3 – Perché NON ho scritto di smart work

Perché si è aperto subito un altro contenzioso. Io glielo correggevo in smart work ma loro niente, e allora smart working sia, ché tanto ormai aveva preso piede anche sugli altri giornali. Ho passato anni a lavorare solo da casa e il fatto di esserci tornata mi riempie di soddisfazione ma dovevo raccontare che a volte avrei preso a pugni quello zuccone di computer? Che per il «sistema ci voleva tempo per essere messo a punto in modo efficiente»? Che il mio amore di computer, che non prenderei mai a pugni in realtà, è stato offeso perché definito obsoleto? E che quello nuovo che invece dovrebbe andare come una lippa spesso si impianta e ciononostante permane in lui un atteggiamento prepotente nei miei confronti, e che questo sì che l’avrei preso a pugni, anche sbattuto fuori dalla finestra. Perché la sua è una storia da reietto. Comprato in fretta e furia quando il mio sembrava abbandonarmi – in realtà era un problema dovuto a uno di quegli aggiornamenti da cretini di Windows che dovrebbero risolvere dei problemi che non hai e invece ne creano altri –, non l’ho mai amato, non l’ho mai considerato come facente parte della famiglia e io sono sicura che questo lui lo sente. Il mio amore quando l’ho lasciato definitivamente, solo per la parte di lavoro on line beninteso, ha dato segni di gelosia iniziando anche lui a dirmi che «il server era occupato dall’altro programma». Quale altro programma se ti ho appena acceso? In questi mesi ho stramaledetto Bill Gates una quantità impressionante di volte e sono convinta che la gente l’abbia accusato di essere il grande ideatore della pandemia per vendicarsi di tutta l’ira che ha provocato. E a tal proposito riferisco una storia vera, raccontatami da un amico che l’ha vissuta in prima persona: «Il computer ha fatto un aggiornamento e da allora la telecamera mi riprende a testa in giù, quindi io appaio in teleconferenza come un pipistrello». Oh, cavoli, gli rispondo, proprio un pipistrello di questi tempi?
Ora, per quanto poco possa essere frequentato questo blog, non potevo rischiare di giocarmi la reputazione affermando che i computer soffrono di gelosia e di senso di inferiorità.

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