Quel diavolo di Torino che sorprende sempre

Dicembre è un mese di incognite: tempo avverso e malanni di stagione potrebbero far perdere caparre e biglietti ferroviari con prenotazione. In un periodo di prezzi sempre più esosi è meglio scegliere luoghi in cui puoi decidere tutto all’ultimo minuto, compreso il treno regionale che prendi e vai. Ma, oltre le riflessioni pratiche, Torino è una città che merita più e più visite.

«Madonna, questi son messi peggio di noi» è la prima frase posato il secondo passo sul suolo sabaudo. La nebbia riduce la visibilità e le belle luci natalizie sembrano più uscite da un quadro impressionista che non far sfoggio del loro nitido splendore. Era da un bel po’ che non vedevo la nebbia nel centro di Milano e invece eccola nel centro di Torino.

La sera che avanza e la nebbia che ammanta è l’atmosfera ideale per iniziare il giro dei luoghi esoterici. Eh sì, quest’anno ho voluto vedere di persona i posti che non mancano mai quando si parla di questa città. Ci si avvia così verso il signore delle tenebre: il Portone del diavolo, in via XX settembre 40, e Gli occhi del diavolo, in via Lascaris 1. Dopo tre secondi di permanenza davanti al portone, arrivano quelli superorganizzati in tour con guida, io, più modestamente, mi affido a al web. È una grande porta di legno abilmente intarsiato, non so se tuttora utilizzata, ma comunque di una banca, il che sembra appropriato visto che vi si conserva lo sterco del diavolo.

Gli occhi del diavolo, poco distanti, sono un po’ più difficili da individuare perché si ha la tendenza a guardare su o ad altezza dei nostri occhi, invece si tratta di una serie di fessure nel marciapiede a forma allungata di occhio. Perché non ho foto di questi due posti? Perché c’era buio e se facevo la foto poi magari non veniva niente… tranne una figura caprina.

A completare il trio dei luoghi esoterici tra di loro raggiungibili a piedi c’è la Fontana di piazza Solferino. Prima di arrivarci, c’è la piazza in sé che è davvero bella,

le rassicuranti bancarelle di un mercatino di Natale dove ci sono anche quelle di cioccolato in tutte le forme e varianti e una pista di pattinaggio. Dietro a tutto questo, ecco la maestosa fontana.

Il giorno dopo si parte alla volta della Gran Madre, per completezza chiesa della Gran Madre di Dio, oltre il Po venendo da via Po, in Borgo Po. «Andiamo a vedere il nostro padre Po che senza di lui chissà cosa saremmo», e così, anche il padano non leghista si intenerisce e abbonda di po’.

Più tardi, su un autobus preso fino al capolinea e ritorno, tanto per goderci la città anche agli estremi dove si vedono le montagne innevate, avrò modo di sussurrare: «Le chiese non sono il loro forte. Hanno palazzi bellissimi, pasticcerie sontuose, ma le chiese sono tutte uguali». «Neoclassico», ma non avverto dissenso.

Questo non vuol dire che sono brutte, anzi. La Gran Madre si presenta imponente, con una gran scalinata (ma c’è anche l’ascensore) dalla cui sommità si vede l’enorme piazza Vittorio Veneto e gli eleganti palazzi lungo il fiume.

 

Quarto e ultimo luogo esoterico (ma ce ne sono altri) è piazza Statuto, con la Guglia Beccaria (il matematico Giovanni Battista, non il “nostro” Cesare) e il monumento del Traforo del Frejus. Anche questa piazza colpisce per l’ampiezza e i palazzi, e naturalmente per il monumento costruito con le pietre estratte dalla montagna.

In questi giorni di festa la Reggia di Venaria Reale è aperta anche alla sera e offre uno spettacolo di giochi di luce proiettati sulla Reggia e su due chiese del borgo,

anch’esso illuminato a festa. Ci accorgiamo subito che è una residenza che richiede quasi una giornata per visitarla e così ci fermiamo a godere di questi bellissimi colori che si fan più vividi man mano che la luce naturale cala.

 

L’ultimo giorno è per Palazzo Madama e la mostra sul Liberty. La mostra mi sento decisamente di sconsigliarla, i pochi oggetti esposti non giustificano il costo di ingresso così alto. Tranne un quadro e poco altro, non è molto attrattiva. Interessante invece il video sui palazzi Liberty di Torino. Il museo è su tre piani, più il giardino botanico, ovviamente triste in questa stagione, e la torre da cui la vista sulla città è splendida. Contiene centinaia di collezioni di tutte le epoche e di diversa specie, la visita è quindi molto lunga e, contrariamente a Palazzo Reale dove il tempo passa veloce per tanta bellezza, parecchio stancante.

Interessante il piano zero con la collezione di quadri e statue che vanno dal 1200 al 1500/1600 circa: si vede chiaramente l’evoluzione dell’arte pittorica, dalle prime figure con la testa incassata, sproporzionate tra di loro alla scoperta della prospettiva e delle misure. Incantevole il Ritratto Trivulzio di Antonello da Messina.

 

 

Impressioni foreste

– Come si chiamava la macchina di quel film di Clint Eastwood? Torino o Gran Torino?
– Gran Torino. Perché?
– Gtt, la società di trasporti, starà per Gran Torino?
Eehh, ogni tanto mi partono le ideone, ma niente Clint Eastwood, Gtt sta per Gruppo torinese trasporti.

Gli autisti dei bus guidano alla garibaldina.
Questa non è partita da me ma, avvinghiata a qualunque sostegno per non essere disarcionata, approvo: – Pare giusto. Così è stato e così continua ad essere.
Guardiamo la quantità di vialoni e vie spaziose, a Milano molto più rari, i palazzi, quelli con gli abbaini «sembrano proprio francesi», per gli altri, privi di fronzoli, semplici ma così tanto belli, decidiamo per «rigorosi», nella migliore accezione del termine.

Torino è facile da girare perché a pianta romana, il difficile è ricordarsi il nome delle vie perché quasi tutte sono intitolate a re, regine, principi e principesse.
– Come si chiama questa ponte?
– Vittorio Emanuele
– Come si chiama questa via?
– Vittorio Emanuele
– E questa?
– Vittorio Emanuele
Le prime due risposte le ho date corrette, le altre per comodità, che diamine, non posso ricordarmi tutti i Savoia!