ExPostilla fotografica

CAM00407

«Ora, io non conosco chi ti ha accompagnato al tour-expo quindi non voglio esprimere giudizi su chi non conosco…» (Sdoppiamento di personalità)

«Ma, leggendo il tuo post, non ho potuto anch’io far altro che domandarmi cosa serve avere uno smartphone se poi non si è in grado di supportarti nel momento in cui tu ti accorgi di avere la macchina fotografica scarica o rotta.» (Appunto…)

«E in effetti il tuo post senza foto perde qualcosa.» (Già…)

«Ho pensato allora di venirti in aiuto: combinazione anch’io ho fatto delle foto, pressappoco alla stessa ora, nel luogo che hai descritto, sul ponte d’ingresso. (manipolazione dell’informazione) Te le mando in allegato, così magari poi integrare il tuo post.» (E lo considero come un risarcimento per la pressione che indebitamente esercitate sulla sottoscritta affinché spenda una cifra esorbitante solo perché fate fatica a mandare un sms in più perché non ho uatzap)

CAM00409

ExpoPost

E prima non sono d’accordo, e poi non mi interessa, e dopo nicchio e rimando e poi, e vabbè, sto qui a Milano, pure in direzione senza dover attraversare la città, e poi questi due biglietti li ho. E dunque via, verso l’Expo che è ormai in dirittura d’arrivo. Entrata serale 18-23.
La macchina fotografica non si accende. Se c’è una cosa che mi mette tristezza è il non avere la mia Kodakina quando mi serve. Me la fai tu, per favore? chiedo a chi sta con me e che da mesi cerca di convincermi a comprare lo smartfon. Eh, ma c’ho poca memoria e poi come faccio a passartela, e poi il cavo… dice. E che te ne fai allora? penso… o lo dico? Peccato, perché sul ponte d’entrata la veduta offre uno scorcio metropolitano di estetica al contrario, perché le cose veramente brutte hanno un loro fascino.
L’accordo è che non si faranno code che durino più di un quarto d’ora, così si vede un po’ di tutto, o un po’ di quel che capita. Andiamo al Padiglione Zero, che non c’è mai nessuno, dice. Con quel nome lì, metterà malinconia, ribatto. E si vede invece che il Padiglione Zero si è riscattato, ché esibisce una coda di almeno un’ora. E allora si tira via. Arriva il Padiglione Irlanda, ma prima dell’entrata c’è il menu che propone Fish&Chips. Siii, lo mangiamo? Risposta: meglio se mangiamo dopo. E perché poi ho preso gusto a viaggiare da sola? Il Padiglione Irlanda sembra più un Ente turistico, ma mi piace trovarmi tra proiezioni giganti di mucche al pascolo e fotografie di scogliere e lande. E poi c’è il Belgio, che espone una serie di manufatti in cioccolato, tra cui varie calzature, un feticista si divertirebbe moltissimo. Da un lato, dall’altro invece c’è un esposizione di gioielli, e non si capisce che c’entrino. In mezzo c’è una sala con piantine di basilico e insalata poste in specie di cestelli che sembrano quelli della lavatrice, con una potente luce che le inonda. Aquaponic System, si chiama. Peccato le carpe vive costrette in vasche anguste sotto il cestello della lavatrice. Imprescindibile è il Padiglione Gran Bretagna, con il ronzio delle api in diretta da Nottingham e le luci che aumentano di intensità a seconda dell’attività dell’alveare. Sarò di parte, ma i britannici sembrano sempre ragionare un filo più in là degli altri, e poi, insomma, qui l’allestimento c’entra col cibo. Brevissima visita ai minuscoli stand dei Paesi purtroppo considerati “minuscolamente”, tipo Myanmar e Sierra Leone, che però sono più che altro un’esposizione di articoli artigianali. Belli da fuori i padiglioni ricoperti da culture verticali, come Germania e Israele. Enigmatico quello della Moldova, che pare più un OpenHour24, quello coi distributori, ma tanto per me è enigmatica anche la sua collocazione geografica. “Che c’azzecca” potrebbe essere il titolo di quello dell’Ungheria: un pianista (il design del piano però è splendido) suona Caruso di Lucio Dalla e tra qualche seme e bottiglia sparsi qua e là campeggiano vestiti e foto di vestiti: un excursus nel mondo della moda ungherese nel corso degli anni. Boh.
Quello della Spagna, tra l’altro uno dei più grandi, è di una bruttezza imbarazzante, soprattutto una sala, al cui allestimento mancherebbe solo il trenino degli orrori per farne un baraccone da lunapark, ma almeno ci hanno risparmiato i tori infilzati. Peccato, perché la Spagna è un Paese affascinante e con un’ottima cucina.
L’Albero della vita è un altro must. Gli intellettuali duri e puri probabilmente l’avranno bollato come paccottiglia da parco giochi, ma a me è piaciuto. Mi piacciono i giochi di luce, mi piacciono anche i fuochi artificiali e in posti come Gardaland io mi diverto come una matta. E quindi mi è piaciuto. E comunque, il lavoro di ingegneria è notevole, anche quell’ingegneria lì delle luci, che non so come si chiama. Arriviamo con la voce che dice “Offerto da Orgoglio Brescia”… oh mamma, adesso arriva Salvini… ma no, è che ogni momento di giochi di luce e acqua ha un suo sponsor. Quello della Pirelli ha un rumore di auto da corsa che sovrasta la musica. Mi auguro che non decidano di tirare gomme sul pubblico. Stile Minghi, dice, commentando la musica che accompagna il momento Coldiretti. Già, la musica è veramente orrenda per tutti gli sponsor.
Si prosegue guardando un po’ qua e un po’ là. Molti padiglioni hanno una struttura veramente bella, bellissimo quello italiano (fuori, troppa l’attesa per entrarci), ma è tutto Expo nell’insieme che fa sfoggio di un’architettura che mi piace moltissimo. Spero resteranno i punti d’acqua, le piante e le aiuole. Non sarebbe male se ci fosse anche il tema Nutrire il pianeta.
Secondo te come mai c’è la segnaletica verticale e orizzontale? (quella delle macchine, e lì siamo tutti pedoni). L’avranno messa per creare l’idea di città o in vista del futuro utilizzo? Perché gli sarà rimasto un appalto da 50 mila euro da dare a un amico, dice. Eh già, rispondo. Noi milanesi di mezz’età siamo persone ciniche e disincantate.
È arrivato il momento di mangiare, ma è abbastanza tardi ormai e parte della fame è stata attutita dagli assaggi di Grana Padano, così niente Fish&Chips ma solo Chips. Seduta a mangiare sotto la riproduzione made in Naples della Madunina del Dom de Milan qualcosa non mi torna, ma sono distratta dal latinoamericano, dal Pino Daniele, dalla Taranta salentina che si alternano dagli altoparlanti irlandesi. Mah. E poi realizzo: ho pagato un coso di patatine mezze fredde 8 euro. Oggi sentivo uno che diceva che quando va a Expo si porta i panini da casa: ecco, bravo, concordo con la scelta.
Sostanzialmente, l’Expo è un fierone di paese ma nell’insieme è una bella cosa. Vale la pena andarci se si sta nel raggio di 100 chilometri da Milano? Sì. E se si sta oltre? No.
E comunque è divertente, per qualche ora ti dimentichi che c’è gente che muore di fame.

Un post senza immagini è monco, per fortuna a rimediare a batterie depresse e smartphone con l’Alzheimer c’è chi il suo lavoro lo sa fare.
Gianluca “Joni” Preti e i suoi video dell’Expo