Da Gazzada a Stupinigi passando per Verdi

Negli ultimi mesi il quotidiano si è un po’ fagocitato i miei viaggi fisici e virtuali, così giacevano ancora lì tra macchina e smartphone le cose viste negli ultimi tempi. Ultimi tempi si fa per dire, è tornata l’ora legale (o solare, boh, non ci ho mai capito un granché) e io riporto indietro non le lancette ma addirittura il calendario. Diciamo al periodo natalizio. Al periodo natalizio?! Sì, al periodo quello lì, ok? Tanto l’Italia è sempre qua, bella e contraddittoria, e fuori dal tempo.

Il presepe di Gazzada Schianno

A me piacciono i presepi ma Milano e i presepi non vanno tanto d’accordo. O sono quelli di arte contemporanea (quella è la Natività. Ah, sì, adesso che me lo fai notare…) o sono celati alla vista dai pannelli dello sponsor di turno o c’è quello artistico del Londonio alla chiesa di San Marco, che è sempre lì ma spento anche a Natale e se lo vuoi vedere devi infilarci la monetina. Resiste ad oltranza bello e complesso nella sua tradizionale forma quello di Baggio. Insomma, qui non c’è mica tempo da perdere a montare statuine. E così via, alla ricerca di un vero presepe. Approdo a Gazzada-Schianno-Morazzone, la stazione FS che ha riunito tre comuni in provincia di Varese. Chiedo indicazioni a due signore, una non sa che ci fosse il presepe, ma come non lo sai? risponde l’amica con un filo di indignazione. Parte lo spiegone, l’altra prende atto della sua ignoranza, si ripromette di rimediare e io aspetto paziente. Imboccata la strada vedo quello che tristemente si sta perpetuando negli ultimi anni: capannoni vuoti che parlano di tempi migliori. La scritta ItaloCremona mi muove qualcosa dentro, qualcosa di tenero che mi riporta all’infanzia. Ed ecco che la luce si accende: era l’azienda che faceva giocattoli e bambole quando ero piccola. Chissà se c’è ancora, chissà dove è finita, comunque lì non c’è più. Proseguo e divertente “salta fuori” tridimensionale da un altro capannone, questo almeno ancora attivo.

Gazzada 1Strade quasi deserte, dove marciapiedi e piste ciclabili vivono e muoiono all’improvviso come messe lì per fare giusto un favore. Belle ville celate da siepi di bacche rosse, montagne all’orizzonte, indicazioni di sentieri naturalistici. Qualche amenità.

Gazzada 2La strada grande si dilegua in piccole vie di paese, c’è tanto legno e piccoli negozi, un’immagine di prima montagna, è tutto molto lontano dalla città anche se i treni per Milano che vanno e vengono ogni mezz’ora dicono che qui saranno rimasti in pochi a spenderci tutta la giornata.

Gazzada 9Natura svenduta a un progresso che sembrava per sempre e invece se n’è andato come le bambole. Non sarà una mia idea peregrina, troverò un cartello di protesta contro l’ennesima edificazione di suolo. Ma ecco finalmente il presepe. Un vero, autentico presepe con la finzione della notte e del giorno, acqua scrosciante, suoni di belati e musiche discrete di sottofondo. Sono così commossa che non riesco bene a capire cosa sto cercando che non trovo finché una signora mi sussurra: scusi, lei riesce a vedere il Bambino, la Madonna e San Giuseppe? Ecco cosa sto cercando! No, signora, stavo guardando anch’io ma non riesco a vederlo. Mio marito mi ha detto che sono io che non ci vedo niente. Deve esserci per forza, adesso lo cerco. Aguzzo gli occhi, cerco un filo logico da seguire nell’architettura della rappresentazione, la cometa torna a passare. Aspetti, ora quando torna la luce si vedrà meglio. Per me è ormai è diventata una questione di cortesia per la sua stampella e di solidarietà femminile per quello zuccone di marito che avrà a casa. Eccoli lì! La voce mi esce sommessa come un belato. Tre figurinette defilate. La signora mugugna che li hanno messi male e io concordo. Ma per tutto il resto ne valeva la pena.

Presepio Gazzada 5Presepio Gazzada 6Presepio Gazzada 7Presepio Gazzada  8Ora si tratta di trovare qualcosa da mangiare e sembra più arduo che trovare la Natività. Quando sono quasi ormai rassegnata a riportare lo stomaco vuoto a Milano, ecco che magica si staglia all’orizzonte.

Gazzada 3Fuori il nulla, il dentro sembra raccogliere tutta GazzadaSchiannoMorazzone. Tavoli affollati di uomini che giocano a carte, alle pareti disegni di mare avulsi dal contesto e dialetto urlato. Un misto di milanese e brianzolo, tanto vi capisco. Su tutto il vago odore di patatine stantie in sacchetti, una fragranza che sembra comune a qualunque osteria d’Italia. Guardo con invidia la pista da bocce. Deve essere un po’ più umano invecchiare col porto sicuro del Bar La Speranza a disposizione.

Casa di riposo per musicisti Verdi

Giuseppe Verdi è uno di quei personaggi che ti fanno alzare la testa per orgoglio e il braccio per fare il gesto dell’ombrello a chiunque stia al di là delle Alpi. Il problema sorge quando lo paragoni a quelli che stanno ora al di qua, nella fattispecie quando senti narrare che era uomo generoso, che pensava di non aver bisogno di tutta quella ricchezza. I contadini dei suoi poderi potevano farsi male e l’ospedale era troppo lontano, e quindi gliene ha fatto uno. Se c’era qualche giovane artista sconosciuto lui gli comprava le opere per aiutarlo. E poi questa casa di riposo, per quei musicisti «che non sono stati fortunati come me». Io fuori ci passo spessissimo e li sento cantare e suonare, non necessariamente la stessa cosa in armonia e questo strappa un sorriso. È bello sapere che possono continuare a farlo.

Verdi 1Verdi 6Verdi 7Il pianoforte di Giuseppe Verdi, che non è mai più stato accordato perché per rispetto al Maestro nessuno l’ha più suonato

Piano VerdiLa cripta, dove riposa con la moglie Giuseppina Strepponi

Verdi 12Verdi 9Verdi 10Verdi 11Stupinigi

Stupinigi è un colpo d’occhio che si apre bello e proporzionato, libero da orpelli fuori squadra. Ai due lati muri antichi e ben tenuti. Insegne in stile e parole “antiche” come Podere.

Stupinigi 1Stupinigi 2Stupinigi 3Stupinigi 4Quello che campeggia sopra è un cervo, perché ufficialmente questa è la Residenza sabauda per la caccia e le feste. Sfarzo per le feste, quadri e statue per la caccia.

Stupinigi 5Tra tanta magnificenza a chi come me ritiene la caccia un osceno retaggio del passato, verrà inevitabile pensare a urla e sangue inscenati come divertimento, per rafforzare legami e discutere di politica, magari una politica che prevedeva altro sangue, questa volta umano. E su questo versante almeno non possiamo che dirci fortunati di essere in quest’epoca. Ma mentre sbircio dalle finestre il parco intorno, purtroppo in quel giorno non accessibile, sento un senso di perdita. Io non so se qui i cervi fossero autoctoni o importati a uso e consumo del sollazzo sabaudo, certo è che li avevano a pochi chilometri da casa. Penso agli stambecchi che mi tolsero il fiato in Val d’Aosta caracollare giù da lastroni di roccia liscia, indifferenti alla forza di gravità, alla marmotta appena intravista, alle infruttuose camminate in Abruzzo alla ricerca dell’orso marsicano, ai miei occhi ancora più lacrimosi dei loro davanti alle foche delle Shetland. Ho dovuto percorrere chilometri con tutti i mezzi e a piedi per riuscire a trovare una natura lasciata al suo posto. Siamo stati defraudati e a chi verrà poi mancherà sempre ancora qualcosa in più.

Stupinigi 6Stupinigi 7Non possono certo mancare i quadri di famiglia, ma attenzione all’inganno

Stupinigi 8questa non è una bimba, bensì Vittorio Amedeo Teodoro duca d’Aosta (1723-1725), vestito in abiti da bambina come si usava all’epoca.

Stupinigi 10 Stupinigi 9Stupinigi 11E ancora a me gli occhi, please, questa sala da ballo è un trionfo di trompe-l’oeil, le scanalature delle colonne non sono vere, sono disegnate come tanti altri particolari.

Stupinigi 15 Stupinigi 12 Stupinigi 13 Stupinigi 14Stupinigi 23 Stupinigi 16

Stupinigi 17

Stupinigi 19Stupinigi 18Stupinigi 20Stupinigi 21Stupinigi 22La Sala da gioco

Stupinigi 24Stupinigi 25Stupinigi 26Stupinigi 27Di autoctono certo ci sono le persone intorno, come si chiameranno gli abitanti di Stupinigi? Con questo toponimo basta un niente per offendere qualcuno. Con la signora del negozio volendo potremmo sederci e conversare fino a sera. Alla sera penserò a lei quando un gianduiotto (Streglio, cioccolato dal 1924) cacciato in bocca come qualunque altro si trasforma in un trip di degustazione, gusto, retrogusto e tutto l’armamentario compreso. Il signore del bar è un allegro stordito talmente desideroso di fare lo splendido con tutti che è capace di rifarlo con la stessa persona senza accorgersene. Due tè a tre euro, ci guardiamo di sottecchi, paghiamo e fuggiamo prima che si accorga dell’errore. Macché, questa non è Milano, con tre euro puoi passarci tutto il pomeriggio, cabaret compreso.