Presidi No Food

A causa di orari incompatibili non frequento molto i mercati, però se capita mi piacciono. Di solito aspetto che si smaltisca la ressa, così che attrezzata con carrellino possa godermi la distesa di colori: il giallo dei peperoni e l’arancio degli agrumi mi ammaliano quasi quanto i colori delle case dei paesetti marini. E poi c’è maglieria e teleria varia, qualche diavoleria di plastica di cui è necessario soppesarne l’utilità, tipo lo sbucciaglio e l’affetta carote à la Julienne. C’è l’egiziano che ti sbraita nell’orecchio brandendo un mazzo di carciofi romani e c’è il romano che vuole svenderti mandarini di Sicilia. Un universo vario insomma, che se uno ci sa fare si rifornisce di tutto un po’: dalle Duracell a prezzo stracciato a un chilo di olezzanti porri, arance rosse e olive giganti di Puglia, una maglietta da 5 euro ma anche un misto cachemire a un prezzo accettabile. E ogni mercato di Milano differisce da via a via, mica come i centri commerciali che son tutti uguali da Bolzano a Palermo, che tanto è tutto franchising.

Ma un’inquietante immagine televisiva mi salta agli occhi. Un Suv spinge una bancarella, facendosi prepotentemente strada negli spazi di un mercato cittadino, quartiere Isola, per la precisione. Un signore sbavante rabbia e indignazione si fa portavoce del Comitato anti-mercato. Le scene che descrive sono apocalittiche: bancarelle che non rientrano negli spazi d’ordinanza, uscite della metropolitana bloccate, gli abitanti prigionieri nelle loro case fino a chiusura mercato. Purtroppo non è questo l’unico caso. Spariscono o si riducono quelli esistenti; se si accenna appena all’ipotesi di aprirne altri, ci si straccia le vesti nei parcheggi: dove la mettiamo la macchina? Per la cronaca, i mercati “impicciano” dalla notte precedente fin verso le 16 del pomeriggio, compreso il tempo di sgombero resti: uno spazio temporale da Odissea 2001 in cui le navicelle a 4 ruote sono costrette a vagare in una dimensione che lede la loro dignità, e ciò le turba in maniera irreversibile. Che in una città con tanti abitanti ogni tanto a turno sbrocchiamo è fisiologico ma lo sbroccamento organizzato con tanto di egida di un Comitato di questo tipo è un po’ più preoccupante, anzi, a dirla tutta diamo propri segnali di schizofrenia. Perché siamo quelli che chiudono lo storico teatro Smeraldo per riaprirlo con la griffe Eataly Milano e facciamo code di un’ora felici e contenti, qui come in un qualunque altro posto che abbia una sua firma, per mangiare un gelato, un salame, un pezzo di formaggio. Purché costi il doppio, sia bio, dop, doc, bidibi bodibi bu, che fa tanto radical chic. Siamo quelli dell’Expo – Nutrire il Pianeta. Ma cipolle e bietole sotto casa sovvertono l’ordine costituito. Conflitto tra personalità anche della Milano ma va’ a laurà… ma questi ambulanti non sono forse lavoratori? Considerando il mazzo di spinaci che si fanno dall’alba, al freddo gelido e al caldo insopportabile direi di sì, di quelli poi che tanto ci esaltano, i piccoli imprenditori, arditi esponenti di lotta dura per la verdura contro burocrazia, vigili con centimetro e bolla e sclerati di turno.

I furgoni se ne vanno, non ci sono più gli strilli dei venditori, restano cassette e scarti. Di lì a non molto arriveranno i camion dell’Amsa e puliranno tutto, si sentiranno altri rumori, i tonfi di oggetti lanciati nel tritarifiuti, il bip bip della retromarcia, il brontolio continuo dei motori. Ma tra l’uno e l’altro momento c’è un buco di nulla, quasi un limbo, e lo riempiono loro, con i loro carrellini e borsoni. Tutti quelli che sono rimasti fuori dal giro: dal problema del parcheggio, dall’Expo Il cibo è vita, il cibo è per tutti, dalle primizie ma anche dalle ultime merci, vendute di fretta e con sconto. Perlopiù anziani, pensionati minimi. Cercano nei cestini, in qualche sacchetto che sembra pieno, prendono qualcosa, foglie passe di insalata, carote mal riuscite, tronchetti di finocchio, arance ammaccate e rimettono via quello che proprio non può andare, spostano cassette e le reimpilano, ordinatamente, come hanno sempre vissuto. La Milano da bere e da mangiare se li è triturati.

5 thoughts on “Presidi No Food

  1. a quanto vanno lì le Duracell? io le pago 2.50 la quartina
    scherzi a parte, gran pezzo bellassai, complimenti

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