La Reggia di Caserta

Il mio desiderio di vedere la Reggia di Caserta risale ai tempi del liceo. Per quanto riguarda la parte storica e artistica rimando al sito ufficiale.
Io mi attengo allo stile “impressionistico” di questo blog. E di impressioni la Reggia di Caserta ne suscita proprio tante. Così capiterà, entrerete in qualche stanza e sentirete il respiro che si interrompe per qualche secondo, vi verrà voglia di sedervi per terra (non sul trono, per carità, che nonostante i reucci di turno siamo pur sempre una Repubblica) e restare lì a guardare per ore. Gli ori di alcune stanze sono abbaglianti. La bellezza a volte è difficile da gestire.
Il viale di accesso alla Reggia è di fronte alla stazione di Caserta (molto bene collegata con Napoli) e già solo lui dà l’idea dell’imponenza del complesso. L’edificio è immenso ma l’architettura della facciata abbastanza sobria. Però la sobrietà cessa qui. L’ingresso, con vari cortili interni, è monumentale, soffitti altissimi e affrescati, la doppia scala che porta alla Cappella Palatina e agli Appartamenti storici è maestosa. Le stanze sono una sequenza di ridondante eleganza giocata su affreschi, stucchi, mobili, lampadari, sculture, suppellettili.
In una stanza, dietro a un vetro polveroso che dà su un’altra camera, intravedo una gran quantità di oggetti probabilmente in porcellana, segno che la Reggia nasconde altri tesori non accessibili. Ma questa non è l’unica nota stonata e alla fine del giro ci sarà di che arrabbiarsi, come sempre, in questa Italia così bistrattata.

Il percorso degli Appartamenti richiede gambe e circa due ore, ma il “problema” della Reggia è che ha un parco che merita quanto gli interni e che si estende per circa tre chilometri. I mezzi di trasporto disponibili sono tre: i piedi, che però ormai sono un po’ sulle loro, e considerando che si chiude alle 16.30 è meglio trovare qualcosa di più veloce; i cavalli con calesse, che però scarto a priori visto che l’idea di poveri animali tenuti a disposizione ore e ore non mi esalta. Resta il terzo, che scelgo con gioia fanciullesca: la bicicletta! Il signore me la fornisce anche dotata di cestino e insiste per la catena: non vedo perché dovrei avere la catena all’interno di un parco privato ma ok, se lo dice lui…Scoprirò che più tardi mi tornerà utile quando, nell’imponenza della prima fontana, un pulmino scaricherà un gruppone di russi. Se voglio continuare a godermi la vista, devo assicurare la “mia” bicicletta. Che un gruppo di russi dotati di confortevole pulmino attentino al mio mezzo di trasporto non ha senso, ma il viaggiatore a volte teme di non poter fare ritorno. Vengo fermata solo dalle salite, che da lontano non avevo considerato nella loro effettiva pendenza. Dopo un paio di deviazioni verso le strade che portano a sinistra e destra, decido che è meglio tenermi sulla retta via e medito sul fatto che questo luogo in realtà richiederebbe due giorni: uno per la Reggia e l’altro per esplorare il parco nella sua interezza.

Il ritorno è molto più facile, la strada è in discesa, il percorso a un tratto completamente libero dà la stura a miei deliri principeschi, maturati via via tra fontane e vialoni: libero la briglia al mio destriero, mi lancio in corsa nel viale e mi immedesimo in un nobile che corre sul suo cavallo (per ovvie ragioni pratiche un uomo, ché non sto passeggiando con un ombrellino né potrei mai cavalcare seduta di lato sulla sella come facevano una volta le donne). Inchiodo solo in prossimità della Reggia, quando un vero cavallo in mezzo alla strada con calesse e tutto il resto sembra guardarmi preoccupato. Al ritorno penso che le mie immedesimazioni hanno almeno avuto il buon gusto di mantenersi entro i confini nazionali, ci voleva un niente perché deviassero verso l’amata figura di Lady Oscar e il suo cavallo bianco, che infatti mi viene in mente lì, sul trenino che mi sta riportando verso Napoli…

bici-lady

Se mi fermassi qua, dove tutto sembra ok, farei un favore a quei balordi che ci governano e che hanno anche l’arroganza di credersi più intelligenti di noi. La Reggia è un tesoro e come tanti altri tesori d’Italia è sfregiata nel suo valore. C’è mancanza di personale, e mancava anche la luce, quel giorno, così che a volte se ne andava proprio mentre stavo guardando un affresco o non c’era del tutto in tante stanze semibuie. Mancava nell’unico bagno, posto all’esterno in una specie di cunicolo con scale, alla faccia dell’abbattimento delle barriere architettoniche e, ironicamente, dove è tornata solo a fine giornata, quando mi ero ormai rassegnata a usarlo con l’aiuto della lucina del cellulare. Va da sé che luoghi come questi sarebbero la ricchezza di tutti, ma è più utile lanciarsi in estenuanti battaglie su un articolo 18 che si è già autoestinto per evidente mancanza di lavoro.

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