Gatti e cinema: una lunga storia d’amore

Via Gluck

Entrata museo

Nello stesso giorno e sotto la stessa acqua battente in cui un numero impressionante di persone faceva la fila per visitare, in occasione delle Giornate Fai, la sede Rai di corso Sempione a Milano, noi affrontavamo per la seconda volta gli inquietanti tunnel della ferrovia per tornare al più defilato Fermo Immagine, il Museo del Manifesto Cinematografico. È giusto però annotare che i sottopassi sono stati stuccati, non piove più dentro, e pittati di un bel bianco che li rende più luminosi. Il richiamo era forte: animali e cinema.

Mi è semblato di vedele un gatto

Miao, si gira! è la mostra evento che ci ha riportato in via Gluck. Nel mio precedente post avevo puntato i riflettori sul gattone del Museo. E ovviamente non poteva certo mancare quest’occasione. Dato il contesto, però, per non farsi accusare di protagonismo ha optato per un più low profile, rimanendo in osservazione nella sala delle esposizioni permanenti. Tanto aveva provveduto a far presidiare addirittura l’ingresso da un suo amico in bianco e nero, identico a Silvestro.

Silvestro

I gatti sono animali belli e misteriosi, affettuosi ma mai troppo, scostanti e a volte perfino aggressivi. Occhi che vedono nella notte e un’espressione indecifrabile, va da sé che queste caratteristiche abbiano ispirato scrittori e pittori e quindi anche il cinema. Ci sono praticamente tutti: i gatti stregati dei film horror,

Locandine

il gatto («si chiama Gatto») di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany,

Audrey Hepburn

«Non lo so chi sono. Io e il mio gatto siamo due randagi senza nome, che non appartengono a nessuno e a cui nessuno appartiene: ecco qual è la verità.»

i gatti dei cartoni animati, quelli delle nuove produzioni computerizzate e il micione dello struggente La gabbianella e il gatto.

Gatto-Gabbianella

Bozzetti

Rosso Felix Gatto-cappello Gatto-Spazio Gatto-Stivali Randagio

«Grandissima protagonista del cinema italiano, donna straordinaria per talento e temperamento, Anna Magnani era famosissima nell’ambiente di Cinecittà anche per la sua incontenibile passione per i gatti, Li amava a tal punto da chiedere ai taxi di fermarsi sempre nei pressi di Largo di Torre Argentina per lasciare a terra qualche cartoccio ricolmo di carne fresca per la famosa colonia di gatti che da secoli occupa quel sito.» (Anna dei gatti, didascalia del Museo)

«Grandissima protagonista del cinema italiano, donna straordinaria per talento e temperamento, Anna Magnani era famosissima nell’ambiente di Cinecittà anche per la sua incontenibile passione per i gatti, Li amava a tal punto da chiedere ai taxi di fermarsi sempre nei pressi di Largo di Torre Argentina per lasciare a terra qualche cartoccio ricolmo di carne fresca per la famosa colonia di gatti che da secoli occupa quel sito.» (Anna dei gatti, didascalia del Museo)

Dive Cat

E poi il mitico ET di Carlo Rambaldi, che per disegnarlo si ispirò al suo gatto. Lo confesso: viste le dimensioni sarebbe stato difficile ma ho avuto la tentazione di portarmelo via, o almeno abbracciarlo.

Et

Et primo

La gioia per questo mostrino panciuto con gli occhi azzurri è cresciuta esponenzialmente qualche oggetto più in là. Mi sarei messa a saltellare davanti alla riproduzione di una scena di uno dei più bei film di Walt Disney, “Tutti quanti vogliono fare il jazz!” da Gli Aristogatti. Una sequenza inimitabile.

Aristogatti

Il bello di queste mostre-evento è che riservano sempre qualche novità. La sorpresa in questo caso è stata Jenny Parks un’illustratrice scientifica che ama dipingere gli animali. Non solo un’attività collaterale, visto che sul suo sito si legge che ha collaborato anche con la Marvel.

Jenny Parks

Io oodio i Puffi

Unica nota stonata: il ciclo di proiezioni non all’altezza del resto della mostra. No all’audio: senza alcuno sforzo per regolare quello dei vari spezzoni, ci si ritrova ora a farsi venire le orecchie come Topo Gigio, ora a ritrarsene per salvarsi i timpani. Sì all’intervista al figlio di Anna Magnani. No a certi passaggi un po’ buttati lì: che senso ha farmi vedere tutta la sigla di testa di un film e nemmeno un secondo di sequenza? Sì alla voce in originale di Sean Connery / James Bond. E poi no, fortissimamente no ai Puffi. Li detestavo anche su carta, figuriamoci a dargli vita. Però, al di là dei gusti personali, è la proiezione più lunga in assoluto ma veramente poco interessante per il tema dell’evento.

Comunque l’impressione è sempre quella: in questo museo sembra di essere tornati a quei tempi in cui entravi in un cinema poco frequentato, ti sedevi dove ne avevi voglia e restavi lì anche tutto il pomeriggio immerso in quella specie di irrealtà che solo i grandi film sapevano dare.

Dal 16 febbraio fino al 7 aprile
Miao, Si Gira!
Fermo Immagine Museo del Manifesto Cinematografico
Atelier Gluck Arte Associazione culturale – Via Gluck, 45 Milano

Miao Si Gira

 

Fermo Immagine: Hollywood passa da via Gluck

primasala

Per tutti questi anni ho vissuto nella convinzione che via Gluck fosse in una certa zona di Milano. Una zona vecchia, per cui ogni volta che sentivo la canzone di Celentano mi chiedevo come potesse esserci l’erba lì, seppur cinquant’anni fa. Se lui si definisce il Re degli ignoranti, io ho fatto parte della sua corte fino a due giorni fa, quando ho cercato il tragitto per arrivare alla celebre via Gluck e ho scoperto che stava da tutt’altra parte. Ed ecco che allora qui l’erba ha un suo perché, e anche l’amico treno che fischia “ua ua”, visto che bisogna attraversare uno degli orrendi tunnel che passano sotto la ferrovia che parte dalla Centrale.

Piove a dirotto, grigio su grigio insomma, ma una macchia di colore intenso segnala il numero 45: un bellissimo murale sul muro esterno di un cortiletto che porta all’entrata di Fermo Immagine – Museo del manifesto cinematografico. Un foglio fatto a computer infilato in una busta di plastica dice “Siamo aperti”. Non è esattamente così. La porta è chiusa a chiave, impossibile dalla finestra attirare l’attenzione di alcuni signori che sembrano seduti al tavolo di un bar. C’è un campanello ma pare strano dover suonare un citofono per entrare in un museo. Ci guardiamo intorno, disturberemo forse i signori della scritta Atelier del campanello? Fa niente, non abbiamo attraversato mezza città di vento e acqua per tornare indietro a mani vuote, al massimo ci manderanno al diavolo. E invece no, arriva un ragazzo gentilissimo che ci illustra il percorso e “svela” il mistero dei signori seduti al tavolo: quello è Il caffè degli ignoranti, dedicato, appunto, ad Adriano Celentano.

metropolisLa prima sala è il museo permanente: locandine, schermo cinematografico, sedie, una libreria alta fin sotto il soffitto. Stanno proiettando degli spezzoni di film con Liz Taylor. Impossibile non fermarsi a guardare la perfezione estetica di James Dean ne Il gigante e di Paul Newman in La gatta sul tetto che scotta, perfezione fatta di bellezza e espressione assieme, perché la bellezza da sola non basta a raggiungere questi livelli.

Si passa alla seconda sala, quella della mostra dedicata a Liz Taylor, organizzata in occasione del 50esimo anniversario del film Cleopatra. Le locandine sono quasi tutte per lei, dagli esordi di Torna a casa Lessie! fino alle ultime interpretazioni. Anche qui, ma in un ambiente di luci più tenui, campeggia lo schermo. Uno degli spezzoni proiettati è tratto da Il padre della sposa, con un esilarante Spencer Tracy che cerca di arginare le manie di grandezza di figlia e moglie in fatto di matrimonio. I brani dei film sono in lingua originale, un’occasione per sentire le vere voci degli attori.

insiemeliz

La mostra raccoglie anche le riproduzioni di alcuni vestiti di Liz Taylor, compreso quello indossato per il suo ottavo (!) matrimonio, dei gioielli creati per Cleopatra e altri appartenuti all’attrice, articoli e riviste.

lizquadri

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando le parti del corpo entrano in conflitto
Queste sale fanno la felicità di chi ama il cinema d’epoca. Mentre do sfogo alla mia compulsività fotografica, con la visione periferica l’occhio registra una presenza. Il cervello razionalmente (e in quale altro modo?) risponde: e ti pare che in un museo ci possa essere un gatto? Sarà un riflesso dello schermo nella penombra. Ma il gatto c’è, e anche di proporzioni cinematografiche!

gatto

Che voglia ridimensionare la fama di Lassie? Direi di no. Da quanto si lascia accarezzare e immortalare vicino ai vestiti della diva, il bel gattone bruno non ha bisogno di ribadire che lui lì è di casa e nemmeno appartiene alla gucciniana categoria della “indifferenza scostante dei gatti”.

Questo angolo di celebre Milano che celebra Hollywood è Fermo Immagine – Museo del manifesto cinematografico, via Gluck 45, aperto da martedì a domenica dalle 14 alle 19, entrata gratuita fino al 30 giugno quando terminerà la mostra Impareggiabile Liz.