Andar su per Superga

Inizi a vederla da lontano. Di qui le cime alte e bianche, di là le colline di Torino. Ma è quando superi l’ultima curva che appare come la scena d’apertura di un film, o un sipario che si alza di colpo sul palcoscenico. Appare all’improvviso e imponente, perché sorge ancora un poco più in alto della strada. In realtà non è enorme, ma sovrasta.

Superga 1Un gatto nero se ne sta dietro alle panchine occupate dalle persone, amabile e pur così superGamente felino, indifferente al panorama che gli sta alle spalle, più interessato a presidiare l’accesso alla basilica.

Gatto SupergaSeicentosettantadue metri sopra il livello del mare, non molti ma abbastanza per sentire l’aria fredda, molto più fredda di quella della pianura. Monti bianchi a semicerchio, Torino sotto e sentieri intorno.

SupergaSuperga ConventoA Superga si visitano la basilica, le Reali tombe dei Savoia, gli Appartamenti reali e poi c’è la salita alla cupola. Le reali tombe e gli appartamenti si fanno solo con visita guidata, bellissimo per chi le ama, pessimo per chi ne è anarchicamente refrattario. In ogni caso, 45+45 = 90 minuti di freddo intenso, quello delle cripte, quello degli appartamenti. Vietatissimo ovunque fare le foto. Mi parte un flash senza volerlo

Superga Scalonee sono l’unica ripresa in mezzo a tutti gli altri che scattano centinaia di foto di nascosto. Balbetto “un mi scusi, non pensavo che anche la scala…”, lasciamo perdere, questa malasorte da Paperino me la porto dietro fin dai tempi della scuola. Le cripte sono veramente belle. Marmi, ori, statue soavi e commoventi o severe, ricami intessuti nella pietra, sono questi che mi fermo a guardare e riguardare cercando di coglierne il segreto. Vorrei tanto fargli una foto, senza flash naturalmente, ma il Maestro dalla penna rossa, lì, mi tiene d’occhio, perdendosi così l’altra trentina di furbetti. La maestosità che veste il misero destino che ci accomuna tutti non mi impedisce di pensare ai neoborbonici di cui sono venuta di recente a conoscenza: tanti Savoia morti farebbero la loro letizia, probabilmente. Il Maestro riporta la mia mente all’ordine con una storia tanto avvincente quanto poco cristiana e sicuramente per nulla adatta a un santo. Nella seconda metà del 1800 viene emanata la legge sulla soppressione di alcuni ordini religiosi. Don Bosco dirà ai Savoia che ciò non porterà bene alla loro famiglia. Il risultato è che in quella stanza, tra le altre tombe, quattro, tra cui quelle di due bimbetti, sono state occupate nello stesso anno dopo che queste parole vennero pronunciate. Pare la chiamino profezia, io la chiamerei in un altro modo.

In queste cripte si trova anche Vittorio Amedeo II, a cui si deve l’invenzione dei grissini. Da piccolo non poteva digerire la mollica del pane, così il medico di corte chiese al cuoco di poter rimediare in qualche modo. Tira la pasta, tirala ancora, ed ecco i grissini, buoni anche più del pane.

Pochissimi minuti di aria, un’occhiata al chiostro

Superga Chiostroe poi via, si riprende con gli appartamenti. Le stanze non sono molte e di non molto pregio. Bei quadri, bei mobili, ma non eccezionali. Interessante ritrovare anche qui, come nel duomo di Avellino, il più economico legno lavorato a mo’ di marmo. Non so come facessero, ma se non ci fosse qualcuno a dirlo o se non si appoggiasse la mano trovando con sorpresa un certo calore anziché il freddo della pietra, davvero non ci si accorgerebbe della differenza.
Nell’ultima stanza il gelo si intensifica appena varcata la porta. Chi è più fantasioso e non imputa la causa a mere logiche tecniche tipo la mancata esposizione al sole o che altro, può immaginare che sia il soffio ghiacciato di un fantasma sabaudo che ti passa accanto, fiero e seccato di quell’intrusione di visitatori che battono i piedi per ritrovare un po’ di sensibilità, giusto quel poco che basta a reggersi ancora in posizione eretta. Io vacillo, ma anche il Maestro dalla penna rossa cede sotto una domanda inaspettata: come mai le porte sono fatte così? Sembra balbettare come me prima davanti allo scalone, pare voler ribattere: ma che saran domande da fare queste? Invece imbastisce seduta stante una spiegazione. Sbagliata, signor Maestro. Potrei innescare una diatriba tra penne rosse, anche io lavoro col rosso, sa? E sa che i suoi colleghi hanno dato un’altra risposta, più plausibile, alla stessa domanda? Piccola vendetta lombarda contro il savoiardo senza zucchero. Ma no, queste persone (e spero proprio non siano volontari come hanno detto) sono davvero brave.
Visita finita, mi giro verso la stanza e chissà che qualche Vittorio Emanuele o Francesco non abbia ricambiato il mio saluto.

Il tempo rimasto è poco, verrebbe voglia di godersi questo imbrunire dall’alto,

Torino Serafermarsi a guardare il grande fiume che intesse la città, ma si deve volare su alla cupola. 131 scalini, se ricordo bene, che si rincorrono stretti in una chiocciola sempre più stretta, volare si fa per dire dunque, ché anche a un piccione verrebbe un gran giramento di testa. Belli i campanili quasi a portata di mano.

Superga CampanileBelle le montagne che permettono di vedere ancora un po’ di neve bianca nel cielo già quasi del tutto nero. Bella Torino giù sotto con le sue luci, anche quelle che affiancano il Po che ormai non si vede più, quasi come una pista aerea.

Torino da SupergaSuperga PiazzaleSuperga Notte