Un giallista perseguitato dal fascismo

Noi che abbiamo avuto la fortuna di nascere in una democrazia non ci rendiamo mai veramente conto di quanto siamo debitori a chi non ha avuto la stessa fortuna.
Sappiamo da dove vengono i diritti umani fondamentali, tanto per citarne uno la libertà di espressione, ma non riusciamo a immaginare, o il ricordo risale ai tempi della scuola, troppo sopito per riportarlo costantemente alla memoria, che qualcuno abbia pagato con la vita anche per ciò che è la nostra parte di quotidianità dedicata allo svago.

Si può dire che oggi il genere giallo-noir- thriller abbia preso il sopravvento sia nella scrittura sia nelle produzioni cine-televisive. Molti giallisti, molte persone che amano il genere. Ora, immaginate che qualcuno decida che questo genere non va bene, perché non è abbastanza italiano, è più legato al mondo anglosassone, perché i crimini vanno nascosti: l’idea che deve passare è quella di una società pulita. E ora immaginate che tutti i nostri giallisti vengano perseguitati, incarcerati e infine uccisi per strada a botte. Direste che sono passata dal giallo alla fantascienza, o a un infimo noir. A un infimo noir certamente: all’infimo nero del fascismo. Alla fantascienza no, perché questa sorte è toccata ad Augusto De Angelis, tra i padri del giallo italiano, giornalista perseguitato per i suoi articoli antifascisti ma anche per il semplice fatto di essere uno scrittore di storie di crimine.

Scoperto per caso, sto leggendo ora uno dei suoi libri ambientati a Milano con protagonista il commissario De Vincenzi, La barchetta di cristallo. Una scrittura ricercata eppure semplice, brevi paragrafi che riescono a racchiudere descrizioni precise degli ambienti, psicologia dei personaggi, i loro pensieri espressi e quelli solo pensati, e una trama costruita seguendo quello che il cinema definisce montaggio alternato. La tensione, componente base perché uno sbiadito canarino diventi un giallone, schizzata a piene mani.
Già dalle prime pagine avevo deciso di farne una recensione, sennonché, mentre godevo di questa lettura, senza alcun timore di essere trascinata fuori di casa e incarcerata, ho pensato alla sofferenza dell’autore Augusto De Angelis, ai tanti che hanno subito la stessa sorte.

In un momento come questo in cui ci sono segnali affatto buoni, ricordare certe vicende è più utile di una recensione, perché noi nati nella democrazia siamo un po’ distratti, perché pensiamo che i nostri diritti siano lì da sempre e sempre ci saranno.

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