Perché ci vuole orecchio

Per chi pensa che gli asini volano nel ciel… Du du du du du.
Per chi non ha mai smesso di ridere, neanche novant’anni dopo.
Per chi si saluta ancora con un arrivedorci.
Ma soprattutto per chi ha gridato allo scempio degli ultimi orribili ridoppiaggi, l’occasione è quella giusta. Per scoprire tutta la storia del doppiaggio della lunga carriera di Stanlio e Ollio vediomoci alla Manifattura Tabacchi, viale Fulvio Testi 121, Milano, Venerdì 17 febbraio alle 17.00.

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Comencini amore e fantasia. E nemmeno manca il pane(ttone)

Ancora un altro evento per chi cerca l’invisibile dietro le immagini.

Alla Cineteca italiana
Cinemontaggio dell’Associazione culturale cinematografica First National – Doppio Cinema
In collaborazione con Il mondo dei doppiatori di Antonio Genna

 

Comencini volantino Web

Tecniche del cinema à rebours

Dietro al cinema c’è il doppiaggio, prima del doppiaggio c’è la traduzione, e fra traduzione e doppiaggio cosa c’è? Come in un gioco di scatole cinesi troviamo un altro lavoro, altre persone, che in una stanza illuminata solo dalla luce fioca di uno schermo lavorano tra carta e pixel, ancora più nell’ombra dei doppiatori. Tagliano, allungano, cuciono, finché il nostro italiano non si adatta perfettamente ai ritmi dettati dalla lingua e dal genere del film. Si chiamano adattatori di copioni o dialoghisti, e uno di questi “uomini nell’ombra” si è fatto strada fino a qui. Marchitiello, il suo nome è Marco Marchitiello.

In cosa consiste il tuo lavoro?
«Nell’adattare il testo, il copione dei dialoghi di un film, telefilm, cartone animato precedentemente tradotti in italiano».

Perché è necessario l’adattamento?
«Perché ci sono delle differenze strutturali da lingua a lingua, quindi la sola traduzione del dialogo originale degli attori non è sufficiente. Ad esempio, l’inglese è spesso più conciso, con i suoi phrasal verbs crea molti problemi, così come, invece, ci sono lingue più prolisse della nostra nell’espressione di uno stesso concetto. C’è quindi la necessità di allungare o accorciare le frasi o le singole parole. Ma non è soltanto questo».

Come si interviene, in concreto, per risolvere questi problemi?
«Fondamentalmente bisogna trovare la piena coincidenza tra il copione originale, la traduzione e ciò che scorre sullo schermo: i tempi di entrata in campo di chi parla, le scene che iniziano fuori campo o di spalle, il movimento della bocca dell’attore. Ad esempio, una semplice congiunzione può talvolta far quadrare la lunghezza della frase. Poi c’è il complesso lavoro che riguarda le vocali e le sillabe: a seconda di come si pronunciano, aperte o chiuse, devono necessariamente corrispondere al movimento della bocca dell’attore in coincidenza di quel suono. C’è inoltre un discorso di ricerca che si basa sul tipo di linguaggio, se è, solo per fare alcuni esempi tra i tanti, gergale, teatrale, o attuale e su come rendere nel migliore dei modi frasi idiomatiche di altre lingue, sempre tenendo conto che si tratta di un prodotto cinematografico, per cui vengono usate espressioni che nella vita non useremmo mai (il classico: “ehi, amico” o “senti, dolcezza”, parlando con uno sconosciuto o con una donna e, perché no, con un amico che riteniamo “inferiore” o poco “maschio”). E, ulteriore lavoro, sempre nel rispetto dell’originale, per le scene di cui non è arrivato il dialogo e per cui, a volte, l’adattatore deve “inventare” senza stravolgere il senso originale».

Perché, può capitare che i dialoghi arrivino incompleti?
«Sì, alcuni copioni arrivano incompleti, spesso sono quelli di prodotti meno importanti, nel senso che l’immagine mostra l’attore che parla ma sul copione hanno omesso di scrivere la battuta, mancante anche nel copione originale. A volte sono semplici movimenti della bocca dell’attore che non sono liquidabili con un “verso” o “fiato”, perché muove proprio la bocca come se stesse dicendo qualcosa, tipo un “d’accordo”, un “infatti”. E lì, devi inventare, e i problemi arrivano quando queste “frasi sul muto” sono lunghe. Normalmente si ovvia con qualcosa di generico e che va bene per ogni occasione. Una sorta di vostro lorem ipsum».

Una volta svolto il lavoro di adattamento, qual è il passo successivo?
«I destinatari del mio lavoro sono i doppiatori, e dunque non ci si limita a lavorare sul testo ma si prende in considerazione ogni singola situazione che compare nel video: l’accavallamento di voci di più persone (o della stessa persona che ricorda qualcosa del passato e intanto commenta al presente) che parlano, tutto ciò che è espresso senza dialogo, le risate, il pianto, i sospiri. Così come indicazioni su quando inizia o termina la battuta, se fuori campo, di spalle, se c’è un “in campo” intervallato da un “fuori campo”, ciò che aiuta il doppiatore a considerare la possibilità di stare più tranquillo sul recitare la sua battuta. Per esempio, se sa che finisce fuori campo è libero di dire la battuta tenendo conto solo dell’aspetto emotivo della frase, perché per la lunghezza interviene il fonico che fa quadrare l’inizio della battuta, unica cosa importante in quanto la fine è, appunto, fuori campo. Questa serie di cose va indicata sul testo finale, destinato ai doppiatori, i quali, in sede di doppiaggio, hanno la possibilità di intervenire in maniera non radicale sul lavoro dell’adattatore; primo, perché a volte una frase “parlata” risulta meno fluida che scritta, secondo perché loro conoscono bene – meglio dell’adattatore, a volte anche per quello che il direttore di doppiaggio richiede – intenzioni e ruolo del personaggio e situazione in cui la battuta è detta, quindi sanno come meglio renderla».

Qual è la parte più difficile di questo mestiere?
«Trovare la parola “perfetta”. Spesso una parola mancante o ideale per quella frase e situazione non vuole venirti in mente, ti lambicchi il cervello… In questi casi è meglio lasciar perdere per un po’, andare avanti sul testo o addirittura uscire. Ma il lavoro a volte ti segue anche fuori casa, magari sei lì che cerchi di berti una birra in santa pace… la ricerca ti perseguita. C’è da dare di matto, perché a volte vivi la tua vita, una cena, un incontro, con una parte della testa fra le nuvole, appesa alla ricerca di quella parola! E poi arriva, all’improvviso, così corri a casa, anche di notte, con quella parola in mente, accendi il pc e le trovi il suo giusto posto, come in un puzzle dialettico, e te ne vai a letto contento».

Quali sono le qualità di un dialoghista?
«La buona conoscenza dell’italiano e un vasto bagaglio di termini sono fondamentali. Una cultura fatta di tanti libri e film può aiutare nell’uso appropriato di parole o intere frasi per ciascun tipo di genere cinematografico. E poi una vista acuta e reattività mentale».

E stando così, in mezzo agli attori, ti viene mai l’irrefrenabile impulso di recitare?
«Beh,  in realtà noi non vediamo nessun attore, non dal vivo almeno. Capita che quando dici che adatti i copioni di film ti rispondano “fico”, perché pensano che magari conosci la Bellucci o Robert De Niro. Poi quando gli spieghi di che si tratta, molti pensano che sei matto a fare una cosa come quella!  È un modo per rivalutare il proprio lavoro, qualunque esso sia (ride).
Detto questo, c’è, in quello che facciamo, una sorta di lavoro attoriale, perché devi imparare la frase da adattare, anche quando è già perfetta cosi com’è, e iniziare a recitarla nel momento in cui parte l’attore e seguirlo qualsiasi cosa accada, se scompare e riappare, se si intromette un altro a parlare… nel film, ma a volte capita anche nella stanza in cui stai lavorando. Ah, dimenticavo, tra le qualità di un dialoghista, c’è la memoria, cosa che aiuta nel risparmiare tempo e nella fedeltà alla lunghezza del testo, soprattutto quando la frase da recitare è di qualche riga. Questo ruolo, o pseudoruolo, di attore ti serve, per esempio, per evitare di mangiarti le parole e rischiare di trovare una frase corta e allungarla, senza renderti conto che sei tu che la stai accorciando declamandola a duemila».

Puoi dirci qualcuno dei copioni a cui hai lavorato?
«Il mio lavoro si è svolto in prevalenza su film o serie francesi e spagnole e ho avuto molte esperienze con manga e anime giapponesi».

Grazie, Marco, per averci portato dietro le quinte e averci svelato un altro pezzo del magico mondo del cinema.

A Milano una serata dedicata a Ferruccio Amendola

amendolaForte del successo avuto in marzo con l’evento dedicato ad Alberto Sordi doppiatore, l’Associazione culturale cinematografica First National propone un nuovo viaggio nel mondo del doppiaggio. Con la produzione di Agis lombarda, Angelo Quagliotti, Lorenzo Bassi e Franco Longobardi presenteranno un altro dei loro interessantissimi film-documentari sulla figura di una delle più popolari voci del doppiaggio italiano. Centoventi citazioni cinematografiche e televisive per raccontare la carriera di Ferruccio Amendola, doppiatore, tra gli altri, di Robert De Niro, Sylvester Stallone e Dustin Hoffman. La sua voce ha inoltre contrassegnato il periodo dei “poliziotteschi” italiani, quasi un co-protagonista, anche se dietro le quinte, di Tomás Milián nelle interpretazioni di Nico Giraldi e Er Monnezza.  Non mancherà l’occasione di vederlo impegnato anche nel ruolo di attore.
L’evento/proiezione Ferruccio Amendola: il Padrino del cinema italiano si terrà lunedì 13 maggio 2013, alle ore 20.45, presso il cinema Plinius, viale Abruzzi 28, Milano. L’ingresso è gratuito fino ad esaurimento posti. Per informazioni e prenotazioni: www.doppiocinema.net, [email protected]

 

Alberto Sordi la voce del talento

Alberto Sordi 3

Alberto Sordi sarà sempre ricordato come uno dei più grandi attori del cinema italiano. Principe della commedia all’italiana, brillante, satirico, interprete di quella italianità sempre in bilico tra intelligenza e furbizia, inventiva e cialtroneria, ha saputo però magistralmente impersonare anche ruoli drammatici. Una lunga filmografia fatta di generi diversi, come solo un grande attore può permettersi di vantare. Ma non si è “limitato” a restare davanti alla macchina da presa: regista, doppiatore, protagonista anche in teatro, tv e radio, Alberto Sordi è stato un personaggio dai mille talenti. Ripercorrerli (ma anche scoprirli), è l’omaggio che la Milano del cinema vuole tributargli per il decennale della sua scomparsa.

Alberto Sordi la voce del talento è il titolo dell’evento organizzato dal portale Il mondo dei doppiatori” di Antonio Genna e dall’Associazione Culturale Cinematografica First National di Milano, in collaborazione con Agis Lombardia. La serata è in calendario per lunedì 11 marzo 2013, alle ore 20.45, presso il cinema Apollo di Milano (Galleria De Cristoforis 2, vicino alla fermata della MM Rossa San Babila).

Questo interessantissimo evento sarà l’occasione per assistere ad una prima assoluta: la proiezione del docu-film Come un pisello del baccello, pellicola-montaggio realizzata dagli storici del cinema Angelo Quagliotti, Lorenzo Bassi e Franco Longobardi. Questa frase, che suonerà senz’altro nota ai tanti amanti di Stanlio e Ollio, caratterizza uno degli indimenticabili ruoli di Alberto Sordi: la voce italiana di Ollio. Ma il filmato è un’antologia a tutto tondo delle più significative, curiose e meno esplorate performance dell’“Albertone nazionale”, un omaggio ai suoi mille talenti.

La presentazione sarà a cura di Franco Longobardi. L’ingresso è gratuito fino ad esaurimento posti, per prenotazione scrivere a: [email protected]