In poltrona con l’antiviaggiatore

2 / Music makes the world go ’round

cornamuse

(Elena) La prima foto a sinistra è tua, Carlo, e ritrae un suonatore di cornamusa a Lerwick. La seconda è mia, band nel centro di Edimburgo. Entrambe sono del 2012.
A me la musica piace, e anche tanto, ma difetto di cultura musicale. Non sono tra quelli che frequentano i reparti world music Fnac (a proposito, ho visto di recente che la Fnac di via Torino a Milano è stata chiusa. La settimana prima ho visto che una panineria è sorta sulle ceneri di un’altra storica libreria in via Moscova, requiem per tutte le librerie di Milano) o Mondadori o che ascolta musica classica o lirica. Fruisco della musica come un bambino del Nesquik: deve arrivare e basta, senza grandi se o ma. Quindi avevo le mie remore ad interagire con Carlo, che di musica se ne intende davvero. Gli avrei totalmente ceduto lo passo, ma lui ha trovato delle buone argomentazioni per farmi cambiare idea.

(Carlo) Esiste un luogo comune nell’ascolto della musica, che è quello di valutarla, più che per quello che è, per quello che rappresenta, ad esempio dal punto vista storico, geografico, politico, sociale, ideologico etc. Pur senza voler tralasciare l’importante valenza della contestualizzazione artistica, che ne agevola senz’altro molto la fruizione e l’intellezione, mi permetto tuttavia di spezzare una lancia a favore dell’ascolto puro, semplice ed istintivo.

(Elena) A proposito di un genere musicale, mentre hai dovuto ricrederti, almeno per quanto mi riguarda, sul fatto che le donne non amino il Nord, trova invece riscontro quanto riporti a pagina 51 del tuo libro Come farai a fuggire da  te stesso… se lui continua a correrti dietro?!? : (…) «come immaginano bene anche  tutti i maschietti ai quali si illuminano le pupille ogni volta che parlo loro di viaggi polari fatti o da fare (come dite? le femminucce? no, alle femminucce non piace il Polo, è come in quella canzone di Paolo Conte, che fa “le donne odiavano il jazz, e non si capiva il perché”.»

(Carlo) Giusto a proposito di jazz, ma anche di musica in genere… c’è un bel passaggio del mio libro preferito di tutti i tempi, Il lupo della steppa di Hermann Hesse: quello in cui il protagonista, il timido ed impacciato Harry, incontra ad una festa Pablo, ambiguo e disinvolto saxofonista, nonché probabile amante della sua fiamma Erminia. Nel  desiderio di impressionare il suo interlocutore e rivale, Harry si lancia in erudite dissertazioni sulla storia e sui significati del jazz, ma l’altro lo interrompe bruscamente rispondendo che il jazz non lo conosce né lo commenta, perché si limita volentieri a suonarlo. Poco dopo, Erminia invita Harry a ballare al suono della musica di Pablo e, al suo cortese diniego causa inesperienza sulla pista, anche lei argomenta polemica che Harry in realtà sa fare cose di gran lunga più difficili che ballare… e che l’unico motivo per cui ora non ci riesce è perché non ci ha mai provato sul serio come invece avrebbe dovuto e dovrebbe. Ecco, queste poche battute secondo me esprimono bene quello che potrebbe essere il giusto approccio attivo alla musica: viverla al di là di “capirla”.

(Elena) Però suoni, organizzi eventi musicali, riporti dai tuoi viaggi strumenti ed esperienze e su Youtube hai creato la playlist World Music, dove, niente meno, i video hanno i titoli “Coro polifonico (su sfondo policromatico)”, “Fiaba inuit”, “Reggae brasileiro”, “Chitarra manouche”. Direi quindi che c’è comunque una formazione musicale di fondo, un desiderio di approfondimento e ricerca.

(Carlo) La musica, come tutte le cose, l’attenzione se la deve conquistare sul campo, e dunque ogni giudizio vale l’altro, non esistono esperti, ma solo appassionati. Personalmente, posso dire di amare ed in qualche modo seguire ogni tipo di musica (o perlomeno quasi). E quelli che non mi piacciono, o che mi piacciono meno, non te li dico per non scadere nel gossip. Come formazione ed estrazione musicale vengo dal rock progressivo (che ascoltavo molto da ragazzo), dal jazz-rock (che suonavo da ventenne), e dall’elettronica (che mi ha sempre affascinato per le sue potenzialità apparentemente infinite). Ma ciò non vuol dire che abbia disdegnato il resto, e tuttora penso che non è tanto importante il mezzo di espressione, lo stile musicale, quanto piuttosto le capacità espressive dell’artista, il suo sapersi proficuamente relazionare col mondo che di volta in volta lo circonda.

(Elena) Provo a pensare alla musica in relazione con il mondo. Effettivamente ci sono delle canzoni che io definisco “musica da viaggio”. Per me è sempre stato così: esiste musica da ascoltare come sottofondo mentre fai altro, ed è quella che mi piace meno, la sento, non l’ascolto. Poi c’è la musica da divano, che è quella che piace ma è legata a un senso di staticità. E poi c’è la musica da viaggio, appunto, che è quella che accompagna da una meta all’altra, è quella che ha il senso del moto, o della riflessione dentro al moto.

(Carlo) A me piace molto muovermi anche bruscamente da un universo musicale all’altro anche nel corso della stessa giornata: adoro la raffinata spensieratezza dei grooves di Lorenzo Jovanotti così come posso facilmente calarmi all’interno di contesti di musica classica contemporanea, concreta e dodecafonica, in realtà sono affascinato dalle timbriche, dalle sfumature del suono più che dalla sua composizione armonica. E ovviamente mi piace tanto la musica etnica, più tribale è meglio è, ci si scoprono sempre figure ritmiche e assonanze inusitate ed affascinanti. La mia discografia, che sembra quella di uno schizofrenico, sconcerta i più, così come anche le mie scelte di concerti, nelle quali privilegio artisti poco conosciuti che possano sorprendermi.

(Elena) C’è anche un altro aspetto della musica, che non so se è comune a tutti. Quando ci rifletto, mi viene da chiedermi se sia una questione generazionale. I video musicali ci sono probabilmente dagli anni ’60, forse i pionieri sono stati i Beatles?

(Carlo) Direi senz’altro di sì. Per me i veri antesignani dei video moderni sono proprio i favolosi minuti di cartoon  del vecchio fan movie di Yellow Submarine! Pensa te che la title track è diventata addirittura l’inno della squadra di calcio della mia città!

beatles

(Elena) Sono quasi certa però che l’esplosione c’è stata negli anni ’80, quando si è passati dal pensare che una canzone poteva essere accompagnata da un video al  “una canzone deve essere accompagnata da un video”. La radio, il disco non bastava più. C’era una trasmissione che aveva fatto epoca, Mister Fantasy, condotta dal biancovestito (e veramente carino) Carlo Massarini.

(Carlo) Eterosessualmente concordo! Pensa te che non so perché ero in qualche modo convinto di assomigliargli un pochino… idea che dovetti mio malgrado abbandonare dopo averla sottoposta a qualche verifica, ed averne sempre ricevuto riscontri tra il perplesso e il divertito…

massar-carlo

Ad ogni modo, giudicate da voi: a sinistra Carlo Massarini, a destra Carlo Crescitelli. Ora magari proprio in queste due foto qui – le prime che ho recuperato in archivio senza pensarci più di tanto – la nostra pur notevole rassomiglianza non balza troppo immediatamente all’occhio, ma comunque l’espressione è un po’ quella, no? O no?

(Elena) Direi che si fa fatica a distinguervi…ma proseguiamo. A quei tempi un programma solo di video era una cosa mai vista. Poi è stata la volta di Videomusic, un intero canale televisivo solo per i video, con Rick e Clive, due personaggi assolutamente nuovi che parlavano un linguaggio nuovo. Insomma, le canzoni non esistevano più solo a livello di udito ma prendevano anche lo spazio degli occhi. E come non riconoscere che certi video erano dei piccoli gioielli cinematografici?

(Carlo) Però! Per essere una che dice che di musica non si è mai interessata ne sai di cose in materia!

(Elena) Forse il connubio musica/immagini che ha plasmato il mio cervello adolescenziale è il motivo per cui la musica che più mi è cara è quella che mi suscita delle sensazioni visive. C’è musica gelida di paesaggi nordici, c’è musica calda di deserti giallo-arancioni o di fieste spagnole, c’è musica di paesaggi visti da un treno, c’è musica di mare. Ecco come la musica si unisce al viaggio e non è necessario intraprendere fisicamente un viaggio per vivere quello spostamento.

(Carlo) È un po’ meno la mia esperienza, essendo io nato e vissuto in epoca preistorica agli ’80, nel Pleistocene dei favolosi Seventies…  e qui ti scodello un altro luogo comune, uno di quelli a cui credo ancora però, e cioè che  la musica sia sempre meglio a Sud che a Nord, e che la qualità di solito peggiori man mano che ci si allontana dall’Equatore: sarà vero? Occhio che anche qui ci sono almeno due doverose eccezioni…

(Elena) Eccezioni? In relazione alle foto sopra, mi sento di dover ringraziare il Regno Unito (e gli Stati Uniti, of course) perché deve essere stata la loro totale disponibilità nei confronti del fare musica ad avergli fatto fare tanta strada in tutto il mondo…

(Carlo) Esatto, brava bravissima, eccoli qui i due paradisi musicali in terra! Come vivremmo senza di quelli? Ed anche, lasciamelo dire, cosa ne sarebbe a questo punto di loro, senza di noi, senza la nostra ammirazione musicale e non?

Per strana coincidenza, mentre scrivevamo questo pezzo la travelplanner Arianna Serra ci ha inviato una mail per comunicarci il suo esordio radiofonico con una rubrica che si occuperà di viaggi e musica. Arianna sarà in streaming tutti i mercoledì, intorno alle 11.15, sul sito di Radio SkyLab.

Ci vediamo alla prossima puntata con le Case dei famosi. Stay tuned!