Quei gran geni dei pubblicitari

Non so chi l’ha detto ma sicuramente aveva ragione: la pubblicità serve a ingenerarti bisogni che non hai. La prima in questione non è un vero e proprio bisogno quanto un far leva sulla situazione psicologica in cui versano le madri bombardate da nefaste notizie sulla pericolosità di alimenti e sostanze in essi contenuti e dei contenitori che essi contengono. Il creativo ha ragione, ma non ha considerato che lo spot a un adulto non coinvolto nella medesima situazione psicologica suscita un’ironia che cinicamente cancella le idilliache immagini del rapporto madre/bambino. Lo slogan «Mamme tranquille, bimbi felici» fa venire in mente che i bimbi sono finalmente felici perché non vengono più pressati dall’ansia materna che esplode ogni volta che il piccino mette in bocca elementi esistenti in natura non bolliti e sterilizzati. Con quella bottiglietta a misura di manina, con un tappo speciale, con dentro bevande ipercontrollate, la mamma si cheta e non rompe le scatole. Però l’adulto si pone anche un quesito, relativamente alla sola acqua minerale: ma se quella è ipercontrollata e ipersicura perché destinata ai bambini, allora nella bottiglia grossa destinata all’adulto grosso ci metti l’acqua come viene viene? Ovvio che no, stessi controlli per bottiglia e acqua, anche perché può esserci sempre una madre poco accorta che riempie una bottiglietta con quell’acqua lì della bottiglia grossa. Però è rassicurante convincersi che fanno l’acqua solo per i bambini.
Ma se ci fosse il Nobel per i pubblicitari non avrei dubbi: lo darei a quello dei baby hair. La prima reazione stralunata è: what’s baby hair?! Non ci vuole molto ad arrivarci: sono capelli bambini, e quindi, qual è il problema? E uno inquadra meglio la situazione: quando mi lavo i capelli vedo in controluce che spara fuori qualcosa, non è che ci faccio molto caso, spazzolo, se voglio, spara fuori lo stesso, e pazienza, non è un alien che mi sta uscendo dalla testa, sono solo capelli più corti, come è ovvio che sia, mica crescono tutti insieme a comando. Però, accidenti, che si chiamassero baby hair non ci avevi mai pensato, ed ecco che ci mediti e la tua immagine riflessa nello specchio inizia a trasformarsi nella tua mente, le cose che sparano fuori hanno un nome, e la tua immagine non è più quella di una persona con i capelli ma di un leone che si è dato una scrollata di criniera, eh, però al leone sta bene la spettinatura, allora sembro un bobtail passato per le mani di un toelettatore principiante, e questo è peggio perché i cani vivono con noi, non in mezzo alla savana, si possono fare paragoni, vuoi mai che qualcuno ti dica: come mai hai tutti quei baby hair? E dopo notti insonni e vani tentativi con lo shampoo disciplinante (secondo Nobel a chi ha inventato questo termine) capisci che devi assolutamente avere il phon che «nasconde i baby hair». Un nascondimento la cui durata sarà quasi certamente proporzionale al tasso di umidità e alla quantità di vento del posto in cui vivi, ma fa niente, vuoi mettere aver risolto il problema esistenziale dei capelli bambini?

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