Misto di pensieri sulle opere pro Expo

darsena1Il 26 aprile decido di andare sui navigli. È l’ultima domenica del mese, quella del mercato dell’usato. Lo scopo è trovare una bicicletta che assomigli sufficientemente a un rottame così che possa resistere almeno una settimana al furto. Un po’ di ansia ce l’ho, perché quelle bici lì non si sa mai quanti legittimi proprietari abbiano avuto e ritrovarmi faccia a faccia con uno di loro che vaga alla ricerca di giustizia per il reato di sottrazione indebita non mi rallegra.
Esco a porta Genova e il caos si profila subito all’orizzonte, ma fortunatamente via Vigevano è chiusa al traffico. Non è la prima volta che mi ritrovo in mezzo a un caos convulso senza capirne il motivo («Se mantieni la calma mentre tutti intorno a te hanno perso la testa, probabilmente non hai capito qual è il problema», Woody Allen?) però poi mi rammento della situazione: è il giorno dell’inaugurazione dell’apertura della Darsena dopo il restauro. Ma ormai è troppo tardi, la corrente umana mi ha sospinto sulla sponda del naviglio, il gorgo mi impedisce di tornare indietro e anche di guardarmi intorno, la striscia di cemento è perennemente occupata e mi tocca camminare sui ciottoli “artistici” a passo di lumaca, il dolore fisico mi agita brutti pensieri: che cosa muove l’essere umano a cacciarsi in questi guai, perché uno affronta tutto ciò pur sapendo che la darsena sarà lì anche il giorno dopo e dopo ancora? E per di più del mercatino dell’usato neanche l’ombra. In molti di noi deve permanere qualcosa dello spirito di chi fece le Cinque giornate di Milano: il mio stato di insofferenza si mitiga  vedendo un signore in carrozzella spinto da una signora anziana e da un’altra con la bombola d’ossigeno: stanno trafficando per incanalarsi, in discesa, nella fiumana da cui sono appena uscita e, pur nell’amarezza, riconosco ai tre un indomito coraggio. Finalmente raggiungo la darsena e cerco di infilarmi tra un corpo e l’altro degli spettatori ammassati al muretto. Sarà la stanchezza, ma quel che riesco a vedere non mi entusiasma. Mi sovvengono le immagini di quel parcheggione fatiscente, di quel mercatuccio perennemente olezzante di pesce eppur tutto così autentico e famigliare e non ne ritrovo più niente. Ma neanche mi viene da dire: che brutta. Riesco a circumnavigarla e la parola mi si profila: dozzinale. Ma non so perché. Volgari certo gli infiniti cubi della Vodafone, estraneo il maxischermo nel mezzo, i lastroni di cemento senza un albero mi fan venire in mente le torride estati milanesi: chi mai resisterà su quella gettata? Ma perché dozzinale? Illuminazione: i mattoncini rossi e le parti in ferro tinte di verdone scuro sono gli elementi architettonici che più ricorrono negli ultimi anni, soprattutto nei supermercati Esselunga.

darsena2darsena3Questa Darsena piacerà ai turisti, forse a noi un po’ meno, ma l’importante è che sia stata riaperta. La via De Amicis diventa il mio miraggio e finalmente la raggiungo, un’oasi di pace. Le serrande dipinte di un paio di negozi risollevano il mio animo e mi ricordano i commenti scambiati in questo blog circa i murales.

deamicis1 deamicis2deamicis3
Sinceramente non avrei fatto un post su questa giornata, avrei solo pubblicato le foto delle serrande. Ma ieri mi sono messa a sfogliare Sette e ho letto questo titolo: “Faccio una scommessa sulla Darsena. Ora sembra bellissima ma credo che sarà tutta imbrattata da graffiti in men che non si dica. Perché Milano è a tolleranza mille e i ghisa chi li ha visti” (Sette, 8 maggio 2015). L’articolo è di Aldo Grasso che, – è solo mia opinione personale – fa parte del trio Lescano con Beppe Severgnini e Francesco Alberoni: scrivendo del banale, se non addirittura a volte del nulla, per oscure ragioni hanno scalato le vette del giornalismo italiano. L’insipienza di Aldo Grasso, che si vede che si è convertito da critico televisivo o perché ne aveva abbastanza della tv o perché la tv ne aveva abbastanza di lui, non arretra di un passo: Milano è buona con tutti, i vigili milanesi latitano sia per i graffitari sia per gli automobilisti incoscienti, come se la gravità dei due atti fosse la medesima, come se i disegnatori potessero uccidere quanto un idiota che guida con l’occhio incollato al cellulare. Per lui la Darsena è bellissima e basta, non un dubbio sul perché il Comune di Milano abbia dovuto piegarsi alle esigenze del presumibile sponsor Vodafone, sul perché non c’è più un’architettura che sia armonica con il già esistente quando deve calarsi in un vecchio contesto. Perle di saggezza giornalistica che galleggiano come bolle di Grasso sull’acqua.

Il 29 aprile è il giorno dell’apertura della Metro 5 Lilla. Il 30, con palpitante emozione la prendo. È affondata giù sotto in una sequenza interminabile di scale ma ci sono le mobili e le ascensori. Stazione San Siro. Treno senza autista (e speriamo che non sia sistema Microsoft… il sistema non risponde… Ctrl+Alt+Canc… finestre si aprono e non si chiudono, e aspetti attonito finché in un moto di rabbia non gli strappi la batteria dalle viscere e poi gliela ricacci dentro, lo accendi e vai a fare dell’altro intanto che lui si ripiglia). Entusiasmo infantile: linda, nuova, con le porte esterne che si aprono e poi quelle interne, e poi via, lanciati nel tunnel senza conducente, una sorta di Gardaland in minore. E ci parliamo tra noi milanesi, come nella nevicata dell’85. Ma qui qualcosa si rompe anche in me. Io so. Io so delle orde di tifosi, orrendi replicanti privi di cervello, perennemente ubriachi, che sparpagliano pericolose bottiglie di vetro ovunque. Quanto resisterà questa meraviglia della tecnologia? San Siro, pensaci tu.

6 thoughts on “Misto di pensieri sulle opere pro Expo

  1. Tempo di esperienze urbane “forti” per tutti, allora! Una settimana fa circa ho preso per la prima volta il Minimetrò (trenino sopraelevato, cabine singole, piccole, senza autista) di Perugia, da anni che c’è. Tutto funzionale, grazioso, lindo e pulito… anche perché non lo prende mai nessuno.

    Quanto alla Darsena, sarebbe da sentire il commento di Dino Buzzati, poràccio. Ma un enensimo “grazie” ai graffitari 😉 Quello giapponesizzante con la gru è delizioso.

    Rilancio pure questo post.

    • E infatti è un ristorante giapponese. Tutte insieme sono un bel colpo d’occhio.
      A Perugia c’è un trenino? Porta su o gira in tondo? Forse non lo prende nessuno perché gli fanno fare un percorso non razionale o, boh, magari sono come quelli di Genova, che non prendono la metro perchè non gli è mai andata giù, eppure è così carina… corta, limitata negli orari ma carina.

      • Pre-S.: Ma com’è che continuo a pigiare il pirillo per ricevere per email le notifiche dei commenti/risposte nei tuoi post, e non arrivano mai? Fortuna che ogni tanto, insospettito, torno a controllare di persona >:-(

        Il trenino perugino porta avanti e indietro dal centro (più o meno) nella zona alta al mega-parcheggio a valle. Torna utile 2 o 3 volte all’anno: Eurochocolate, Umbria Jazz…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *