La mostra A Visual Protest, Banksy sbanca

Mi è bastato un unico disegno per restare folgorata da Banksy. Non potevo quindi mancare questa mostra al Mudec.

Perdo un po’ la strada, poco male, c’è sempre qualcosa di interessante da vedere.

Perché Ermenegildo Zegna abbia voluto questo cane di pietra nella sede dei suoi uffici di via Savona non lo so, ma mi piace molto. Credo che chi l’ha fatto abbia un cane perché queste creature si mettono proprio così quando sono stanchi di correre, o stanchi di stare ad ascoltare le nostre baggianate.
Via Stendhal, non è che ci penso, sarà ovviamente “quello lì” de Il rosso e il nero. Ma poi vedo questa targa e il dubbio mi viene.

A ricordo di Emilio Zari (Stendhal) Partigiano immolava la sua giovine vita per una patria più giusta e più libera
Milano 17-4-1922 Chiusavecchia 4-2-1945

Non sta bene tutta sbiadita così, dovrebbero restaurarla, a maggior ragione se si considera che siamo in una zona “restaurata” e diventata distretto del design. Glielo dobbiamo a queste persone. Lo Stendhal della via è veramente lo scrittore, per cui potrebbe essere che questo giovane fosse nato in questa strada, da qui il nome di battaglia. È un peccato che non si possa sapere con certezza, cerco di rimediare almeno in parte a queste “sbiaditaggini” con un link: https://www.bellaciaomilano.it/mnemoteca/targhe-e-monumenti-commemorativi/Evento/602-zari-emilio-stendhal.html

Le opere di Banksy sono contro: il copyright (dissento), la guerra, il consumismo (splendido il leopardo che si libera dalla gabbia del codice a barre), la logica del consumismo applicato all’arte. Ciò che lui sostiene è che l’arte è diventata un oggetto da possedere e da esibire come una qualunque altra cosa. Se si riferisce all’arte contemporanea, concordo in pieno. Non sborserei nemmeno un euro per la gran parte delle opere odierne a meno che non avessi la certezza assoluta di poterle rivendere quadruplicate nel giro di qualche anno. E se fino a qualche mese fa ritenevo che questo fosse dovuto alla mia personale avversione per questi pseudoartisti, leggendo un’intervista a un critico d’arte ne ho avuto invece la conferma: diceva che se si prendono i cataloghi delle esposizioni di una decina di anni fa, la maggior parte degli artisti presenti sono già spariti nel nulla, proprio perché si applicano le leggi del mercato al consumo. Mi riesce al contrario più difficile immaginare che Banksy veramente ritenga che i Girasoli di Van Gogh siano shit, preferisco pensare che il suo dipinto che riporta la frase I can’t believe you morons actually buy this shit sia solo la contestazione, condivisibile, per i 22 milioni di sterline a cui sono stati venduti.
L’idea che abbiamo sempre avuto nei confronti dell’Inghilterra come patria delle libertà e di un certo benessere ne esce pressoché distrutta. Banksy sbeffeggia la borghesia, il punk su su fino alla regina. Passando naturalmente per il suo sostegno alle manifestazioni contro l’adesione del Regno Unito alla guerra del Golfo del 2003. Certo, vedere in un filmato il democratico Tony Blair che con un idrante cancella con un sorriso soddisfatto uno suo graffito un certo effetto lo fa.
E poi ci sono i topi, quasi la firma di questo artista nato a Bristol (città a lui molto meno ostile di Londra che lo ha compreso e quindi adeguatamente celebrato fin dal principio). Animali che l’umanità detesta da sempre, per cui prova repulsione, che vivono al buio, nascosti nei meandri, cacciati da sempre eppure mai estinti e che, in caso di guerra nucleare, ci sopravvivrebbero. I topi sono la metafora dei writers. Man mano che procedo nella mostra, avverto una sensazione di mancanza che riesco a inquadrare solo giunta nella sala delle proiezioni (una delle due). L’arte di Banksy non può essere avulsa dall’ambiente esterno. I suoi disegni, stencil per lo più, perché più veloci da realizzare visto che lo braccano da sempre, hanno pieno senso solo se visti nel contesto in cui li ha realizzati. Prendono potenza dal luogo in cui stanno e a cui restituiscono la medesima potenza. Il mondo che gira loro attorno, le persone, gli animali che si muovono davanti entrano a far parte dell’opera d’arte e l’opera d’arte si rafforza tramite loro. Questa è la sensazione di mancanza che sentivo: i quadri di Banksy non sono quadri e non puoi quindi rinchiuderli.
A written protest for A visual protest: 14 euro sono troppi, soprattutto considerando che è una Unofficial Exhibition.
Quando si esce da una mostra, anche una di questo tipo dove l’arte è contestazione, pensiero, spesso un pugno allo stomaco e non bellezza fine a se stessa, una cosa è certa: dopo un’immersione nei colori sembra che il cervello abbia riacquistato una maggiore capacità di percepirli, fosse anche solo un edificio rosso che si staglia contro un tramonto.