Quale energia per il futuro?

Foto di Pellegrino Tarantino

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Il 17 aprile 2016 potremo andare a votare per il referendum No Triv. Il processo che ha portato alla sua approvazione è stato lungo, parte dal decreto Sblocca Italia del 2014, passa attraverso emendamenti che trasformano il decreto in Legge n. 164/2014, fino al pronunciamento della Corte costituzionale che convalida solamente uno dei sei quesiti referendari. Il decreto, la legge, gli emendamenti si sono snodati su un percorso tortuoso ma, soprattutto, quasi sotterraneo. In sintesi, stando alla legge le multinazionali sono libere di fare ricerche e trivellazioni ovunque, con o senza il consenso delle regioni e dei comuni e, soprattutto, dei cittadini, che pagherebbero non solo in termini di degrado ambientale ma anche di espropri forzati. La maggior parte della stampa, come spesso accade per le cose scomode, ha preferito tacere o parlare poco e sottovoce. Per quanto ne so io, l’unica che ha “gridato” forte e chiaro è stata Presa diretta, nella puntata Sblocca Italia del 22 febbraio 2015, E anche adesso, a poco più di un mese dal referendum, di questa consultazione non se ne parla ancora abbastanza.

Lo scenario quindi è tra i più inquietanti: paesaggi di mostri trivellanti sparsi sui nostri terreni e in mezzo al mare a pochi chilometri dalle coste più belle, con tutti i pericoli che ne conseguono e che non si possono dire limitati all’inquinamento ambientale. Verrebbe dunque da pensare che l’unica alternativa valida per poter guardare al futuro senza raccapriccio siano le energie rinnovabili. Ma ci sono a impatto “quasi zero”? L’acqua va incanalata, cancellando così quel meraviglioso spettacolo che sono le cascate. Le centrali a biomasse, per le quali tutti paghiamo una quota in bolletta che si trasforma in incentivi per gli imprenditori che le posseggono, sono state definitivamente bocciate su tutti i fronti: inquinano per l’enorme quantità di energia necessaria al loro funzionamento e per il traffico di mezzi pesanti usati per il conferimento del materiale da bruciare, perché su carta il materiale dovrebbe essere “reperito in zona”, ma nessuna zona è in grado di fornire abbastanza scarti vegetali da farle funzionare. Come vere rinnovabili restano allora solo vento e sole. C’è chi si è scagliato contro i pannelli solari perché deturperebbero le città. Se devo restare in my backyard, a Milano potrebbero coprire ogni singolo tetto coi pannelli solari. Ce ne sono di cose che l’hanno deturpata senza dare niente in cambio. Riguardo alle pale eoliche, io le ho viste solo una volta e da lontano, in Irpinia. Ho pensato che avevano una loro certa bellezza e che il paesaggio attorno non ne risentisse.

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Foto di Pellegrino Tarantino

Foto di Pellegrino Tarantino

Anche qui, se le mettessero in Pianura padana non avrei niente da ridire, perché la Lombardia è la regione più cementificata d’Italia e allora il bello ormai lo devi cercare tra un mattone e un pezzo d’asfalto, che spesso compongono capannoni vuoti e strade che terminano nel nulla. E le pale invece avrebbero un loro senso. Perché il fatto è che possiamo dire no a questo e a quello ma alla fine, a che cosa saremmo disposti a rinunciare? Siate, siamo sinceri, tra gli elettrodomestici l’unico di cui si potrebbe fare a meno è la lavastoviglie (ma pesa, eh, quando uno si è abituato) o magari il ferro da stiro (tutti odiano stirare e avrebbero una buona scusa per non farlo più). Personalmente mi sono trovata a non riuscire più a spremere un’arancia dopo anni che lo facevo solo con lo spremiagrumi elettrico. Siamo a un punto di non ritorno per il quale non ci resta che essere realisti: non si può tornare a vivere come due secoli fa e l’unico modo per poter guardare avanti è scegliere il meno peggio,

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Foto di Pellegrino Tarantino

Via libera alle pale eoliche quindi? Non proprio. Se accorciamo le distanze, scopriamo che quello che da lontano sembrava bello, o almeno accettabile, è invece una specie di trompe-l’oeil.

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Foto di Pellegrino Tarantino

Ascoltiamo chi in mezzo alle pale ci vive per scoprire verità e “trabocchetti”, il più delle volte disseminati dal nostro Stato, coscientemente o perché quando la valanga si sta formando lui sta sempre guardando dall’altra parte. E se dico Stato non parlo più di zone che prendono questo o quel nome, dico Italia.

Ringrazio l’associazione Info Irpinia per il bel videodenuncia che chiude questo post, Francesco Celli per il suo contributo, Carlo Crescitelli che non manca mai di tenermi aggiornata, Pellegrino Tarantino per le bellissime foto che mi ha inviato e per il commento al suo videoreportage.

Francesco Celli, presidente di Info Irpinia
Il problema vero è che non ci sono piani energetici, non ci sono regole, è tutto frutto di pura speculazione da miliardi di euro. Basta pensare che l’energia prodotta è privata, non pubblica, e che dietro questi privati spesso si nasconde la mafia, come dimostrano centinaia di processi. Basta ricordare che per queste installazioni si procede ad espropri, calpestando diritti e dignità con quattro spiccioli. Qua non si tratta di scegliere se le pale eoliche vanno bene o meno: se non si regolamenta seriamente il fenomeno, la parte più bella dell’Italia sarà devastata. A mio parere bene fanno i territori che non consentiranno di metterne più in ogni modo, sabotando il sistema: questo non è progresso, è barbarie, e va combattuta con ogni mezzo. Se rileggiamo l’articolo 9 della Costituzione o se visitiamo la rupe di Cairano, in Irpinia, ci renderemo conto finalmente di che valore ha il nostro paesaggio.

Foto di Pellegrino Tarantino

Foto di Pellegrino Tarantino

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Foto di Pellegrino Tarantino

Pellegrino Tarantino

Il vento ci salverà, Il vento ci ucciderà!
Eolico: energia verde, pulita, rinnovabile; di quelle che ci sottrarranno alla fine del mondo… o almeno così dovrebbe essere.
La nostra esperienza però, purtroppo, è molto diversa. A tutte queste parole che parlavano di futuro se ne è affiancata un’altra, essa ha corroso i valori e gli ideali di speranza del vento ed ha finito per relegare il tutto a più scuri e tetri obbiettivi, “Profitto”!
E così verde è diventato sinonimo di tornaconto, pulita di speculazione, e rinnovabile di senza controllo. Infine, macchiato e svuotato di qualsiasi principio quella che doveva essere una fonte di salvezza si è trasformata in un bacino di corruzione, di mafia, di distruzione…
Dirigendosi verso il formicoso, verso le verdi colline d’Irpinia, alla mente sovvengono immagini di campi coltivati, agriturismi, masserie, greggi di pecore che pascolano tranquille come bianche nuvole in un mare d’erba… Ma sopratutto, viene alla mente quella sensazione di libertà che si avverte solo quando il panorama, estendendosi fin oltre lo sguardo, si mischia con il cielo in un quel sinuoso saliscendi di dolci colline, quella sensazione d’aria che ti riempie i polmoni e che rende ogni respiro profondo e leggero, quella voglia di voler correre a perdifiato a piedi nudi come bambini… Ma le cose nella realtà sono ben diverse, girato l’angolo ho trovato un branco di bianchi e cupi giganti che fissandomi dall’alto mi hanno dato un senso di oppressione, nausea, claustrofobia… l’odore attorno poi non aiutava, l’olio esausto dei rotori delle pale mi hanno detto, non so, ma nonostante il vento, nonostante fossi all’aperto sotto un cielo limpido, mi sono sentito mancare l’aria e sono stato sul punto di dare di stomaco. Nelle mie foto ho cercato di catturare anche quella sensazione, per quanto spiacevole, per cercare di farvi capire davvero cosa vuol dire essere lì, cosa significa eolico selvaggio, e spero tanto di esserci riuscito.

Video
Appello alla Regione Campania: basta eolico selvaggio in Irpinia

 

 

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