Aneddoti dal mondo delle bozze

lettera-di-Toto

Totò: Punto, punto e virgola, punto e un punto e virgola.
Peppino De Filippo: Troppa roba…
Totò: Lascia fare, che dica che noi siamo provinciali, siamo tirati…
Totò, Peppino e la Malafemmena, 1956

Se come metro di giudizio per dichiarare qualcuno artista adottiamo quello di valutare quanto di lui resiste allo scorrere del tempo, allora possiamo dire che Totò lo era.
Leggendo alcuni testi, cartacei o virtuali che siano, non riesco a fare a meno di pensare a questa scena: De Filippo curvo e sudante sulla scrivania mentre Totò gli detta una lettera, la «moria di vacche» e la logica che è meglio abbondare con la punteggiatura. È il caso degli ultimi due libri che ho letto: oltre a vantare un’evidente, pessima traduzione, la punteggiatura sembrava una sventagliata di mitra. Epperò non ci trovo niente da ridere, visto che i cecchini dell’editoria si fanno anche pagare per uccidere in un colpo solo l’italiano, l’autore e il lettore. Ancor meno da ridere ci trovo quando c’è di mezzo il lavoro: quello di chi lo fa seriamente e di chi vorrebbe farlo, altrettanto seriamente.

Marco mi ha scritto tempo fa una mail per – bontà sua – chiedermi dei consigli su come diventare correttore di bozze. Da allora di quando in quando ci scriviamo. Nell’ultima sua mail mi ha raccontato questo episodio:
«Oggi ho due elementi del mio quotidiano da raccontarti perché che mi riconducono a te. In questi giorni mi sono imbattuto in una pagina fb di un’agenzia letteraria che promuove un corso di “redattore bla bla”. Ebbene, da gran rompipalle quale sono diventato (diciamo che lo sono sempre stato ma che ora ho aggiunto anche l’occhio clinico e la tendenza a rintracciare errori nei testi di chi svolge la professione che io non arrivo a poter fare) ho scorto due refusi nel testo in cui veniva descritto il corso e gli ho scritto in maniera simpatica (mi avranno odiato) dicendo che il tono non voleva essere polemico ma che fosse alquanto singolare che in un corso presentato da un’agenzia letteraria, all’interno del quale ci sono anche lezioni sulla correzione di bozze, ci fossero due errori, senza per questo dirgli quali fossero e augurandomi che, a quel punto, la correzione fosse stata omessa. Mi hanno risposto chiedendomi appunto quali fossero e, come supponevo, li avevano già corretti, cosa che non ho esitato a fargli notare ma alla quale ho aggiunto che al correttore era sfuggito un altro refuso. Al che, mi hanno scritto che il redattore procede gradualmente alla correzione e quindi non può essere così rapido nella caccia agli errori, e che se a me stava bene ok, altrimenti pazienza. Io ho replicato che il problema non era mio ma della loro scarsa credibilità presso potenziali partecipanti al corso, tanto più che avevo scorto altri utenti che lamentavano altre lacune oggettive…»

La frase «il redattore procede gradualmente alla correzione e quindi non può essere così rapido nella caccia agli errori» mi ha fatto ribaltare dalle risate. Vorrei proprio vederlo, questo redattore a scalare, se, come me, avesse a che fare con dei periodici perennemente con la spada di Damocle-lo Stampatore che pende sulla testa come se la caverebbe a procedere pianin pianetto, un errore alla volta… Ma l’eccesso di ilarità si è smorzato nel giro di pochi secondi.
Capisco che in tempi di «moria di vacche» la parola d’ordine sia (re)inventarsi-riciclarsi ma bisognerebbe pur sempre farlo restando entro i confini delle nostre capacità, a maggior ragione se pretendiamo addirittura di insegnare qualcosa agli altri, giocando con le loro aspirazioni e aspettative. Venditori di fuffa, da impallinare come un refuso.