Quando il sole brillava invano*

La mia pianta che sembra grassa ma che forse non è tanto grassa perché resiste anche d’inverno ha messo i fiori gialli. È un poco sofferente perché cresciuta a dismisura. Dovrei togliere delle rose, se trovassi qualcuno a cui darle. Che si fa, si butta nell’umido chi ti è stato fedele per tanti anni? Penso che la primavera continua imperterrita.
Guardo Un posto al sole e a un tratto mi rendo conto che è come se il tempo si fosse spaccato in due, non un’epoca di decenni o un’era di mille anni, nemmeno un mese ed è cambiata la percezione di tutta una vita. Gli attori si abbracciano e si baciano in un saluto di gruppo e a me sale l’angoscia: ma cosa fanno? Dall’angoscia al pensiero razionale: ah, già, lo registrano in largo anticipo. Dal pensiero razionale a una specie di malinconia: com’era bello abbracciare le persone.
I telegiornali parlano solo del virus. È come se gli omicidi, le violenze, i furti, tutto l’apparato solito di reati non esistesse più. Continueranno ad esistere, è impossibile il contrario, ma non in questo mondo. Avverto un senso di perdita anche in questo, non nei delitti, per carità, ma in un’informazione che è ormai a telecamera fissa. Deve esserci una parte del cervello deputata alla gigioneria terapeutica che corre in aiuto del resto, essa mi fa presente: però non ci sono più neanche quelli del Folletto porta-a-porta che da anni insistono nel volerti vendere un gigantesco aspirapolvere e se per caso ce l’hai già ti vogliono vendere il modello più evoluto.
Esco a fare un giretto, le piante sono tutte in fiore, compresi i fiori di Giuda, quelli propri del periodo di Pasqua. Non penso più al fine termine “imperterrita”, mi viene proprio: se ne fotte. La natura continua il suo corso mentre noi siamo immobilizzati dalla malattia e dal terrore, fermi anche nelle cose a latere: a cascata tutto è stato preso dentro nel mulinello. Ma lei sembra addirittura più rigogliosa del solito. Non è che se ne fotte solo, forse si sta proprio scrollando di dosso un po’ di fuffa. Infatti il punto non è salvare l’ambiente ma noi stessi, perché quello va avanti lo stesso.
L’unico mondo rimasto intatto è questo degli spazi aperti. Non la nostra casa che da rifugio è diventata prigione, non le persone che da simili sono diventate il nemico, non i luoghi o le abitudini quotidiane che da soliti sono diventati un potenziale pericolo. Nemmeno un mese e i nostri occhi non vedono più come prima e le nostre mani sono solo pezzi di carne da lavare in continuazione.
Quel che resta fisso è il piacere di leggere sempre e ancora ciòche gli amici hanno da dirti.

Da Dario

«Allego quindi foto scaramantica di un quadro alla pinacoteca di Capodimonte, la fine della peste del 1656. Pare che tutta la colpa fosse di un angelo, toccherà di nuovo convincerlo a rinfoderare la spada. (La scena deriva dall’angelo di Castel Sant’Angelo, che a sua volta deriva da un episodio del re Davide).

Proprio stamattina, proseguendo nella lettura delle Metamorfosi di Ovidio, ho trovato una descrizione del personaggio Filottète che sembra un ritratto dell’italiano contemporaneo: “reso furioso dall’ira e dalla malattia”».

*Edward Thomas, The New House

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *