Breve report dal fronte

Mi trovo a vagare in una Milano di febbraio dall’aspetto agostano. Quasi in un batter di ciglia sembriamo passati dalle ridondanze di Fabrizio Corona alla sobrietà del Coronavirus. Raccolgo testimonianze di scaffali vuoti nei paesi limitrofi a Milano. Bollettini continui dello sviluppo della situazione. Le conversazioni ormai sono queste. Mi sento allora di dover dare il mio modesto contributo. Ieri entro in un Conad, più che altro per vedere come stanno le cose. Il comparto della carne piange miseria. Pochi e sparsi vassoi lasciati in disordine. Una signora si lamenta dell’assenza totale di candeggina e simili. Un poco preoccupata che il panico si diffonda ulteriormente, oggi faccio tappa alla Coop. Trovo una vicina e mi fermo a parlare, inevitabilmente «di questo coso cinese», ella definisce. Mi avvicino un po’, giusto per non sbraitare, ma noto che lei si allontana, Mantiene le manovre di allontanamento finché non ha capito che ho capito l’antifona. Ritta sulla mia porzione di terreno a circa un metro di distanza, non oso più muovermi. Non starnutisco e non tossisco, ma la prudenza non è mai troppa. Mi elenca tutti i supermercati e le farmacie in cui ha cercato l’Amuchina senza trovarla, neanche quella grossa che si usa in casa.
Al supermercato. Frutta e verdura sembrano essere sotto controllo. Tutti gli occhi vagano su ogni singolo scaffale, meditando cosa può essere conveniente avere in casa in questi tempi duri. La carne di manzo è finita, il pollo rimasto in pochi esemplari, perlopiù quelli più costosi. Uova esaurite. Vedo la situazione latte: esaurito il parzialmente scremato, in pochi pezzi quello scremato e intero. Come a dire: quello scremato non sa proprio di niente e anche se dobbiamo morire lo faremo da magri e con un livello di colesterolo accettabile. Ne compro un litro anche se non ne ho bisogno. Di quello intero, perché quello scremato non sa proprio di niente e se dovrò morire morirò grassa. Il resto dei prodotti alimentari non sono stati saccheggiati, dai biscotti ai formaggi ai salumi ogni cosa è al suo posto e in numero soddisfacente.
Alla cassa dietro di me due signori si lamentano di non trovare l’Amuchina. Nella tasca ne ho mezzo flaconcino riesumato dal cassetto, probabilmente nemmeno più tanto efficace, con italica furbizia penso di poterlo vendere al mercato nero. A casa ne ho un altro mezzo. Potrei pagarmi la spesa.

In questa mestizia, raggi di sole sono i miei amici lontani, campani e genovesi, e queste ironiche “vignette” che iniziano a girare.

Dall’untore lombardo per ora è tutto.

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