E se fosse la fotografia a salvare il mondo?

Foto di Jasper Doest

Foto di Jasper Doest

Tecnologia, tecnica, studio, pazienza, fortuna: fattori umani. Bellezza, fattore naturale. Nel momento in cui coincidono nascono i capolavori della fotografia naturalistica. E se riuscissimo a farli incontrare in ogni altra nostra attività, se ci approcciassimo noi e le nostre macchine alla bellezza della natura con lo stesso rispetto con cui lo fanno i fotografi, potremmo mai salvare quel ci resta?
Chi ama la natura e la cerca per il mondo, sulla carta o sulla pellicola conosce quella sensazione dolorosa che sempre accompagna ogni esperienza: la minaccia, la fragilità, la consapevolezza che forse non ci sarà una seconda volta per vedere, per sentire, per stupirsi davanti alla bellezza. È ciò che si prova a visitare la mostra Wildlife Photographer of the Year. Commossi da quanto bello possa essere il mondo, affranti da quanto sia in pericolo. Arrabbiati per quanto abbiamo già perso noi e per quanto stiamo facendo perdere alle prossime generazioni, chiedendoci perché se altri si sono già arrogati il diritto di portarci via tanto, ottusamente continuiamo sulla stessa strada. Ma un effetto contrasto luminoso c’è in questa mostra, come la luce che illumina il muso sonnecchiante del leone sull’albero nella foto di Joel Sartore.

Foto di Joel Sartore

Foto di Joel Sartore

Sono le frasi di alcuni fotografi, che esprimono il rispetto per la natura, il desiderio di conviverci, di smetterla di ritenerla altro da noi: «I leoni erano abituati a lui (il biologo) e al suo camion e non ci prestavano la minima attenzione» (Joel Sartore). «(il giovane maschio di leone) sollevò la testa a fissarmi un paio di volte. Ma in realtà non era interessato né a me né all’incredibile spettacolo che stava avvenendo dietro di lui» (Hannes Lochner). «Ho seguito quest’orso finché non si è seduto a mangiare. Era veramente un sogno che si realizzava, un sogno che avevo fin da bambino, camminare nella foresta con un orso» (Paul Nicklen). «È un tale onore quando un animale ha così fiducia in te da addormentarsi in tua presenza» (Jasper Doest).
E un dettaglio fondamentale: la bravura e la tecnica già così stupefacenti dei giovani vincitori delle sezioni 15-17 anni, 11-14 anni, Fino ai 10 anni, ma soprattutto la loro sensibilità.

Molte delle foto realizzate hanno anche carattere di ricerca e scientifico, come quella del fotografo subacqueo Paul Nicklen, che è riuscito a fermare una particolarità dei pinguini imperiali: «Studi recenti basati sull’analisi di filmati della Bbc hanno dimostrato che i pinguini imperiali, per imprimere l’accelerazione necessaria, al momento di uscire dall’acqua rilasciano milioni di microbolle dalle piume. Ciò permette di ridurre l’attrito con l’acqua e li aiuta a raggiungere la massima velocità».

Tra le foto più sorprendenti e curiose, un orso a caccia di uova abbarbicato su una scogliera (Jenny E. Ross); il salto della volpe (Richard Peters), il duello tra una volpe e un’oca (Larry Linch), il corvo che gonfia le piume (John E. Marriott), uno scoiattolo e una vecchia auto (Pal Hermansen).

C’è anche la sezione Natura in bianco e nero. Anche qui alcune foto sono molto belle, personalmente però continuo a ritenere questa tecnica più adatta ai ritratti e agli insediamenti metropolitani. Mi sembra una mortificazione degli splendidi colori della natura (che ne sarebbe stato di un Van Gogh daltonico?).

La mostra, che terminerà il 22 dicembre, si svolge a Milano al Museo Minguzzi, via Palermo 11. Il costo dell’ingresso è di 6 euro, con sottoscrizione della tessera associativa.
Il catalogo è del National History Museum of London.

 

 

 

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