“The Young Pope” per vie traverse

Premessa: non ho visto The Young Pope di Paolo Sorrentino e nemmeno ne ho sentito parlare molto. Ho letto solo una recensione, di cui peraltro ricordo solamente l’affermazione che è una serie più a misura di pubblico americano. La mia unica fonte dunque rimane l’amico Carlo di eccentricherotte, che dopo avermi illuminato telefonicamente mi ha coinvolto nel suo post. Credo che a tanta passione vada data udienza, anche perché la “ciccia” di pensieri c’è. Da come lo presenta, The Young Pope mi dà l’impressione di essere un po’ contraddittorio.
Vediamo. Tornare all’ortodossia sarebbe un suicidio per un’istituzione che già non si trova a navigare in ottime acque, ove per ortodossia si intende anche (cito) «adozione di estetiche retro: paludamenti, stile, convenienze e protocolli d’antan atti a suscitare timori reverenziali e rispetto». Un concetto che avrebbe poco senso già calato nel mondo occidentale sempre più laicizzato ma anche, ahimè, schizofrenico: da una parte si rigetta Dio e la religione, dall’altra si cercano nuovi dei, quando va bene in teorie ridicole, quando va male in quelle pericolose. Ma il buon Sorrentino sembrerebbe ignorare la “dicitura” completa di Chiesa: Chiesa cattolica universale. Quindi usciamo dall’Occidente, dagli Stati Uniti e dall’Europa intera per guardare al resto del mondo, cioè quello che fa la Chiesa. Avrebbe un qualche senso in altri continenti un ritorno a un qualcosa che loro non hanno mai vissuto? Poi c’è (cito) «…Distanza e assenza ostentate e ragionate in ottica promozionale e pubblicitaria», il Papa si ritira, si allontana e si rende invisibile.
Tutto questo ha un fine, ritornare al messaggio di Cristo, riportare le persone al messaggio di Cristo ma non con un paziente coinvolgimento evangelico bensì con una sorta di scrematura: la fede non è per tutti, e dunque io mi paludo, io scandalizzo, io faccio riflettere, io accuso e se tu capisci è perché puoi entrare nel mondo della fede, se ti ritrai è perché non meriti il dono della fede.
E qui c’è la contraddizione: questo non è Gesù, che non si è mai nascosto e non ha mai dettato né sfarzi né paludamenti.
Carlo chiude rivolgendosi al mondo cattolico: «Personalmente, credo che pochi prodotti cinematografici e televisivi possano essere di guida e conforto agli stessi religiosi più di questo, che invece viene in ambito ecclesiastico da molti bollato come inadeguato e vagamente blasfemo». A me è sembrato invece di cogliere una certa indifferenza. Se avessero giudicato il film pericoloso, avrebbero messo in campo penne e lingue affilate, che certo non difettano nei media cattolici. Basti pensare al polverone sollevato per il Codice da Vinci, avvincente certo, ma come una storia all’Indiana Jones e mediocre a livello di scrittura eppur evidentemente (fra)inteso come portatore di idee dannose. Se, al contrario, fosse stato un bel film sul piano morale e/o storico, non avrebbero esitato a esaltarlo.
L’idea quindi che mi sono fatta, e che ha un valore del tutto superficiale considerando appunto che non l’ho visto, è che sia un esercizio cinematografico. Probabilmente eccezionale per gli amanti di Sorrentino, forse orribile a priori per i suoi detrattori. Certo è che un’opera per essere tale deve essere anche lei un po’ universale. Vedremo.