Tassista, oèèè! Tasso! Tasso! Ma in Centrale non passano più?

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Dario Rivarossa è quel dhr che compare qui in tanti commenti. E soprattutto è l’ispiratore del nome di questo blog: so che in qualche meandro del suo computer esiste una cartella che si chiama Metropolis, dove lui conserva le mie disavventure da Paperino di città. Pare che i miei scritti lo divertano… probabilmente come si diverte Gastone.
Dario è un piemontese espatriato a Perugia, io sto a Milano, così ci si vede poco.
Se la stazione Centrale di Milano avesse ancora le registrazioni di qualche anno fa, vedreste due soggetti che un paio di volte all’anno vagano alla ricerca di un luogo per sedersi, di solito lo trovano sulle ultime gelide sedie rimaste libere al piano di mezzo. Lui è quello alto con la barba. Io sono bassa la metà e non ho la barba. Poi sono arrivati i Frecciarossa e hanno tagliato fuori Milano dalle rotte Firenze-Torino. Quindi niente più chiacchiere in Centrale. Però ci sono le mail. Niente FB o Twitter o che altro, mail e basta. Un carteggio sul sacro e sul profano, sul mediamente alto e sul trivialmente basso.
Personalmente il Rivarossa è questa presenza qui. Ufficialmente Dario “dhr” Rivarossa è: traduttore dall’inglese e dal tedesco, copywriter, correttore bozze, conferenziere, illustratore. Ha scritto e illustrato il libro Dante era uno scrittore fantasy, in seguito tradotto e pubblicato negli Stati Uniti. È poi uscito il suo secondo libro, Nel labirinto del Cybertauro. On line lo troviamo con il suo blog il Tassista, dedicato alle opere di Torquato Tasso.
Personaggio complesso, catturare lui e i suoi mostri e trascinarli qui in Area 51 era ormai diventato inevitabile. E ragionar con lui di linguaggi terreni e alieni.

1/Letteratura

Che cosa ti ha spinto a dedicarti allo studio di Dante?
«La prima edizione della Divina Commedia – illustrata da Doré, ma SENZA note! – che mio padre mi regalò quando avevo circa 10 anni. Cominciai subito a studiarla da autodidatta».

Il tuo blog è quasi interamente dedicato a Torquato Tasso. Parlacene a ruota libera, come un tassista che smarca tutti nell’ora di punta…
«“Ho trovato il mio amòr” tardi, quasi per caso, per una serie di rimandi a catena: da Dante a Blake, da Blake a Milton, da Milton ad Ariosto, da Ariosto a Tasso. E ancora per felice combinazione sono capitate sottomano le sue opere cosiddette “secondarie”: Il re Torrismondo, Il mondo creato, Gerusalemme conquistata, che sono i suoi capolavori, opere sperimentali senza paralleli.
Del Mondo creato sto curando la nuova edizione americana, con il titolo Un(s)even, che verrà pubblicata dall’editore indipendente International Authors. Traduzione a sei mani con la docente universitaria Salwa Khoddam (di origini libanesi) e l’editore stesso, il prof. Carter Kaplan. Con 60 illustrazioni del Magico Trio, un team creato con Eva Nieri/Nivalis e Tiziana Grassi/Selkis».

2/Ironia
Dario usa spesso l’ironia, intesa come una leggerezza di stile che non scade mai né nello scontato né nel superficiale. Cito da Dante era un scrittore fantasy: «La storia del cristianesimo è un torneo a eliminazione diretta» (nota 18, pag. 38). Questo libro esplora un aspetto della Divina Commedia che esce dagli schemi canonici degli studi critici dell’opera. Per riuscire a battere una pista nuova su un lavoro sezionato ormai da secoli, è per forza necessaria una conoscenza approfondita del testo. Ergo, se pensate che sia un libro messo in piedi in qualche modo, vi sbagliate. È un saggio serio ma di facile lettura.

Che cos’è per te l’ironia, e che cosa può apportare a un testo?
«L’ironia è una maschera che rende abbastanza coraggiosi da guardare negli occhi la Realtà, questa figura bellissima e terrificante.
Sul piano “pratico”, permette di smontare gli stereotipi e scoprire interpretazioni alternative».

3/Fantascienza
Dario ha sviluppato una sorta di compulsività nei confronti di questo genere. Una passione che però non è rimasta solo un hobby, visto che ha tradotto molti romanzi fantascientifici (collana Urania Mondadori, solo per citarne un gruppo).

Qual è stato il momento in cui hai capito che forse un alieno ti aveva impiantato un chip? E da quel momento, che cosa ha significato per te la fantascienza?
«Ci saranno stati episodi scatenanti concreti, libri letti da ragazzino ecc., ma direi che la passione “per i mostri” era innata».

Una volta mi hai parlato di una “fantascienza caciarona” che, a tuo avviso,  si è fermata al 1968 col film Barbarella, per poi dare spazio a una più seria, più alla ricerca di significati profondi.
«Sì, ma intendendo l’opposto: da 2001 – Odissea nello spazio in poi, la SF ha cominciato a prendersi troppo sul serio e quindi a diventare meno profonda. Però è in atto un’inversione di tendenza, soprattutto grazie ai film Marvel».

Passato e futuro, il fantasy ha ucciso la fantascienza?
Una mia considerazione su un certo ritorno di musica anni ’80 nelle pubblicità porta a meditare su passato e futuro, una contrapposizione che troviamo tra fantasy (maghi, streghe e Medioevo) e fantascienza (il nuovo per mezzo della scienza). E se questo ritorno al passato non fosse un vezzo vintage ma autentica non-visione del futuro, come se il passato fosse un rifugio sicuro, l’unico posto in cui ancora possono accadere magie?

Secondo te il fantasy sta mettendo in difficoltà la fantascienza: per quale motivo?
«In Italia, perlomeno, il fantasy sta “spianando” la fantascienza. Confesso che mi sono convertito al fantasy anch’io, meglio ancora se con incursioni nella fantascienza, cfr. la Trilogia Spaziale di C. S. Lewis, o Tasso, appunto. Nel finale della Gerusalemme liberata, il paladino Rinaldo indossa la classica armatura fatata; nella Conquistata, il suo sostituto Riccardo indosserà l’armatura high-tech di Iron Man.
Non identificherei il fantasy con una “operazione nostalgia”. Semmai esprime il ri-emergere di energie che erano rimaste soffocate dopo il cosiddetto Illuminismo. Il fantasy ebbe il suo trionfo nel Rinascimento, un’epoca per molti versi molto più evoluta della nostra. E domani, chi lo sa, che sarà?, sarà quel che sarà».

4/Il fumetto
Dario mi invia una quantità industriale di disegni ma di qualità artigianale, perché i suoi mostri sono tutti diversi, nei colori e nelle forme. Di ispirazione teologica, dantesca o manga. Una volta, in risposta a un suo Goldrake, gli dissi che da piccola guardavo Heidi, se per favore non poteva per una volta disegnarmi una rassicurante capretta. Questo fu il risultato:

xElena_capretta

«Nego tutto! Era in atto un giro miliardario di falsi-Rivarossa! Ma ora per fortuna il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri ha messo la parola fine a questo ignobile commercio di croste truffaldine».

Come hai imparato a disegnare e che cosa provi quando disegni?
«“Come”? Beh, come tutti. Il problema non è tanto imparare ma “perché si disimpara”. Pensa a quanto era talentuoso il mio nipotino, che ora ha 15 anni e va verso il metro e 85, e ha quasi dimenticato la matita…
La sensazione che si prova è la più gloriosa di tutte: tornare ragazzino, ma con il valore aggiunto di farlo da adulto, e quindi con più esperienze da raccontare graficamente».

L’uomo disegna da che esiste e in tante epoche il disegno ha sostituito la parola scritta. Dai graffiti preistorici alle narrazioni bibliche agli smiles, che a volte è quasi d’obbligo aggiungere perché una breve conversazione scritta non sia fraintesa. È come se l’essere umano non potesse vivere senza disegno. Come vedi il futuro del fumetto?
«È una di quelle cose che ogni tanto l’esperto di turno dà per spacciate. Ed è vero che le vendite crollano anche in America, ma in compenso i film “tratti da” trionfano. C’è posto per tutto, nel mondo; esistono ancora i dischi in vinile».

Disegni di Dario “dhr” Rivarossa

5/La traduzione

Una buona traduzione non è mai pedissequa, perché deve adattarsi alla lingua di destinazione ma nello stesso tempo deve rispettare lo stile dell’autore. Come si trova questo equilibrio?
«Anche qui, si potrebbero sciorinare mille formule, ma per il 90% è istinto«.

Il traduttore prova mai l’insano desiderio di sostituirsi all’autore?
«Ah, oh, beh, ecco, hmm, veram…»

Two is megl’ che one

Joint-venture e divertissement tra esseri diversi.

Quando ho visto su un giornale la foto di Rambaldi con E.T gli ho fatto omaggio di quel fotomontaggio in apertura.

Una volta gli chiesi: «Mi disegni un cane?». Io so che lui ha paura dei cani, e infatti sembra il disegno di uno traumatizzato.

Cane

E poi ci fu la volta della marina: «Mi disegni una scogliera?»«Ok»
E joint-venture fu.
Racconto per un disegno

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