A Sant’Ambroeus si fa il presepe

Non so quali siano i motivi, ma quest’anno decido che è arrivato il momento di fornire alla mia eterogenea famigliola un regolare tetto sulla testa. Sarebbe la sacra famiglia del presepe, ma è un termine un po’ ridondante per statuine spaiate, provenienti da questo o quel supermercato cinese, compreso il bue senza un corno e un san Giuseppe che ogni anno si presenta il dilemma se è veramente lui o un re magio poco regale.

Il primo pensiero è ovviamente quello di acquistare una capanna già fatta. Così via, alla volta del Gran Market, che rispetto al mio usuale cinese è più grande e più ordinato. Ecco, magari ordinato è un termine di nuovo un poco ridondante. Sembra piuttosto che abbiano mantenuto una logica nelle solite mercanzie per poi ricordarsi che è quasi Natale e bisogna provvedere di conseguenza. Le statuine latitano, si vede che gli altri sono più specializzati su quelle, ma abbondano di altro. Vedo una casupina, non il massimo della vita ma pur sempre passabile, ma è impossibile capire quale sia la scatola che corrisponde a quella in esposizione, se è quella già comprensiva di famiglia (e non posso mica fare una famiglia allargata), con o senza luci, quanto costa. Ma mentre cerco di capire, ecco che vengo irresistibilmente attratta dalle bustine con i ciocchetti di legno, le cortecce, i paletti… e il sogno fanciullesco di diventare falegnama si risveglia. Me la faccio io! Prendo una busta qua, una busta là, già tiro linee mentali, erigo edifici in un delirio di legno e paglia finta. La paglia sembra effettivamente finta, ma non la compro perché venduta in piccoli covoni: di siffatta maniera non serve al mio progetto. Ma il legno, lo rigiro tra le mani mentre mi avvio alla cassa, ma il legno sarà sintetico o proverrà come certo pellet trovato in commercio dalle foreste di Chernobyl? Ma sarà quel che sarà, non ci si può preoccupare per tutto. E così eccomi lì, al primo momento libero a mettere insieme i nuovi prodotti made in China con quelli recuperati nei meandri di casa.

La manualità ahimè non è mai stata il mio forte ma non ho mai demorso (le parole però sì, eh?). La casa denuncia subito dei grossi difetti di costruzione. Ma è la cubatura a rivelarsi una questione insormontabile.

Più che un tetto sulla testa la mia famiglia pare vittima di un abnorme abuso edilizio. Arriva un ricordo da lontano, il professore di educazione tecnica delle medie, tale Pennisi, guarda sconsolato il mio disegno di prospettiva e mi dice: Colombo, è tutto storto. E mi tiene lì in piedi alla cattedra, studiando ora il disegno ora me che non profferisco parola, senza un minimo di consolazione. Roba che se lo fai a un ragazzino di adesso i genitori convocano il consiglio di classe, lo psicologo, il giudice, tutte le Corti fino all’ultimo grado di giudizio perché gli hai turbato il figlio, che si porterà quell’immenso stato di umiliazione e sofferenza fino alla senilità, quando la demenza finalmente calerà un velo pietoso su tutto. Non mi resta che tornare al Gran Market e rifornirmi di altro legname. Ormai l’esaltazione creativa mi ha preso, rifinisco i legni di Chernobyl, taglio e pitturo stuzzicadenti, incollo, lego, scoccio.

E poi arriva anche la paglia. Si-può-fareee… perché accontentarmi dei finti covoncini cinesi quando ho un intero parco a disposizione?

È una giornata di sole, gli alberi sfoggiano ancora dei rossi e dei gialli.

L’erba è verde brillante ma… devono essere passati da poco a tagliarla e quindi io non posso tagliarla a mia volta. Non mi resta che cacciarmi sotto un pino e raccogliere gli aghi. Dovevo andar lì solo per un po’ di paglia, e poi invece i legnetti, le cortecce, i funghi,

il cielo, la terra, le foglie, i merli, e vedi se ci sono i coniglietti, e ancora gli alberi, un irrealizzabile progetto di megapresepe che mi si forma in testa con colli e acqua che scende… e niente, quando si va ad erba funziona così.