Bates vs Feldenkrais, un esempio di schema mentale

Faccio Feldenkrais da molti anni, mi fa stare meglio ma soprattutto mi piace l’idea di visualizzare parti del mio corpo praticamente inesistenti finché qualcuno non ti guida a riconoscerle, o, come si dovrebbe dire, a prenderne consapevolezza. Per cui, l’anno scorso mi iscrivo al nuovo percorso “Arte e Feldenkrais”, ispirato dal libro Lo sguardo in movimento di Mara Della Pergola, curiosa di quale altro viaggio tra ossa e muscoli possa aver creato Francesca Fabris, la “fatina delle ossa”, come l’ho sempre chiamata.

La lezione alterna la visione di un’opera d’arte a una Cam (Consapevolezza attraverso il movimento), cioè si guarda un quadro, si fa una lezione e poi si riguarda il quadro. Non c’è un giudizio estetico e men che meno tecnico sull’opera, non è questo il punto, si potrebbe anche non conoscere il quadro. Il punto è come possano cambiare le sensazioni che suscita il dipinto prima e dopo la lezione di Feldenkrais.

E qui parte il mio schema mentale: avendo praticato il metodo Bates (ginnastica per gli occhi), mi fisso sul fatto che tutto deve essere necessariamente legato agli occhi, per me esistono solo quelli e quindi ricerco le differenze del prima e del dopo solo nella visione. Non ne trovo o ne trovo davvero poche. Il Bates, occhi, ha preso il sopravvento sul Feldenkrais, postura, scheletro. Il mio cervello, sollecitato sul guardare, si è automaticamente settato sul metodo del guardare. Ne avevo coscienza in quel momento ma non mi sono posta dubbi. Di conseguenza, non ho trovato interessante questo percorso.

Francesca ha sempre avuto una grande attenzione verso le osservazioni di chi frequenta le sue lezioni, dunque ha voluto approfondire questa mia insolita mancanza di impressioni significative. E così è venuto fuori il mio approccio errato. Mi ha quindi chiesto di riprovare dimenticandomi del Bates, e lì mi si è aperto un mondo.

L’opera era questa, Relatività di Maurits Cornelis Escher:

(foto da https://www.analisidellopera.it/)

Mentre lei la porta sul video, ancora piccola, penso: bello, Escher. Appena la foto si ingrandisce provo un senso di vertigini, quasi di nausea, di disequilibrio, di spavento per quella porta buia e per quello che cammina verso una porta chiusa che potrebbe aprirsi e inghiottirlo. Primo schema mentale rotto: vista in un museo o su un libro, nell’ambiente cioè che le compete, questa immagine è bella, ardita, complessa, o può anche non piacere ovviamente. Vista in relazione a me stessa è destabilizzante. La lezione si era aperta sulla parola orientamento e a me era venuto in mente qualcosa di bello: quando cerco di orientarmi in un posto nuovo, il viaggio.

Dopo la Cam, ecco che l’immagine non mi dà più angoscia, gli scalini sono più sicuri perché percepiti più larghi e più solidi, il luogo non è più claustrofobico perché c’è una luce che prima non vedevo.

Avrei tenuto questa esperienza per me se non fosse per la riflessione che ne è seguita: i nostri schemi mentali, costruiti con ciò che abbiamo fatto e vissuto, ci rendono una visione sulle cose univoca. Se una cosa rientra in un nostro schema, non riusciamo a vederne altri con cui approcciarsi a questa cosa.

Non mi addentro nel concetto profondo di giudizio e pregiudizio, è solo una riflessione su se e in quale misura siamo in grado di cambiare prospettiva, di sovvertire l’ordine alle carte a cui abbiamo dato sempre e solo una posizione, di trovare percorsi alternativi se sulla nostra solita strada comparisse un ostacolo.

Link
Metodo Feldenkrais® – Conoscersi attraverso il movimento
Sistema Bates®

 

2 thoughts on “Bates vs Feldenkrais, un esempio di schema mentale

  1. Belle queste osservazioni. Attraverso le lezioni di Francesca hai colto bene quello che ho condiviso nel libro Lo sguardo in movimento: interpretiamo la realtà – quindi pensiamo e agiamo – in base a ciò che sentiamo di essere, ma è possibile ampliare la prospettiva. Quando miglioriamo la consapevolezza delle esperienze psicosomatiche fondamentali – in questo caso era l’orientamento – possiamo arricchire la nostra presenza e imparare a calibrare meglio la risposte a eventi e persone. L’arte ci incanta e diventa veicolo di trasformazione, mentre Feldenkrais accompagna il nostro stupore con intelligenza e delicatezza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *