Elena in the sky with diamonds

quel cielo di Lombardia, così bello quand’è bello, così splendido… 

Tu che conosci il cielo, saluta Dio per me. E digli che sto bene, considerando che… che non conosco il cielo però conosco te

Lo sai che colore han le nuvole basse e i sedili di un’ex terza classe? L’angoscia che dà una pianura infinita?

Pensai di entrare per stare assieme a bere e a chiacchierare di nubi

Tra alti pioppi il vento domanda: ma può morire un fiume?

Un paese ci vuole, non fosse per il gusto di andarsene via.

Sempre con il sole in faccia fino a sera, finché la sera di nuovo sarà

(Cielo di un’altra Lombardia)

Si ringrazia per averli meschinamente sfruttati, in ordine di apparizione: Beatles, Alessandro Manzoni, Luciano Ligabue, Francesco Guccini, Nomadi, Cesare Pavese, Vasco Rossi

La finestra sul cortile

Sono quasi sicura che c’è qualcuno tra quelli che conosco che pensano che sono una specie di svizzera pedante, senza nemmeno il beneficio di essere bionda e bella come la Hunziker o le storiche gemelle Kessler. Ma io non posso farci niente se in certe situazioni vedo una progressiva e inesorabile decerebralizzazione delle persone.
Arriva un camion dei pompieri, uno di quei cosi grandi, grossi e rossi che fin da bambini sappiamo avere la precedenza su tutto ciò che stiamo facendo in quel momento (sapevamo). È già quasi dentro al cancello grosso ma deve arretrare in strada per far passare il camioncino del Gls, che poteva passare dall’altro cancello ma quando la decerebralizzazione è avviata pare non potersi mettere in pausa. Ma va bene, chiudiamo un occhio su questo scontro di titani. Il camione pompierone riesce a piazzarsi in mezzo, come è suo diritto, e la cosa dovrebbe essere finita lì. Macché. La signora anziana e zoppicante con cane dalle medesime caratteristiche decide che sarebbe troppo complicato utilizzare il cancello delle persone, è chiuso, bisogna tirare fuori le chiavi… si schiaccia tra il camion e il muretto. Non so perché, ma anche dal mio piano alto alto mi sembra di cogliere un attimo di perplessità, qualcosa tipo: really?! nel cane. Però stavolta sarà finita lì. Due deficienti in pochi minuti dovrebbero bastare. Ti pare che la signora col cane non debba avere un emule? Che qualcuno usi il cervello per usare il cancello per le persone, che poi dall’interno non hai neanche bisogno della chiave? Ma certo che no, diamine. Anche lei deve passare di lì, schiacciandosi lato camion e addirittura arrivando a cercare di chiudere la portiera che quei maleducati di pompieri hanno lasciata aperta. Per un attimo ho sperato che i pompieri azionassero l’idrante e mandassero tutti… Heidi, Heidi, le caprette ti fanno ciao. Accipicchia, qui c’è un mondo fantastico…

Quando si spezzano le funi interiori

Per quanti segni possa lasciare, penso che più o meno tutti, magari con tempi diversi, riusciamo a inquadrare un evento tragico come qualcosa che appartiene al corso della vita. Quando l’evento tragico è dovuto al disprezzo per la vita, a una specie di gioco della roulette russa da parte di un essere umano, farsene una ragione è impossibile.

La mia fune interiore si era rotta con il ponte di Genova, preceduto da altri ponti, da altre barriere che non avevano retto, fatti che avrebbero dovuto accendere un campanello d’allarme in chi di dovere, una voce interiore che dicesse loro che acciaio e cemento sono come l’unica pallottola nella pistola. La fune interiore è quella che lega ciascuno di noi al resto dell’umanità, la visione che sì, ci sono delle falle, ma c’è sempre anche una certa fiducia nel tuo prossimo o, più che altro, la fiducia che la maggior parte delle persone sapranno tirare il freno, che ritroveranno nascosta da qualche parte la coscienza.

Stamattina leggo che la caduta della funivia di Stresa è dovuta a degli uomini, ancora una volta degli uomini hanno giocato alla roulette russa con altre vite, e con la loro stessa vita, perché finire in galera e convivere con le morti che hai causato vuol dire che non hai rispetto nemmeno della tua di vita.
Quando ho saputo che a bordo c’erano degli israeliani, per un attimo ho pensato che potesse essere stato un attentato. Impossibile, gli attentati non si basano sulla casualità se l’obiettivo prende o meno e proprio in quel momento la funivia. Mi ritrovo a pensare che se così fosse stato si sarebbe collocato a un livello più “alto”, due virgolette perché così si scrive, venti virgolette per parte perché così va percepito. Invece è stato per il più abietto dei motivi: soldi. Non sarebbero morti di fame questi, né quelli di Autostrade né quelli di Trenord eppure quei quattro spicci valevano più delle vite e della loro coscienza.

Vado a rimettere gli ultimi fili di fune perché mi erano rimasti incastrati da qualche parte, tra gola e stomaco probabilmente, vi lascio in compagnia di qualcosa di non umano.

La parola del giorno: inesitate

Dal sito delle Poste: raccomandate inesitate. Ci ho messo un po’ a capirlo, anzi, nella mia ottusità pensavo fosse un refuso… intestate, inesistente? Mi ci sono messa seriamente. 1) Suddividerlo: in-esitate, 2) connettere esitate con esito, 3) ci sono arrivata, 4) cercare sul vocabolario per conferma.
Dalla Treccani: «1. (burocr.) Di corrispondenza non giunta a destinazione: raccomandata inesitata».

Giustamente, quando alcuni termini non fanno parte del mondo comune, i vocabolari specificano a quale mondo appartengono.
Quando qualcuno vi chiede di fare una cosa che non avete voglia di fare e poi vi chiede perché non l’avete fatta, non esitate a stupirlo con: la tua richiesta è rimasta inesitata.

Pragmatismo e resilienza

Prima solo gli inglesi erano pragmatici (decidere che è meglio prendere un taxi anziché schiantarti contro un muro quando caracolli fuori dal pub pieno come una zucca e non sono neanche le 10 di sera richiede una certa dose di pragmatismo). Prima la resilienza era confinata a questione tecnica riguardante la proprietà di un materiale (quanto puoi prendere a mazzate una vite ostinata prima di spanarla del tutto), poi in un certo momento è passata al campo della psicologia (quanto puoi resistere alle mazzate della vita prima di svalvolare del tutto), poi all’agricoltura (c’è poco da ridere, devi imparare a ricavare qualcosa da mangiare anche se sei nato in una terra che non vuole darti niente). Poi si sa come vanno queste cose, inizia uno, la parola piace e allora la metti spessatamente e ovunquemente.

Trentamila tifosi che si assembrano senza mascherine e si sputacchiano addosso, una signora che a mo’ di carbonaro si rinchiude segretamente in un ristorante oltre l’orario consentito, arrivano i carabinieri e lei protesta che quello è un suo diritto costituzionale (i padri della Costituzione hanno già deciso che la prossima volta le infinite discussioni sui diritti umani le faranno al bar), orde di ragazzini che di notte si pigliano a sediate così, tanto per fare qualcosa, sembrano ottimi esempi di pragmatismo e resilienza.

Ps: mentre vengo a caricare il post, trovo una decina di messaggi in cirillico. Ora, capisco che anche gli spammer fanno il loro mestiere e resiliano (l’ho inventato così, sui due piedi) come possono, però pensare che tutti gli italiani capiscano il cirillico non mi sembra molto pragmatico.