Concorso fotografico in Costiera

Foto di Antonio Iovine

Foto di Antonio Iovine

Probabilmente è uno dei luoghi più fotografati in assoluto e certamente le sue immagini hanno attraversato il tempo e il mondo. Chissà quanti cassetti e computer la racchiudono insieme ai ricordi e chissà quante pareti invece la esibiscono, nei suoi colori di albe e tramonti e in quelli quasi abbaglianti dei limoni e dei fiori. Paesi che si aggrappano alla montagna o che si adagiano morbidi, angoli famosi e quelli che invece solo pochi occhi riescono a cogliere.

E allora è arrivata l’occasione giusta per metterla in mostra, o magari meglio ancora, di fare un viaggio per coglierla qui ed ora, questa Costiera Amalfitana, da terra, dal mare o dal cielo dei sentieri che la circondano.

Il concorso fotografico a premi parte dall’iniziativa della Tabaccheria Sabato Cuomo di Agerola, che a chiusura del concorso, giovedì 20 luglio 2017, organizzerà nel suo giardino una mostra con le trenta migliori fotografie. L’esposizione durerà dal 1° agosto al 20 settembre 2017.

Il bando e tutte le informazioni per partecipare le trovate qui:
http://quelconcorso.blogspot.it/

 

Procida, bella e perigliosa

Il mio viaggio inizia testando la concorrenza: un’offerta vantaggiosissima mi porterà a Napoli con Italo. Classe Smart, very smart, ma con cinema. Proiettano Benvenuti al Sud, mi sembra la scelta più ovvia e spero al ritorno in Benvenuti al Nord, visto che li ho mancati entrambi, aspettativa delusa. Napoli alle 20.30 è stranamente a traffico scorrevole, cosa che pagherò in termini di terrore puro sul taxi lanciato a tutta birra sulle strade che mi porteranno all’albergo. Quando penso che la mia vacanza finirà ancora prima di iniziare, mi trovo invece scaricata in corso Umberto I («che poi tradotto sarebbe: n’goppa ’o rettifil, vasc ei quatt palazz, nnanz a Miezzcannon, n’t può sbaglià», spiegazione partenopea dell’indirizzo riportatami da Carlo). Dei due enormi portoni ne sono aperte solamente piccole frazioni, così che varcarli con valigia e zaino si rivela operazione più complessa di quanto ci si possa immaginare. Un ascensore a vista mi porta tra cigolii al quinto piano. Nel lento tragitto mi vengono in mente quei film in cui uno sta acquattato dentro e va su e giù cercando di sfuggire al serial killer che lo insegue per le scale. Dopo cena faccio un giretto attorno alla piazza, un ragazzo si sta applicando con zelo a picchiare contro il marciapiede un’asse del wc, lo scopo è di smontarla ma non capisco se vuole divellere le cerniere dall’asse o viceversa. Il balconcino della stanza mi offre la vista delle colline di Napoli illuminate, da una parte, e dall’altra un angolo di totale oscurità che è il mare. La mattina dopo trovo ad aspettarmi l’Antiviaggiatore, che con rodata conoscenza geografica e storica mi conduce nei vicoli di Napoli fino al Duomo,Duomo Napoliche custodisce la Cappella del tesoro di San Gennaro, e poi ancora via, per Spaccanapoli fin dentro una bottega di presepi artigianali. Strade e stradette e si ritorna al porto dei traghetti. In uno dei bar, Carlo farà la celestiale conoscenza di una provola di bufala affumicata. Si mangerà anche la mia ché, forse avvezza ad altri sapori, non riesco proprio a gradire. Se c’è una cosa di cui sono contenta è che quando calo come un barbaro a scompigliare le loro vite, involontariamente faccio scoprire qualcosa anche a loro, come se li ripagassi di tanta disponibilità nei miei confronti. Ed eccomi in mezzo al mare, con quello stato d’animo che ormai conosco bene, ansia per l’imprevisto ed euforia da viaggio, perché ormai niente mi dà più gioia che andarmene.

Un’ora dopo, la prima immagine di Procida, come la ricordavo, con i suoi colori consumati e il viavai di persone e mezzi. Un altro tassista, un altro viaggio ancora più folle del primo, attraverso strade minuscole, pedoni e muri che recano i segni dei tanti autisti non abbastanza bravi come il mio a prendere le misure al millimetro. Gli albergatori si premurano di dire che la camera è vista mare, li sentirò comunicarlo ogni volta ad altri ospiti, forse per mitigare col panorama le magagne della stanza. Ma chi se ne importa, in fondo, il mare sta lì. Scendo la via di lastroni e mi autocongratulo per non aver messo le infradito ma i sandali con una robusta suola antiscivolo. La spiaggia di sabbia quasi nera, di origine vulcanica, è lunga e sgombra di ammassi umani. I faraglioni ammaliano e il mare chiama.

Procida Faraglioni 1Distrattamente registro un uomo che sta a parecchi metri dalla riva, pur con l’acqua ancora sotto le ginocchia. Ma sono plasmata sul mar ligure ed entro guardinga, aspettandomi in un niente l’acqua dalle caviglie al mento. Macché, qui hai voglia a camminare! Non so se esiste uno spettacolo più sconcertante di un milanese da ufficio al suo primo bagno della stagione. Bianco, molle e incriccato vive il triste senso di inadeguatezza nel trovarsi così, all’improvviso, ad affrontare la natura e contemporaneamente si dà a scomposte manifestazioni di gioia, sì che dobbiamo assomigliare molto a degli animali liberati da qualche gabbia. Finito l’imbarazzante rito, mi guardo intorno con riacquistata razionalità. Studio i faraglioni, li sfioro con reverenza,

Procida Faraglioni 2mi perdo negli strati delle rocce sopra la spiaggia, anche l’occhio non esperto capisce che racchiudono la storia della Terra.

Procida rocceUna reginella mi riporta all’infanzia. Sono sulla spiaggia di Chiaiolella, per quanto vedrò in seguito, sicuramente la più bella.

Chiaiolella SpiaggiaLa mattina seguente mi avvio verso Terra Murata. Procida la bella si è già palesata, ora conoscerò anche il suo volto periglioso. Non è il lastricato sconnesso, le salite faticose, le discese da fare di traverso, sono le macchine, gli scooter, le bici elettriche, gli autobus, i taxi che riempiendo le vie minuscole dell’isola rendono le camminate pericolose. Così che per fare pochi metri ci metti un sacco di tempo, perché se vuoi vivere devi ora rintanarti nei rientri, ora appiccicarti ai muri come una lucertola, e spesso rimpiangi di non poterli risalire come loro. Questo è l’unico aspetto negativo di Procida, a cui non ci si abitua.

Case Procida 1Case Procida 2

Terra Murata 100_4027Terra Murata 100_4028

Terra Murata è una zona su cui sorgono l’abbazia di San Michele, una bella chiesetta,

Terra Murata altareil Belvedere dei due cannoni, l’ex carcere borbonico e la Casa-Museo di Graziella.

Terra Murata panoramaTerra MurataGraziella è la protagonista dell’omonimo romanzo di Alphonse de Lamartine, qui naufragato nel 1811.

Graziella pietra

Graziella testa

Museo Casa Graziella 100_4036Museo Casa Graziella 100_4037Museo Casa Graziella 100_4040L’allestimento delle stanze con oggetti, mobili e vestiti d’epoca è davvero molto bello.

Museo Casa Graziella 100_4033Museo Casa Graziella 100_4035Museo Casa Graziella 100_4034

Museo Casa Graziella 100_4042Museo Casa Graziella 100_4043Niente è realmente appartenuto all’eroina di De Lamartine, se non l’area su cui sorge la casa, che dalla descrizione dei luoghi fatta nel romanzo si è quasi certi sia questa. Prima di introdurvi nelle stanze, le giovani guide vi inviteranno a salire sulla terrazza per ammirare il paesaggio.

100_4032100_4031Museo Casa Graziella 100_4046E prima ancora, vale la pena fermarsi nel minuscolo ma interessantissimo Museo geologico e affidarsi alla spiegazione delle ragazze che lo gestiscono. Qui si possono vedere alcuni oggetti, copie degli originali custoditi alla Federico II di Napoli, fatte a mano e con materiali d’epoca, di quelli rinvenuti sui fondali di Vivara, un tempo promontorio dell’isola ora separata dal bradisismo negativo che agisce da secoli su Procida, di origine vulcanica con ben cinque crateri.

Museo geologico ProcidaVivara, che è riserva naturale e marina e ospita un centro di biologia marina, in realtà sarebbe ancora collegata. Esiste infatti un ponte, chiuso però da anni per questioni di contenziosi e burocrazia. Come a dire che se la geologia ha il bradisismo negativo, gli uomini hanno il bradipismo, ovviamente ancor più negativo.Nei giorni seguenti mi avventurerò ancora per l’isola

Procida 100_4051vedrò la spiaggia di Pozzo Vecchio o altrimenti detta del Postino (dall’ultimo film girato qui da Massimo Troisi), di sassi e molto meno bella di Chiaiolella. Mi inerpicherò verso Solchiaro, la passeggiata migliore perché qui il traffico è ridotto al minimo, dai muri delle case esplodono i colori dei limoni e dei fiori e il paesaggio è splendido.

Solchiaro Procida 100_4057Solchiaro Procida 100_4060Solchiaro Procida 100_4062Solchiaro Procida 100_4065Solchiaro Procida 100_4066Solchiaro Procida 100_4069Solchiaro Procida 100_4072E naturalmente tornerò a Marina Corricella,

Corricella 100_4017dove pescatori, gatti e cani si dividono in pace la poca ombra.

Corricella 100_4090Tra montagne di reti, barche, case colorate incastrate fra loro come quelle dei presepi, sembra quasi di vivere in un’altra epoca, eppure nello stesso tempo è così autentico, nessuna mano ha artatamente allestito il borgo ad uso turistico. Corricella di giorno è accesa di sole e colori, di sera di luci, gente ai tavoli attorniati di gatti e musica.

Corricella 100_4092I gatti sono una costante dell’isola. Questo è stato una sera il mio commensale:

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I procidani sono affabili, sempre ben disposti verso il prossimo. A volte capita, sembra che ce ne sia uno più schivo, in realtà è solo un approcciarsi più lento ma poi la conversazione scatta, placida ma inarrestabile. Ho appreso da loro che una delle professioni più comuni è il marittimo. Gente che se ne sta mesi per mare e dopo tanti anni torna e investe il guadagno nell’isola, ma questo succedeva di più anni fa. E che devono capire da che parte andare, se avvicinarsi alla più turistica sorella maggiore Ischia (ammirata e forse un po’ invidiata) o mantenere la loro identità. «Tenete la vostra identità» è sempre stata la mia risposta, perché questi sono i posti migliori del mondo, altrimenti il mondo diventa tutto uguale. Non mi hanno mai risposto esplicitamente sì o no, però mi hanno sempre sorriso come quando uno ti dice qualcosa di bello.

Il lunedì, con mio immenso piacere Giuliana e Carlo approdano all’isola. Giuliana mi guarda sconsolata mentre lui elenca i motivi per cui non gli piace il mare, quello nostro naturalmente, visto che lui è avvezzo a solcare i burrascosi mari del Nord. Quasi all’improvviso però si getta in acqua, affrontando le grosse onde che da qualche giorno non si chetano, lasciandoci a guardarlo piene di ansia. Quando ormai stiamo quasi pensando di andarlo a prendere, si decide a tornare a terra avvisando che ora non potremo dire che non ha fatto la sua parte al mare. La sua presenza in spiaggia comunque non si protrae per molto, ha avuto l’incarico di comprare i famosi limoni di Procida. Questo è quello che si dice accattammo ’a frutta, mi spiega Giuliana trascinando il sacchetto pieno di limoni giganti. Temono che per qualche legge protezionista locale non potranno portare gli agognati frutti fuori dal suolo procidano, ma li vedrò imbarcare i frutti proibiti indisturbati. Sarà piuttosto il tassista di Napoli a dar loro problemi: per una qualche misteriosa ragione i limoni non potranno trovare posto sul sedile.

Tra mare e sole i giorni passano tranquilli, tranne che per le incursioni telefoniche di Sabato che decide che l’ultimo giorno lo passerò ad Agerola. Disdice l’albergo, mi dà le dritte su pullman e orari, mi riempie la testa di frazioni di Agerola. Il pullman a Napoli parte da Varco Immacolatella. Chiaiolella, Corricella, Immacolatella, e tutti così finiscono i nomi qui? E lui ride. Che poi, medito lungo la discesa alla spiaggia, Usmate, Velate, Carnate, ognuno c’ha i suoi. Mi attardo al tramonto, l’ora più bella e quella in cui su ogni mare del mondo scendono i gabbiani in cerca di resti.

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Mi attardo perché è l’ultima sera e separarsi dal mare è come perdere un pezzo d’anima. Monterosso, Genova, Sumbrugh, Edimburgo, Brest… come i gabbiani ho sempre avuto la mia ora, di congedo, di blu, di occhi lucidi

100_4113L’aliscafo è in ritardo di 10 minuti, ce la faccio ad arrivare all’Immacolatella entro le 14.30? E saran domande da fare a un tassista di Napoli? Carlo e Giuliana avevano calcolato 15/20 minuti, questo ce ne mette cinque perché probabilmente delle rotonde o altri giri obbligati a lui poco importa.
Agerola ormai è anche Biscotto. Digli per favore di non andare a Positano finché non arrivo, avevo detto a Sabi al telefono. Ed eccolo lì, a ronfare dietro al banco della tabaccheria.

BiscottoNo, non ci va più a Positano perché sul Sentiero degli dei fa troppo caldo ormai, mi spiega Antonio. Di notte va in giro qua in zona e quindi di giorno è stanco morto. Lo vedrò tornare con un pezzo di pane. Una volta è tornato con una salsiccia, mi informa, rubata? Donata? Mah… Insomma, prima dei reciproci racconti umani su come stiamo e non stiamo, il mitico cane prende il sopravvento.

Biscotto 2Dalla camera della stanza entra già l’aria fresca che ricordo bene. Da Milano giungono notizie di caldo insopportabile. La sera si va a mangiare a Furore (“il paese che non c’è”, così viene definito, perché se ne sta sparso un po’ qua un po’ là). Sabato si lamenta che la mia porzione di spigola è più grande della sua. Il dolce sì, è più grande il mio, ma solo perché è una cosa diversa, ma Sabato ritiene di averne abbastanza dell’onta e si lamenta con l’amico ristoratore. Anche la spigola?, chiede lui. La prossima volta la misurerò col goniometro. Per consolarsi, si scola due bicchierini di finocchietto selvatico lasciato a macerare nella vodka. E i tornanti? Chiedo. Se c’è una cosa che ricordo con terrore è proprio la strada di Agerola. Non c’è problema, dicono insieme lui e l’amico, Sabi sa guidare. Il nulla nero sotto, illuminato solo in un punto da una lampara, è il mare, tutto intorno le luci della Costiera e più in alto quelle dei paesi di montagna. Alle 23 il freddo d’altura vince sull’aria tiepida di mare. È tempo di rientrare, domani sarà Milano.

Ancora una volta, il mio grazie agli amici campani, che lascio sempre con tanta nostalgia.

Battuta sul Biscotto

– Forse abbiamo un cane
– In che senso forse?
– È venuto qui, forse resta da noi
Una cosa così detta da uno di un qualsiasi altro luogo d’Italia mi avrebbe fatto imbestialire. I cani li hai o non li hai, li tieni o non li tieni. Ma detto da un agerolese non mi ha scombussolato più di tanto. Ad Agerola se un cane non ha un padrone, ne ha cento.
E poi la conferma: Biscotto è ufficialmente il cane della famiglia Cuomo e legittimamente presiede Sabi e Tabacchi.

biscottoDopo un po’ però Biscotto sparisce. Sono dispiaciuti tutti, me compresa naturalmente. Ma fortunatamente torna.
– Cos’è successo?
– Non lo so, è mancato per un paio di giorni

Certi cani sono insofferenti a un legame troppo stretto. Le notizie rimbalzano da Agerola a Milano, Biscotto adesso-sì adesso-no. E infine il mistero viene dipanato. C’è il Sentiero degli dei che da Agerola porta giù al mare di Positano, semplicemente Biscotto l’ha fatto suo, godendo, beato lui, di montagna e di mare, di funghi o di vongole a suo piacimento. Io questa storia la volevo scrivere tempo fa, non appena ho saputo del turismo canino di questo indomito miscuglio, ma ieri sono stata battuta sul tempo. Da un vero professionista della scrittura, Flavio Pagano, che ha trovato una spiegazione ancora più romantica a queste fuitine: Un «don Giovanni» a 4 zampe:
i viaggi di Biscotto, cane innamorato

Vai, Biscotto! Sei tutti noi liberi dentro!

Il Cazzaniga va in Campania

apertura

Ognuno sceglie le mete che meglio crede e quando torna si porta sempre dietro qualcosa.
Io questo viaggio non l’ho veramente scelto, è nato da persone e sembrerebbe che questa circostanza abbia determinato il fatto che persone sono ciò che mi sono portata a casa, un armamentario umano da custodire nella mia vetrinetta mentale di souvenir.
Per cui non dedicherò il post alla descrizione dei luoghi – in fondo, la Costiera amalfitana, Napoli – hanno forse bisogno della milionesima descrizione? quanto alle “gesta” di chi ho incontrato e che in vari modi ha arricchito il mio bagaglietto di avventure turistiche.

L’amico Sabato mi aspetta alla Stazione centrale di Napoli (cercate in Internet Sabato Cuomo, troverete articoli e trailer del film Ageroland, girato ad Agerola, il suo paese, e nella sua tabaccheria, il libro Sono tutto ciò che vedi attraverso i tuoi occhi e altro ancora, mica uno qualunque, insomma). Il primo impatto con usi e costumi partenopei sembra da manuale. Armeggio inutilmente con le cinture di sicurezza, rotte; mi pare di notare che le macchine non usino mai le frecce, che Sabi dia la precedenza quando dovuta è del tutto opinabile. Non è che mi sento veramente a mio agio. Ma perché non le fai aggiustare ’ste cinture? Arriva qualche grugnito di risposta. Alla terza rotonda mi trovo di fronte gli occhi inquieti di un ragazzo in motorino e non riesco a trattenermi: ma perché non dai le precedenze? Qualche altro grugnito. Calcolo che nel giro di 10 minuti mi sono già espressa petulantemente due volte, per cui credo che sia il caso di buttarla sul ridere: sembro il Cazzaniga di Così parlò Bellavista, eh?! L’hai visto? Evidentemente l’ha visto perché attacca a ridere. Si arriva a Castellammare di Stabia per caricare una decina di palloni che vanno ad occupare tutto il sedile dietro. A metà strada verso casa, Sabato manifesta un problema logistico: oh maronna, e mo’ dove la metto mia figlia, che tiene pure la valigia? Se non avessi già conosciuto sua figlia mi sarei spaventata di più. Iole è una deliziosa ragazzina, socievole, intelligente, simpatica e… fortunatamente magrissima. E così si riparte: valigie, palloni e Iole in braccio a me, su per una strada tortuosa di montagna, per di più sotto la pioggia. Iole, come tutti gli adolescenti, non è ancora attrezzata per stimare il rischio: ignorando di avere la testa quasi attaccata al parabrezza, con tutto il suo entusiasmo giovanile racconta al padre del suo viaggio. Io guardo lo strapiombo giù sotto e di entusiasmo ne ho zero al quoto. La scritta sul muro “Maroni infame” mi sconsola ulteriormente, non perché non comprenda il pensiero che ha mosso la mano di chi l’ha scritta ma perché non vorrei che associassero la mia parlata all’infamia. Ma comunque arriviamo sani e salvi. Un cagnolino da marciapiede si alza a dare il benvenuto. – Che bello, di chi è? – Della signora lì (se riporto questa conversazione, un motivo c’è).

cane signora

Mi presenta tutte le persone che a vario titolo stazionano nella tabaccheria e i suoi bellissimi gatti.

Gatti

E mi presenta Silvana, ufficialmente babysitter, in realtà persona a dir poco preziosa, per quello che fa e per la sua gentilezza. Sabi mi informa che la sera saremo ospiti di una festa di compleanno. – Ma come, non li conosco, non ho niente da portargli! – Non c’è problema, gli ho già detto che c’è un’amica di Milano. E infatti sembrano non badare affatto all’imbucata, anzi, persone deliziose, gentili, interessanti. Ho l’onore di sedere accanto all’ex sindaco di Agerola, grande fonte di informazioni per i monumenti e la storia di Napoli. La pizza peperoni e melanzane è buona ma commetto l’“errore” di dire: mi sarebbe piaciuto assaggiare una margherita, perché a me piace sentire il sapore dell’impasto. Detto fatto, senza ascoltare le mie proteste arriva una margherita nel giro di cinque minuti. E be’, è proprio vero, laggiù la pizza è più buona. Turisti inglesi al tavolo accanto fanno un baccano infernale. Non è una novità: i nordici in Italia riescono in dieci giorni a fare più chiasso di quanto facciano in un anno a casa loro. Che dei napoletani dicano “mamma, che casino che fanno” dà l’idea di come i luoghi comuni siano costantemente da rivedere. L’entrata a luci spente della “nostra” torta li elettrizza ulteriormente. Ma prima della torta, accoppiata tipica di Agerola: provolone del monaco e pere pennate, in frutto e in marmellata (pennate perché l’albero diventa così alto da toccare i tetti). Se andate ad Agerola per affrontare i 12 chilometri del Sentiero degli dei, al ritorno fatevi questo piatto e il mondo vi tornerà a sorridere. Me ne vado a letto per la mia prima notte al Sud. Prima di capitolare al sonno, il Cazzaniga ha il tempo di calcolare quanto ha guadagnato: l’ebbrezza di una guida alla Starsky e Hutch, una moltitudine di gente che mi è stata presentata, una festa a scrocco, un formale invito ad utilizzare la piscina dell’albergo quando voglio: Quando volete venire, la piscina è sempre a vostra disposizione. Più formale di chi ti si rivolge col Voi…

Il giorno dopo parto per Amalfi, ma ho prima il tempo di notare che ad Agerola i cani stazionano nelle piazze, davanti ai negozi e ai bar, liberi. La cosa lì per lì mi infastidisce perché penso a brutte storie di randagismo, ma poi li guardo meglio. Sono belli, ben tenuti, non temono la gente. Non sono cani randagi, sono semplicemente cani con una loro vita sociale.

Cane di Agerola

Ed eccomi ad Amalfi, la città che conoscono tutti nel mondo. E infatti lì pare esserci il mondo. Mi sembra di essere l’unica turista italiana.

duomo di amalfi

Il duomo è bellissimo, due targhe dedicate a Ibsen e Wagner testimoniano l’internazionalità di Amalfi. Ma quanta gente. La mia orsaggine mi fa dirottare verso gli imbarchi, alla ricerca di un po’ di spazio. Macché, tutti vogliono andare dappertutto, proprio come me. Parto alla volta della Grotta dello Smeraldo. Aspetto il mio turno per poter salire sulla barca che naviga l’interno della grotta. Il signore che aiuta le persone a salire a bordo mi chiede da dove vengo. Da Milano. Non so cosa scatti nella sua mente, fatto sta che si mette a urlare nel mezzo della grotta, con tanto di rimbombo ed eco, che c’è una signora di Milano e che bisogna farla salire. Decine di facce di stranieri che non capiscono cosa sia successo si girano verso di me, il barcaiolo torna indietro. Ma no, dico, balbettante di imbarazzo, aspetto. Ma non c’è niente da fare, ed eccomi così a scavalcare i naviganti alla conquista dell’unico posto rimasto. Come è bella questa grotta, che colore strano che ha l’acqua, come vorrei avere una fotocamera più evoluta, ma tutti questi flash non provocheranno dei danni? Riflessioni sullo spettacolo della natura interrotte da quello umano. I barcaioli iniziano a cantare, i russi si sganasciano dalle risate e incitano a passare a Volare. E si passa a Volare. Sto tra il divertito e il perplesso. Mi viene in mente un post di Carlo a cui una turista, in sintesi, dice: non fai il buffone, ma che italiano sei? Ed eccomi di nuovo in mare, Amalfi-Positano.

Positano

Ma quanto è bella Positano. Piove, ma per poco, e io trovo un posto sulla spiaggia dove cacciare i piedi in una sabbia mista ghiaia, finalmente in solitudine. Alla sera conosco Marinella, la moglie di Sabato, che mi ha aperto casa sua senza nemmeno conoscermi. Ed ecco che qui torna il cane della signora. Dico: ah, ma quel cane è fuori anche di sera? Mi ha detto Sabi che è della signora che abita lì. Marinella attacca a ridere: Sì, ma non ti ha detto che la signora è morta. Eggià, penso, conoscendo Sabatì, per lui era un dettaglio trascurabile. Il cane deve aver astutamente sgamato che fingersi triste e derelitto è un eccellente sistema di sopravvivenza: infatti è lievemente obeso.

I giorni a seguire sono il moto perpetuo di chi ha poco tempo e tante cose da vedere. Salgo e scendo da pullman che percorrono la costiera tortuosa e trafficata e da battelli che fanno avanti e indietro con il loro carico di inglesi, russi, asiatici eccetera. A Sorrento riesco finalmente ad intercettare due italiani a cui chiedere informazioni. Mi coinvolgono in una conversazione amichevole e lunghissima, di cui riporto solo due concetti: che nel Sud ci sarebbe bisogno di donne di Milano, organizzate e indipendenti, e che uno dei due signori, quando non ha la stampella, è il sindaco di Sorrento. Non riesco a vedere un reale conflitto tra l’avere una stampella ed esercitare una funzione pubblica ma mi sembra inutile sollevare questioni. Sorrento è molto più grande e meno pittoresca degli altri paesi della costiera. Mi avevano avvertito che forse era meglio dirottare su Ravello ma con tutto il bagaglio di canzoni su Sorrento mi sarebbe rimasto qua non averla vista.
Torno alla tabaccheria di Sabi e gli riporto orgogliosa di aver conosciuto il sindaco di Sorrento, ma quando gli dico della stampella mi risponde che quello non può essere il sindaco. La stessa cosa dice il ristoratore alla sera (il suo ristorante è in un paese che si chiama Furore, ma lui di furioso non ha proprio nulla, anzi. Uno che accetta di far da mangiare solo per te dopo le 10 di sera mi sembra fin troppo ragionevole). Insomma, il problema sembra essere che uno stampellato non può fare il sindaco. Parte la caccia in Internet e si svela il mistero: il sindaco di Sorrento è più giovane e non è portatore di ausili ortopedici. Quei due sorrentini probabilmente mi hanno preso in giro su tutto, ma fa niente, erano troppo simpatici per star lì a guardare il pelo nell’uovo.

Ed ecco che arriva il giorno della grande Napoli. Giungo con quasi un’ora di anticipo, non perché sia partita prima ma perché, come mi informa una ragazza sul pullman, gli orari riportati sono approssimativi. Cazzaniga avrebbe da ridire anche su questo ma poi gli vengono in mente una serie di manchevolezze nei trasporti su nel profondo Nord e pensa che non vi è più bel tacere. Napoli è il punto di incontro per conoscere Carlo Crescitelli/l’antiviaggiatore, che mi ha concesso così tanto del suo tempo in questo blog e si è immediatamente mostrato disponibile a concedermene altro non appena gli ho detto che sarei andata in Campania. Quando ho visto i suoi video ho provato una simpatia immediata per Carlo, che non è mai venuta meno neanche dopo, negli scambi di mail e nella lettura dei suoi reportage di viaggio. Così come per sua moglie Giuliana, che avevo visto immersa in lunga meditazione su un menu in un video girato in Francia. Siamo fortunati quando il caso mette sulla nostra strada delle belle persone, io sono stata fortunata. Questo è il loro pupazzetto di benvenuto, come mi hanno fatto notare, riunisce i simboli di Napoli.

Pulcinella

Hanno passato i giorni precedenti a discutere l’itinerario migliore da farmi fare, considerando il poco tempo a disposizione. Io faccio la parte del barbaro bestione, ammettendo candidamente che la mia formazione culturale sulla città proviene unicamente dalla fiction Un posto al sole. I colti discendenti della Magna Grecia non battono ciglio. La prima tappa è la chiesa del Gesù nuovo. Qui Carlo attira l’attenzione sul bugnato della facciata e sulla leggenda che vuole vi siano incisi dei simboli esoterici. Ci mettiamo tutte e tre a guardare le pietrone sporgenti e, caspita, è vero, ci sono dei simboli incisi! Ma nessuno di noi ha sufficienti conoscenze di esoterismo. Il percorso continua con il monastero di Santa Chiara

Santa Chiara

e il Cristo velato nella Cappella di San Severo. Il chiostro di Santa Chiara, ricoperto dalle ceramiche di Vietri, è meraviglioso. Il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino è ipnotico e commovente, si potrebbe guardarlo per ore.

Usciti dall’arte si entra nella città, a Spaccanapoli.

Spaccanapoli

Resto a parlare con Carlo sotto fasci di pasta e verdure appese, mentre Giuliana entra in una gioielleria. Poco prima mi ha raccontato che il cornetto portafortuna perché svolga appieno la sua funzione uno non se lo deve comprare, o lo ruba (!) o qualcuno glielo deve regalare. Esce dal negozio e mi porge una scatolina. Contiene un cornetto di corallo rosso. Ma quanto può essere amabile una persona che pensa a un gesto così carino?
Si prosegue nell’itinerario e mi faccio l’idea che la coppia Crescitelli si divide i compiti di guide turistiche: a Carlo la storia e l’arte, a Giuliana il cibo. Insieme non sbagliano un colpo. Caffè e paste, piazza del Plebiscito, Maschio Angioino, galleria Umberto I, Castel dell’Ovo, Mergellina, pizza. Foto col Vesuvio alle spalle.

Carlo e Giuliana

Mi vengono in aiuto anche con le sfogliatelle. Ho ricevuto l’ordine di portarle da Napoli e le ricce ok, quelle le riconosco perché le abbiamo anche noi, ma le altre come si chiamano?! Frolle, ecco, appunto, quelle lisce si chiamano frolle. Pasticceria elegante e aroma di dolci, Carlo si gratifica con un limoncello. Arte, cibo e chiacchiere, ma chi ha detto vedi Napoli e poi muori?!

Sul pullman del ritorno,

ritorno da napoli

con il mio paccozzo tiepido di sfogliatelle, ripenso alla giornata. La città è bella, bellissima ma bellissime sono state queste due persone. Non c’è stato un posto di cui Carlo non conoscesse gli aspetti storici e artistici ma è il suo stile di narrazione a rendere tutto più coinvolgente, per non parlare di come ha organizzato un itinerario breve ma ricco dentro a una città che ha così tanto da mostrare. Da dovunque mi stiate leggendo, se volete andare a Napoli cercate Carlo e fatevi guidare da lui!

La sera ancora una cena pagata, ancora persone simpatiche: il papà ostenta una maglietta del Che che testimonia una vita gloriosa quasi quanto quella del Comandante (anche lui, mica una persona qualunque, cercate Flavio Pagano, ha scritto un libro con Cecchi Paone), una mamma emigrata “al contrario” dal Veneto a Napoli, e un bambino con una gran voglia di raccontare. I bambini e gli adolescenti di Agerola non sono mai ingrugniti, non pensano che tutti gli adulti siano dei vecchi rimbambiti.
La mia breve vacanza si conclude con Capri. Le immagini spiegano più delle parole.

Capri

Ormai sono stanca, avrei bisogno di fermarmi un po’ ma come si fa, non vado ad Anacapri? E allora facciamola questa coda per prendere il bus che va su, guardando con malinconia la spiaggetta e il mare lì vicino. Ma chi me lo fa fare? Io vado e mi sbatto lì. No, tu vai su. Il solito dibattito interiore del turista ingordo.

Capri2

E arriva il giorno del ritorno. Sabato trova un mezzo, almeno per me, atipico: un trasportatore di mozzarelle. Alle 5 del mattino salgo sul furgone, in tre davanti e le valigie dietro, insieme alle mozzarelle. Noto quasi con rammarico che alla mia esperienza di trasporti manca un tragitto in tre sul motorino senza casco (e vabbuò, ja, sarà per la prossima volta, mi dico). La sera prima avevo assistito alla calata del cestello dalla finestra. Ma lo fate veramente! mi scappa da dire tutta felice. Perché, voi come fate? chiede seria Iole. Be’, sai, io abito al settimo piano, sarebbe un po’ dura… Iole capisce il problema ma non cosa abbia mai trovato di strano in un cestello calato dalla finestra. È che mi viene in mente Totò, e il Cazzaniga, e i De Filippo e allora ho un’illuminazione: Napoli come New York, ti sembra di stare dentro a un film.
E al mio racconto del viaggio con le mozzarelle, Carlo mi dedica la canzone di Tony Tammaro – Il mozzarellista.

Credo di aver capito. Ogni luogo apre porte diverse per entrare e restare nei tuoi ricordi. Questi posti sono belli, come si potrebbe mai dire il contrario, ma la moltitudine di gente e di negozi li rende un po’ artificiali per essere la mia dimensione ideale, che è quella della natura, degli spazi aperti e degli animali. Però, in quale altro posto ho mai trovato un siffatto paesaggio umano? Questa è stata la porta che la Campania ha aperto per conquistare il Cazzaniga.

Grazie a Sabi, Marinella, Silvana, Iole, Biagio e Antonio per la loro ospitalità. A tutti gli amici di Sabi, compreso il signore delle mozzarelle. A Carlo e a Giuliana: anche se dicono che ad Avellino piove sempre, loro hanno il sole dentro. E grazie anche a quel signore anziano che ha sfidato gli ostacoli della sua incalcolabile età per accompagnarmi al laboratorio di babà al limoncello.