Lezione di scrittura da Truman Capote

Fino all’anno scorso Truman Capote mi era scarsamente sconosciuto, sapevo solo che era l’autore di Colazione da Tiffany, per me solo un film, rivisto ad ogni passaggio televisivo, e di A sangue freddo. Ed è questo libro che mi è stato prestato a farmi conoscere uno stile di scrittura diverso da quanto avevo fin lì letto. Non che sia una novità che lo stile americano sia diverso da quello europeo, forse liberi da un’eredità letteraria “pesante” che grava sui nostri autori generazione dopo generazione, riescono a volare leggeri e pratici tra le parole come una nazione abituata a prendere l’aereo come un autobus. Ma A sangue freddo è diverso anche per la forma, è il primo romanzo-verità, definizione data da Capote stesso. La prima decina di pagine non mi hanno entusiasmato, mi sembravano un po’ stentate e poco coinvolgenti, ma andando avanti ne sono rimasta affascinata. Non solo per lo stile ma perché non stavo leggendo un romanzo ma fatti realmente accaduti, non espressi però in un semplice resoconto di cronaca. Giornalismo narrativo, altra sua definizione.
Così mi sono regalata un altro libro, Musica per camaleonti, una serie di incontri veri con persone sconosciute o famose. Situazioni al limite della comicità o della tragedia, le anime dei raccontati e del narratore che si fondono con gli ambienti di quasi tutta l’America. Marilyn Monroe che sembra uscire dalle pagine come sembrava farlo dallo schermo o dalle fotografie, mistero di una personalità che dalla piattezza passava al tridimensionale. Truman Capote ha conosciuto un numero incalcolabile di persone e viaggiato per il mondo per incalcolabili chilometri. Un’intensità che non è bastata a salvarlo da se stesso ma che è un regalo per noi lettori.
Musica per camaleonti si apre con A Tennessee Williams, per me è già stato una garanzia.

Noi scribacchini rosichiamo e in qualche nostro delirio ci chiediamo se un giorno riusciremo a scrivere qualcosa che affascini non una decina ma un milione di lettori. La risposta è scontata. Però ci chiediamo anche qual è il segreto, se di segreto si tratta, perché ciò avvenga. Domanda più facile, la risposta non è scontata ma almeno possibile. La Prefazione dell’autore è una lezione di scrittura. Riportarne degli stralci non costa niente, come sognare.

Truman Capote iniziò a scrivere all’età di 8 anni e non smise più di riempire le sue giornate di scrittura e di una continua ricerca di miglioramento. Ci mise sei anni a scrivere A sangue freddo. A un certo punto della sua vita rimise in discussione la sua capacità di scrittura, trovandovi un mucchio di difetti. Assenza di arroganza, una lezione per gli scribacchini che vendono un bel po’ di copie.

Poi un giorno mi misi a scrivere, ignorando di essermi legato per la vita a un nobile ma spietato padrone.

(…) la differenza tra scrivere bene e scrivere male, e poi feci una scoperta ancor più allarmante: la differenza tra un ottimo stile e la vera arte; è sottile ma feroce. E allora calò la frusta!

I miei impegni letterari non lasciavano margini: il noviziato innanzi all’altare della tecnica, del mestiere; le diaboliche complessità dei paragrafi, della punteggiatura, del dialogo.

Durante quei dieci anni sperimentai quasi ogni forma di scrittura, sforzandomi di acquisire tecniche diverse, di raggiungere un virtuosismo tecnico resistente e flessibile come la rete di un pescatore. Naturalmente fallii in molti dei campi invasi, ma è vero che si apprende più da un fallimento che da un successo.

Uno scrittore dovrebbe avere tutti i suoi colori, tutte le sue capacità a disposizione sulla medesima tavolozza per poterli mescolare (e nei casi opportuni applicarli simultaneamente). Ma come?

Dopo avere scritto centinaia di pagine di queste cose un po’ stolte arrivai a uno stile. Avevo trovato una struttura in cui potevo raccogliere tutto ciò che sapevo dello scrivere.

C’è una cosa che amo moltissimo negli scrittori, l’uso di termini inconsueti. Ci sono, sono lì, ma accidenti se ci vengono in mente…

(…) l’unico suono della stanza fu il gnaulio del vento che artigliava la finestra.
(…) ogni volta che un tram sbaccanava lungo la stretta via di fuori.
(…) un orizzonte marino striato da sottili nubi fioccose fragili come trina…

Questa invece perché mi ha dato una mezza idea per il futuro…

(…) pietre tombali, verde grigio come il mare, erano per lo più del secolo scorso; quasi tutte avevano una qualche iscrizione a indicare la filosofia dell’occupante. Su una si leggeva: NO COMMENT.