Attaccati al tram! / 1

A Milano i tram hanno una doppia faccia: se hai fretta ti fanno venire l’orticaria, sono lenti, impossibilitati a scartare, e per questo devi anche mettere in conto qualche rimbambito che parcheggia fianco rotaia. Ma se vai a bighellonare ti senti un turista. Sferragliano da periferia a periferia passando nel centro e tu te la sfanghi, seduto a guardare fuori come su un City Tour, come su una giostra quando scampanella e, dio santo, quanto scampanellano i tramvieri di Milano.
«Che c’è di strano, siamo stati tutti là». Nei posti clou sì, ma negli altri il milanese va se ci deve andare. Però in certi posti ci torni di quando in quando perché ti piacciono. Per me uno di questi è corso di Porta Romana. E quindi si prende il 16 a San Siro. So di aver ammorbato miei eventuali compagni di viaggio con una canzone per quel luogo lì: Andremo a passeggio per le strade del centro fino a piazza Navona, Com’è triste Venezia, Ricordi quelle sere al Valentino? Genova, dicevo, è un’idea come un’altra. E se io mi trovo proprio sotto San Siro, non posso che ragliare per nascondere l’emozione di questa canzone: «Guardi non posso, io quando ho amato, ho amato dentro gli occhi suoi».
Tornando alle cose pratiche, da San Siro si “clanga” sulle rotaie fino a via Orti, per andare a vedere un luogo restituito a Milano: il Giardino Horti, con relativo complesso residenziale tratto da un ex convento.

Non è una cosa stupefacente, a dir la verità, il giardino forse per via della stagione e il complesso nel suo complesso non è poi sto granché a livello estetico.
Si torna sul corso con meta il civico 113 dove l’artista Cheone ha dipinto questo splendido murale.

Foto da MilanoToday

Invece mi trovo di fronte una parete totalmente gialla, il murale è sparito. Non trovo alcun senso a questa tabula rasa e riprendo il corso bofonchiando e canticchiando Porta Romana bella. Solo al ritorno mi accorgerò che dall’altra parte del marciapiede c’è quest’altro murale, non brutto ma neanche tanto bello.

Il ritorno da dove? Da piazzale Lodi. Attraversatolo, sembra di essere approdati a un’altra latitudine. Giovani individui in maglietta, prendisole, pantaloni corti. Va bene che non ci sono più gli inverni di una volta ma è pur sempre febbraio. Correndo dietro a quest’altro murale,

mi ritrovo immersa nella lingua inglese e tutto si fa più chiaro: gli anglosassoni che hanno fatto loro l’«invincibile estate» di Camus, però a me vengono in mente Totò e De Filippo a Milano ma al contrario: in Italia fa sempre caldo, pure in inverno e pure al Nord, e quindi eccoli partire con i loro imbarazzanti outfit che neanche la città della moda riesce a scalfire. Un irish pub e un meraviglioso fish e chips spiegano solo parzialmente questa sorta di enclave britannica.
In questa Lombardia secca come un basilico espiantato dalla Liguria, non resta che cantare.

E mi e ti nu sem in du
ti te set una dona e mi soo pù
e se ghe on quei d’alter insema a ti
alora voeur dì che semm in tri. Ueeee…
A Porta Romana (ier sera piuveva)
a Porta Vittoria… (ier sera piuveva)
a Porta Vigentina (ier sera piuveva)
in piazza Napoli… (ier sera piuveva)
in piazza Susa… (ier sera piuveva)
in piazza Martini… (ier sera piuveva)
(La forza dell’amore, Enzo Jannacci)

Soundtrack per il city tour
Luci a San Siro, Roberto Vecchioni; Porta Romana, Giorgio Gaber

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