Ariano Irpino, Taurasi, Grottolella, Altavilla Irpina

Si può invecchiare dignitosamente, con i segni della vita, cicatrici e rughe. Si può farlo sciattamente o, peggio ancora, ridicolmente, agghindandosi come ventenni. Lo sgarrupo irpino, come lo chiamano loro, appartiene senz’altro al primo caso. I paesi irpini sono immersi nel verde, raggiungibili con belle strade e si possono ancora definire grossi paesi per il numero di abitanti, ma qua e là le case di oggi sono intervallate da quelle di ieri, fatiscenti, a volte quasi lì lì per cadere, scrostate. Eppure hanno una loro bellezza e dignità. Belle, perché le pietre antiche hanno sempre un fascino particolare. Dignitose, perché le loro ferite non sono semplice incuria. Il terremoto del 1980, che ha colpito l’Irpinia cambiandone quasi i connotati, l’emigrazione, il fenomeno ormai comune da Nord a Sud dell’abbandono dei paesi di montagna non sono cose da liquidare con leggerezza. Forse anche qui torna un po’ il discorso di Procida. Non sono luoghi di algida bellezza, sono luoghi con una loro storia. E comunque è uno sgarrupo a tratti, perché per il resto questi paesi hanno bellissimi scorci, vivono circondati di boschi che resistono alla cementificazione, alberi di nocciole e castagne, offrono un’ottima gastronomia e sono centri di produzione vinicola di alta qualità.

Mi spiace non avere foto di Altavilla Irpina, poiché ci siamo arrivati solo quando ormai era sera. Oltre a essere un bel paese, vanta il primato (unico in Italia?) di avere ben tre patroni: san Bernardino da Siena, san Pellegrino martire e sant’Alberico Crescitelli, qui nato nel 1863, morto martire in Cina nel 1900, e avo del mio ospite Carlo Crescitelli.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *