Una band italiana tra le misteriose nebbie di Dublino

Jimmy Page ha una chitarra doppia. Sbruffone. Eric Clapton infila la sigaretta tra le corde della chitarra, disgraziato!, io la mia chitarra che imbraccio e abbraccio, che mi porto sempre in giro come una parte di me, non rischierei di farla finire in cenere. Jeff Beck è Jeff Beck. Anche Joe Cocker è Joe Cocker: braccia in avanti, mani verso il basso, dondolio scimmiesco. E la voce che ti entra dentro non in uno squarcio ma come un’entità invisibile, voce da possessione.
– Lo sto leggendo.
– Ah, ok. Come ti sembra?
– Bello, ma continui a mettere le virgole a c#@#
Ride.

Un attacco un po’ delirante questo post, che mischia mie visioni e riflessioni con conversazioni reali. C’è anche l’entità. È in fondo quello che accade tutti i giorni: i voli della nostra mente che entrano nel concreto, o viceversa. Musica mentre di Carlo Crescitelli è un po’ questo amalgama di strade vere battute con scarpe vere ma dove i passi che risuonano non sono i tuoi, ed è inutile che ti giri a guardare, tanto non vedrai nessuno; di note udibili che escono da strumenti musicali amati e strapazzati e conversazioni udibili solo telepaticamente. E l’entità è il Caos, quello che spariglia le carte a cui inutilmente cerchiamo di dare un ordine, che però ha il nome di una persona vera che col caos della sua mente ha segnato un pezzo della storia della musica rock.

Tra fumo che sa di erba e fumi di nebbia emerge Dublino, che possiamo vedere anche se non la conosciamo, guidati tra ponti sul fiume Liffey ed edifici fatiscenti venduti al prezzo di regge, tra il cibo che abbiamo conosciuto in qualche altra parte del Regno Unito ma che muove gli stessi sentimenti: o te ne ritrai o è talmente buonissimamente malsano da farci un’abbuffata come moto di ribellione.

In questa «Dublino segreta» arrivano quattro musicisti che si tengono insieme come i passati che hanno vissuto, cioè non si tengono insieme, stanno insieme e basta perché sono una band. È il futuro che li aspetta dietro l’angolo che li tiene insieme, e devono per forza sorreggersi l’un l’altro perché la missione è ardua: esibirsi al posto dei Genesis.

Quattro scappati di casa (tre uomini e una donna) diversi in tutto, che neanche si ricordano i loro nomi, che devono arrivare alla sera del loro destino. E noi con loro, tra monologhi, riflessioni («…noi, noi non eravamo né abbastanza grandi da essere hippies come loro, né abbastanza piccoli da essere loro figli.»), conversazioni mute, racconti che emergono dal passato, sbronze, fumate, suoni, in un alternarsi di umorismo («… si era messo in fila in piazza per leccare il dorso di un rospo allucinogeno. Ma quando finalmente arrivò il suo turno, i rospi erano finiti, e così se n’era andato in giro a leccarsi, con poca soddisfazione, il primo rospo comune che era riuscito a recuperare in giro. E naturalmente si era sentito di merda…») e tristezza, di scrittura alta e di concessioni al volgare. Con la magia che incombe, quella a cui riusciamo a dare un nome e quindi fa un po’ meno paura, come un bastone da anziano trasformato in uno scettro da stregone o una cartomante di strada, e quella che invece ci spaventa perché invisibile, incontrollabile.

Il “mentre” del titolo è ciò che accadeva mentre la pandemia imperversava e poi dopo, i tentativi di riprendere quanto era stato interrotto.
Mesi in cui siamo dapprima rimasti immobili, atterriti, e poi immobilizzati dallo stato di paura prolungata, la porta era aperta, il sole filtrava ma non osavamo ancora. E poi siamo usciti, ciechi come delle talpe, a esplorare a tentoni il nuovo mondo. Mentre tutti facevamo del nostro meglio per riequilibrarci, Carlo Crescitelli scriveva questo libro che riannoda i progetti spezzati con vecchie passioni.
È un testo molto teatrale in cui le virgole sopra citate sono solo frutto della mia pedanteria. E probabilmente non è solo un’opinione personale visto che alla fine del libro possiamo dilettarci con la lista dei luoghi e degli oufit e con le citazioni musicali che compongono una colonna sonora di tutto rispetto.

Carlo Crescitelli,
Musica mentre. Favola rock a Dublino
pp. 270, in vendita su Amazon

E se diventassimo “troppo” ecologisti?

Mentre l’umanità si spacca in due tra chi corre contro il tempo per salvare il pianeta e chi, ottusamente, continua a ignorare i cambiamenti climatici, Carlo Crescitelli immagina un terzo futuro che si sottrae a entrambe le visioni, dove la Terra ha ancora i suoi luoghi estremi, il solitario Artico e l’affollata metropolitana di Roma e, quasi come un nodo che tiene insieme le due distanze, la montagna irpina. Un pianeta che esiste ancora nelle sue parti stabili ma che, fuori da ogni previsione, sembra aver scatenato le sue creature alla vendetta. Organizzate in sciami e branchi, stanno per prendere il sopravvento sull’uomo. Il compito di riportare ordine in questo nuovo stato di caos e impedire nuove catastrofi (ci riusciranno?) è affidato a cinque supereroine, diversissime fra loro, che si muovono tra strategie militari, l’ombra dei poteri forti e i mutamenti aberranti di tutti gli esseri viventi, umani e non.
A.T. Allarme Terra è un’avventura ironica e fantasiosa dove però non viene meno la riflessione sull’epoca che stiamo vivendo, un libro che corre in un viaggio allucinato tra luoghi fisici e stati mentali. Per prendere respiro ci sono le belle tavole in bianco/nero dell’illustratore cagliaritano Lorenzo Uccheddu.

A.T. Allarme Terra
di Carlo Crescitelli,
AltroMondo editore (Caldogno-VI)
13 tavole b/n
In vendita in libreria e sui siti: www.altromondoeditore.com www.cinquantuno.it

 

12 rotte da Avellino

Storie di immigrazione, di futuri inquietanti e di passati leggendari, di scienza impazzita, triviali pensieri d’ufficio, serial killer fuori controllo e persino una storia d’amore. Dodici racconti diversi scritti in epoche e stili diversi.

Ad aprire, inframmezzare e chiudere le storie piccoli teatrini da Essi inscenati a beneficio del lettore, o per divertirlo o per spiegargli la genesi del racconto. Essi – maiuscolo – è come It, qualcosa di neutro e informe (o dalle mille forme). Il corpo Carlo Crescitelli ci presenta l’antiviaggiatore come un suo alter ego, un vestito che si mette solo per l’occasione, riconoscendogli una certa superiorità ma trattandolo come altro da lui.

Ma forse non ha ancora capito come stanno le cose. Perché queste storie sono diverse, a legarle tutte però è un unico tema: il viaggio. Reale o immaginario, angosciante o surreale, in un luogo fisico o un trip allucinato nella mente umana.

Si rassegni dunque Carlo Crescitelli, l’antiviaggiatore è improiettabile all’esterno, non è una sgangherata pellicola su vhs né l’ombra che lo accompagna o la figura nello specchio. Egli è dentro di lui da sempre, forse da ancor prima che Lui/Egli gli desse un nome. Sdoppiamento o possessione che sia, A spasso con l’antiviaggiatore assolve la funzione della narrativa, sussurrando all’orecchio del lettore: vieni via con me.

Segnalo per originalità Il circo delle profondità, per perizia di scrittura Traffico atlantico perturbato e Moon (ambientato in una Torino oscura e carica di pioggia, probabilmente sarebbe piaciuto anche a Fruttero e Lucentini). Potere all’immaginazione, in cui torna l’incubo che ci ha segnato tutti e ha segnato un solco tra prima e dopo 1984 di Orwell.

A spasso con l’antiviaggiatore
di Carlo Crescitelli
Il Terebinto Edizioni

Laboratorio di scrittura… creativa? Un reportage

A volte mi sono chiesta, o mi hanno chiesto, che cosa pensassi dei corsi di scrittura creativa. La risposta non è mai stata tra le più entusiaste. La ragione principale è perché penso che il talento è qualcosa di innato, che non si apprende e non si insegna. Il secondo motivo è che applicare la tecnica alla sfera creativa sia in un certo senso rischioso. Si potrebbe generare omologazione. Ma d’altra parte è anche vero che può esserci il talento delle idee ma non la sapienza nell’esprimerle, e comunque rigettare a priori un’esperienza è abbastanza stupido, considerando poi che questi laboratori riscuotono un grande successo. Così, quando Carlo mi ha detto che stava accingendosi a frequentarne uno, per l’esattezza uno di lettura e scrittura, gli ho subito detto: «Fammi sapere!» L’inviato da Avellino non ha disatteso le mie richieste e, a corso finito e pizza mangiata (che a leggere quello che ha combinato ci si stupisce che l’abbiano invitato), mi ha inviato il seguente reportage.

Angolo delle StorieCara Elena,

Non ho dimenticato le tue curiosità circa il laboratorio di scrittura “Parole tra noi leggere”, la cui seconda edizione ho appena terminato di frequentare. E passo quindi ora a raccontarne, come da te gentilmente richiesto, qui sul tuo blog.

Come ti dicevo, eravamo alla seconda edizione – io alla prima ancora non c’ero – ed ho subito apprezzato il fatto che non si sarebbe trattato di scrittura “creativa”; che se ci pensi bene è una faccenda un po’ pleonastica, per non dire per radical chic. Altro che creatività a merenda, qui sulla pagina, e sulle tecniche per produrla come si deve, si sudava eccome: tanto per incominciare, letture di classici di riferimento. Perché se vuoi scrivere bene, devi per forza conoscere chi e come lo ha fatto assai prima e assai meglio di te. Perciò allora vai con Virginia Woolf, Ernest Hemingway, Edgar Allan Poe, Raymond Carver, Daniele del Giudice, William Faulkner e non so se mi spiego, io mica li avevo mai letti, tanti di questi, e la classe si vede. Anche quella degli scrittori che sono stati nostri graditissimi ospiti in carne e penna per due interessanti pomeriggi di domande a tutto spiano: Franco Festa e Matilde Iaccarino.

Le loro testimonianze, attraverso le quali ci hanno gentilmente concesso di rubargli un po’ di ferri e segreti del mestiere, sono state per noi preziose; così come quelle elargiteci lezione per lezione da una delle due insegnanti, la scrittrice Emilia Bersabea Cirillo, di cui sono sicuro non vorrai perderti l’ultimo splendido noir, Non smetto di avere freddo, appena uscito per L’Iguana Editrice.

Emilia Bersabea Cirillo

Emilia Bersabea Cirillo

L’altra insegnante, la bravissima Anna Catapano, viene invece – oltre che dal Piemonte che è già una cosa singolare e speciale qui da queste parti – da una pluriennale esperienza di comunicazione e pubbliche relazioni maturata in ambiti istituzionali. E di tale suo vissuto personale ci ha trasferito la estrema cura per il dettaglio e la strumentazione logica e  lessicale indispensabile in un bagaglio espressivo che voglia essere quantomeno dignitoso: analisi dei personaggi, costruzione delle trame, sviluppo narrativo in prima, seconda e terza persona singolari e plurali, differenti punti di vista del narratore, tipologie di incipit, dosaggi di climax, fasi di revisione del testo, variazioni e sfumature di tono, stile e genere eccetera.

Anna Catapano, Matilde Iaccarino, Emilia Bersabea Cirillo

Anna Catapano, Matilde Iaccarino, Emilia Bersabea Cirillo

Insomma tutto quello che trasforma un mediocre testo partorito di getto – sempre diffidare di chi pubblica quello che scrive di getto, non è quasi mai presentabile – in un prodotto rispettoso del lettore e degli obiettivi che l’autore si è proposto.

Ebbene sì, lo ammetto, come mio solito ho dato un po’ di fastidio. Ma cosa vuoi, ero là come premiato del concorso scaturito dal laboratorio dello scorso anno, ed è stata evidentemente sottovalutata la mia inadeguatezza al contesto. Non quella autoriale, no, parlo di quella personale, tu mi conosci… e così la docenza e la classe si è dovuta sorbire la mia cronica  deficienza di quaderni – scusa, Emilia! – ed il mio conseguente scribacchiare su spiegazzati pizzini tirati fuori di tasca al momento, manco fossi un picciotto di cosa nostra, il rumoroso tamburellare della mia penna sul tavolo – vero, Lidia? – le mie bifolche citazioni di fantasy e horror, le mie stupide battute a sproposito e la mia molesta presenza in genere. Ce l’hanno fatta, però, a sopportarmi, e soltanto per questo un bel premio lo darei io a tutti loro.

Anna e Carlo

Anna e Carlo

Intanto però, nonostante la mia ciucciaggine e monelleria da terza età, qualcosina alla fine l’ho assimilata e messa a frutto anch’io; per esempio come e perché non si usano i punti esclamativi e i puntini sospensivi che prima mi piacevano tanto, o come star zitto e lasciare il foglio in bianco se hai poco o nulla da dire, anche se questo io continuo a trovarlo difficile. Un’altra cosa bella, anzi bellissima, è stato lo scambio quasi quotidiano con gli altri corsisti dei nostri testi scritti per esercizio.

InsiemeAprire la posta elettronica in queste settimane non è mai stato tanto bello ed entusiasmante, pochi attimi ed entravi subito nei mille loro mondi interiori: l’elegante, stiloso Sud America bohémien di Giovanni, i compassati e al tempo stesso arguti salotti di Marta, i simpatici, scanzonati e generosi antieroi di Antonio, le riflessive e sagge bimbe di Mafalda, le determinate donne in carriera di Maria Paola, le melanconiche eppur imprevedibili figure di Antonella, le sagge e navigate alter ego di Lidia (stupefacente seconda piemontese in aula), le deliziose damine d’antan di Mariella e Rossella (che si vede anche quando scrivono che sono sorelle), e a questo punto non vorrei proprio aver dimenticato nessuno o nessuna, ma credimi, la sbornia di storie e di vite era incredibile, tanto che non mi sembrava vero di poterle vivere tutte assieme contemporaneamente!

Insieme 2Spero a loro siano ugualmente piaciuti i miei topi da ufficio ed i miei mostri alieni, così lontani da tutto il resto, proprio come le loro creature letterarie dalle mie… ecco, ho di nuovo usato punto esclamativo e puntini di sospensione, e lo vedi allora che mi devo impegnare di più?

Così, da un intreccio narrativo nato lì per lì con l’assegnazione di una vecchia foto cui ispirarsi, all’analisi della musicalità e dell’impatto emotivo di singole lettere e frasi, al calarsi di volta in volta in diversi generi letterari – se non addirittura in panni e penna di scrittori famosi, per tentare di riprodurre il caratteristico stile di ognuno – siamo arrivati quasi senza accorgercene all’ultima lezione e all’appuntamento con la pizza di fine stagione. Già con la mente al prossimo anno per il prosieguo di questo affascinante percorso, che, partito non a caso dal  nostro Angolo delle Storie preferito (thè, succhi di frutta e biscotti inclusi: uè saluti e grazie anche a te, Consiglia!) ci porterà… ci porterà… ci porterà! Arrivederci in autunno punto esclamativo, che frattanto di questi vizi interpunzionali avrò tutto il tempo di liberarmi durante l’estate.

Ciao e scrivete scrivete scrivete che non è mai tempo perso

Carlo Crescitelli

 

 

Viaggio tra la “Terra di mezzo” e il mare

È un viaggio che inizia per me in modo anomalo: con un autoinvito. Ma se Carlo e la sua famiglia non fossero persone così socievoli non avrei derogato alla mia solita riservatezza: per cui mi assumo la colpa di tanta sfacciataggine solo a metà. Carlo è Carlo Crescitelli/l’antiviaggiatore.
L’itinerario si forma con uno scambio di lunghe mail, che inizia con il mio saltare di palo in frasca, dovuto a un’evidente dissociazione geografica, riportato di volta in volta cortesemente su binari che corrono quantomeno paralleli da Carlo. E alla fine assume una sua logica. Un percorso ragionato, che però non manca di prevedere i fondamentali momenti “vuoti”, da riempire con l’incognita o con chiacchiere in relax.
Incominciato un po’ affannosamente con una corsa su per gli interminabili tapis roulant della Centrale di Milano, il viaggio ha da subito preso un’aurea di perfezione, non quella noiosetta di un cubo le cui facce non diventeranno mai sette o cinque, quanto piuttosto quella armonica di un quadro di Raffaello. E così il bagaglio del ritorno è decisamente più pesante di quello dell’andata: luoghi, persone, foto, sensazioni, conoscenza (senza contare gli omaggi mangerecci dei Crescitelli). Credo che ogni singola cosa di tanta abbondanza, comprese le consulenze linguistiche di Carlo, le magre figure della sottoscritta dovute ad alcune differenze di espressione e persino il fatto di aver sfiorato un incidente diplomatico, meritino il loro giusto risalto. Ma, soprattutto, penso che il racconto di questo tour possa tornare utile a chi deciderà di visitare mete che, pur non vedendo mai il turismo d’assalto, “nascondono” perle e smeraldi. E così sarà un post a sezioni, da usare come una scatola di Quality Street: abbuffarsi di tutto o spiluccare qua e là.

Il mio ospite e l’Irpinia che cresce 
Avellino, una città da scoprire
Procida, l’isola dei destini incrociati
La Reggia di Caserta
Napoli, catacombe, zolfo e diaboliche tv-dipendenze
Aeclanum
Ariano Irpino, Taurasi, Grottolella, Altavilla Irpina
Consigli pratici (Letture, Link)
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