lo fanno per un’altra ragione, una personale rivolta, una specie di liberatorio dito di Cattelan per tutte le volte che ci opprimono con le loro scempiaggini. Lo farei io per questa ragione? Sì, lo farei, e anche con immensa gioia, come un risarcimento che mi è dovuto.
Non ci trovo niente di armonico in questo suono che mi giunge, perché stride con quelle che sono sempre state le mie convinzioni, è una cosa indotta non connaturata. Mai pensato di cambiare l’Italia, ma nemmeno che l’Italia cambiasse me. E mi tocca mettere Gino Paoli all’ultimo posto.

 

10 thoughts on “Personale classifica di nazionali meschinità

  1. Anch’io mi associo all’autrice e al tassista: povero Gino… e poveri noi. L’ultima volta che lo avevo visto, prima del fattaccio, era stato in una vecchissima videointervista dei primi anni ottanta, recentemente pubblicata sul web, nella quale commentava il mancato successo di grande pubblico di Napoli Centrale, la storica rock-jazz band di Jamese Senese e Franco Del Prete prima che incominciassero a collaborare con Daniele, e lo faceva al suo solito modo, affermando lapidariamente: “Se quelle due teste di cazzo (James e Franco) si fossero a messi a suonare sul serio invece di litigare in continuazione tra di loro, adesso sarebbero loro molto più famosi di Pino Daniele, e non viceversa”. A cui seguiva l’enigmatica, ineffabile risposta di Del Prete: “Eh sì, vabbè, ma questi sono discorsi da settentrionale”. E io non lo so adesso che cosa c’entra, o perché lo sto scrivendo qui, questo fatterello più o meno insulso, anzi forse lo so, è il mio modo di commemorare il Paoli ante figura di merda, evidenziando il fatto che, e da lui non me lo sarei mai aspettato, alla fine condividevamo gli stessi gusti musicali e la stessa passione per la musica di Senese. Ah, ma senza nulla voler togliere a Pino Daniele, almeno da parte mia. E qui sconcludo, basta.

    • E pensare le stesse cose non è che mi renda meno malinconica 
      Carlo, Non sapevo niente di questo fatto, per cui hai fatto bene a raccontare. Senza offesa, è solo una constatazione, ma mi chiedo quando imparerete a smarcarvi da concetti come “Eh sì, vabbè, ma questi sono discorsi da settentrionale”.
      E poi, per questa volta ti passo due brutte parole ma per le prossime il tetto massimo è di una, se no ti cancello! Vedo troppa trivialità in giro per il web e così come non mi piace la moda che fa vestire tutti uguali, vorrei che qui si avesse un linguaggio un po’ più ricercato. Se va di moda il grigio, io mi vesto di rosso. Ça va?

      • Uà… cornuto e mazziato.
        Il discorso da meridionale l’ha fatto Del Prete, che non sono, io al massimo je suis Charlie. E sempre sperando che “cornuto” non mi venga valutata come maleparola, che in tal caso, avendola scritta due volte, a questo punto sarei già cancellato.
        Dopo di che, mi ritiro in buon ordine, anzi con la coda tra le gambe (sì può dire, con la coda tra le gambe, sì?). Con licenza parlando. Che è la grezzata che usualmente premette colui il quale sta per dire qualcosa di sconcio. Io invece non dirò nulla, tacerò non proprio per sempre ma per un po’ almeno, con indubbio vostro sollievo. Che poi c’avete ragione, c’avete, che se non ho niente di intelligente da dire tanto vale ch’io taccia. E io taccio.

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