Nella mente dell’uomo che creò Blade Runner

Blade Runner è un film che da molto tempo giace in file sul mio computer. Appartiene a quel mondo di cose che potresti rivivere se non fosse che hai paura che tirandole fuori dallo scatolone perdano la magia del ricordo. I capi classici vanno bene ad ogni stagione, le emozioni no.
Per me Blade Runner è sempre stato il film + il robot umano + Harrison Ford. Non amando la fantascienza, non mi sono neanche mai posta la domanda se fosse stato tratto da un libro. Quindi, ora so che è stato tratto da Il cacciatore di androidi (Do Androids Dream of Electric Sheep?) di Philip K. Dick. Ma questo libro, malgrado il titolo, non parla della genesi del romanzo e non è nemmeno una biografia in senso stretto, non contiene infatti date e bibliografia. Blade Runner 1971: il prequel sgorga dalla corrente ininterrotta dei ricordi di Tessa B. Dick, una delle tante mogli dello scrittore, ne deduco l’ultima ufficialmente riconosciuta come tale. Si ha la sensazione di una persona che abbia scritto ad occhi chiusi, concentrata a memorizzare non solo i fatti ma anche i particolari, come il colore di un divano. La forma è infatti discontinua, passando dalla seconda persona alla terza col nome Tessa e qui e là c’è qualche ripetizione dello stesso avvenimento. Uno stile talvolta un poco disorientante per il lettore, che ne resta però catturato come se stesse vivendo accanto a loro, o solo a lei, i momenti narrati. L’atmosfera creata dall’incipit «Accomodatevi sulla sedia di Philip K. Dick, o sul lato opposto del tavolo, e godetevi la conversazione» permane fino alla fine del racconto.
A livello emotivo, questo libro non è per nulla facile da vivere. Paranoia “congenita” o indotta da droghe e alcol crea uno stato di turbamento quasi continuo, ulteriormente amplificato dal comprensibile dramma di uno scrittore che potrebbe avere una vita più che agiata grazie al suo lavoro e che si ritrova invece in gravi difficoltà economiche. Unica consolazione, una schiera di buoni amici con cui condividere musica e conversazioni. Ma forse il tema più angosciante è il pensiero che anche le democrazie consolidate come quella americana possono aprire nella loro storia enormi squarci di soprusi alle libertà individuali. L’ossessione di Dick di essere spiato in casa e pedinato fuori da parte della Cia potrebbe essere inquadrata come una sua mera paranoia o passare sotto le spesso esagerate teorie del complotto, se non fosse che chi ha anche solo una minima conoscenza del maccartismo sa delle brutture che ha generato e che non è morto definitivamente alla fine degli anni ’50. Per altri motivi, sotto altri nomi e, si spera, in altre forme si è ripresentato, e magari anche nel più recente Patriot Act. Uno Stato sul piede di guerra contro i suoi cittadini… c’è da non dormirci la notte.

Il Prequel appartiene alla categoria di libri che sogni di leggere con attaccato a un orecchio quei cartellini che si mettono alle porte degli alberghi: Non disturbare. Dobbiamo quindi rallegrarci della conoscenza virtuale tra Tessa B. Dick e Dario Rivarossa che ha tradotto il libro, permettendoci così di entrare nella casa e nella mente di uno scrittore.

Blade Runner 1971: il prequel
di Tessa B. Dick
Traduzione di Dario Rivarossa
Il Terebinto Edizioni